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Mantenimento dei figli maggiorenni: l’inerzia negli studi è “normale”

L’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni deve andare al passo con i tempi.

Così – in buona sostanza – una recentissima pronuncia della Corte d’Appello di Trieste, che ci aiuta a fare il punto della situazione.

Dell’obbligo al mantenimento dei figli maggiorenni ne avevamo parlato in questo link, per cui lo diamo per assodato.

Interessante, oggi, valutare come sia considerata l’inerzia dei figli nel ricercare un lavoro che dia loro la possibilità di emanciparsi e le sempre maggiori tempistiche nel terminare gli studi.

La Corte friulana era chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di un  padre benestante volta ad una riforma della pronuncia di primo grado che gli aveva imposto un cospicuo contributo al mantenimento della figlia ultra maggiorenne.
Tra le doglianze vi era il rilievo che il Tribunale avesse deliberato la statuizione senza verificare l’andamento degli studi della discendente: anni 26, settimo anno fuoricorso per una laurea triennale.

 

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Mantenimento dei figli: l’inerzia negli studi è divenuta attualità

Se si fosse imposto al genitore di continuare negli esborsi, caratterizzati tra l’altro nel pagamento dell’affitto di un appartamentino nella città ove aveva sede l’università, egli sarebbe stato di fatto “espropriato” del proprio diritto di educare la figlia, di indirizzarla in un’ altra strada, di dissuaderla a continuare un percorso fallimentare, se non altro della possibilità di responsabilizzarla, mettendola di fronte alle conseguenze delle proprie scelte.
La figlia, pertanto, ben avrebbe potuto essere mantenuta tornando a casa, dove aveva la propria cameretta per vivere e dove non le sarebbe mancato un piatto a pranzo e a cena.
La Corte Triestina ha statuito con una pronuncia che – come si è detto in apertura – tiene conto dell’andamento dei tempi odierni.
Nel sottolineare come i criteri da tenere in considerazione per imporre il mantenimento dei figli maggiorenni si siano via via “elasticizzati nell’indicazione del limite di età adottato“, fino alle recenti pronunce del Tribunale di Milano che ha rinvenuto nei 34 anni il limite “tollerabile”, i giudici friulani hanno riconosciuto che “nell’attuale momento economico ed alla stregua dell’ “id quod plerumque accidit” si deve riconoscere una certa inerzia nella maturazione che porta all’indipendenza dei giovani ragazzi“.
In buona sostanza, facciamocene una ragione: i tempi sono cambiati, i figli sono sempre più degni della qualifica di “bamboccioni” affibiatagli, anni or sono, dall’allora ministro dell’Economia.
Se l’attuale evoluzione delle cose ha comportato una maggiore rilassatezza nel coronare gli studi ed uscire dal nucleo familiare, di questo se ne debbono fare carico i genitori.

La pronuncia: Corte di Appello Trieste, decreto 3 maggio 2017

 

 

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