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Acquisti dei coniugi in separazione dei beni: a chi appartengono?

 

 

Acquisti dei coniugi in separazione dei beni: alcuni concetti da conoscere per una scelta consapevole del regime patrimoniale

 

 

An, pan, fiol d’un can, fiol d’un beco, mori seco, con le gambe destirà…


Una filastrocca, di quelle vicentine, di una volta.


Mi pare di vederli, i due fidanzatini, pochi giorni prima delle nozze. Hanno pensato a tutto, buffet, abito, preparativi, invitati, cerimonia, biglietti del viaggio. Manca una riflessione, una piccola scelta: comunione o separazione dei beni? Quale regime patrimoniale è meglio? Dobbiamo dirlo al prete. Boh, che ne so… Tiriamo a sorte: passa paperino, con la pipa in bocca, guai a chi la tocca, l’hai toc – ca- ta pro—prio tuuu…


Questo articolo vuole essere di aiuto tanto ai disperati – che stanno leggendolo, magari il giorno prima del matrimonio, magari alle ore piccole (andate a letto, sennò sai che occhiaie nelle foto?), e si sono presi all’ultimo con le decisioni – tanto ai più diligenti che vogliano operare una scelta consapevole.

Comunione o separazione dei beni?


Sulla comunione ne abbiamo detto di ogni. Vi agevoliamo i contributi essenziali a questi link 1, 2, 3, 4, 5, 6.

 

debiti dei coniugi in comunione dei beni

 


In cosa consiste la separazione dei beni?

 

E’ il regime patrimoniale che comporta la titolarità esclusiva degli acquisti e la completa autonomia di gestione da parte di ognuno dei coniugi.

Ciò che si compra con i propri soldi appartiene a sè stessi e si potrà essere liberi di disporne come si crede.

Anche i soldi, i risparmi, i proventi dell’attività lavorativa, i frutti di beni personali etc, rimarranno nella sfera esclusiva del titolare, senza dover essere spartiti in un qualche momento.


Con una precisione: in ogni caso, dovranno essere assolti gli obblighi nascenti dal matrimonio e genitoriali. Vale a dire che – seppur i beni che si abbia acquistato ed i soldi personali non ricadano nel dominio e gestione dell’altro consorte – dovranno, comunque, almeno in parte, essere impiegati per l’assistenza materiale del coniuge, per i bisogni della famiglia, per il mantenimento, educazione, istruzione dei figli.


Sapevate che, fino alla riforma del 1975, la separazione dei beni costituiva la regola, vale a dire il regime che la legge imponeva se i coniugi non avessero optato per altri diversi.

Poi la bomba atomica: a seguito dell’entrata in vigore della legge 151/1975, si è stravolto tale assetto. La comunione è diventata la norma, la separazione il regime sussidiario, che si assume solo se prescelto o a seguito di determinati accadimenti.

 

separazione dei beni

 

Come si adotta il regime di separazione dei beni?

 

La scelta del regime di separazione può, innanzitutto, essere dichiarata nell’atto di celebrazione del matrimonio. Avete presente quando il prete, terminata la messa, oppure il sindaco alla fine della cerimonia, porta i neo sposini a firmare delle carte in un apposito tavolino, appositamente apparecchiato? Ecco, solitamente è quello il momento in cui i nubendi comunicano quale regime patrimoniale prescelgano.


In difetto, si potrà adottare la separazione tanto prima che dopo il matrimonio- in ogni tempo, art 162 cc, tramite apposita convenzione.


Anche quando sia stata, inizialmente, instaurata la comunione dei beni.


La convenzione dovrà essere consacrata in un atto pubblico alla presenza di due testimoni, sotto pena di nullità, e per essere opponibile a terzi dovrà essere annotata a margine dell’atto di matrimonio.


Sembrerà ridondante sottolinearlo, ma per compiere la modifica del regime patrimoniale della comunione ed adottare la separazione dei beni, dovranno essere d’accordo entrambi i coniugi, continuando a sussistere, in difetto, la comunione previgente.


La legge, infatti, stabilisce che le modifiche delle convenzioni matrimoniali, anteriori o successive al matrimonio, non hanno effetto se l’atto pubblico non è stipulato col consenso di tutte le persone che sono state parti nelle convenzioni medesime, o dei loro eredi. art 164 cc.

 

Instaurazione della separazione dei beni per cause previste dalla legge.

 


Il regime patrimoniale che stiamo commentando si realizza anche prescindendo da eventuali convenzioni stipulate dai coniugi, col semplice ricorrere di alcune circostanze previste dalla legge.


In particolare, il previgente regime di comunione legale si scioglie nel caso di separazione personale, a partire dal momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purchè omologato.


La separazione dei beni si instaura anche a seguito di un procedimento di separazione giudiziale dei beni, art. 193 cc, vale a dire in caso di interdizione o di inabilitazione di uno dei coniugi o di cattiva amministrazione della comunione.

Può altresì essere pronunziata quando il disordine degli affari di uno dei coniugi o la condotta da questi tenuta nell’amministrazione dei beni metta in pericolo gli interessi dell’altro o della comunione o della famiglia, oppure quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni di questa in misura proporzionale alle proprie sostanze e capacità di lavoro.
La separazione può essere chiesta da uno dei coniugi o dal suo legale rappresentante.


Altre cause dell’instaurarsi della separazione dei beni sono la dichiarazione di assenza o di morte presunta di un coniuge, o il suo fallimento.

 

amministrazione beni in separazione
Acquisti dei coniugi in separazione dei beni

 

Titolarità degli acquisti in separazione dei beni.

 

Con la separazione dei beni i coniugi convengono che ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio. art 215 cc.


Il bene che ho comprato con i miei soldini resta mio e solo mio e lo stesso vale per te, cara/o consorte.

Come fare per dimostrarlo?

Beh per gli immobili è abbastanza semplice. Per i beni mobili – un divano, il televisore, la credenza …- faranno fede gli scontrini, le fatture, le pezze giustificative.


Il coniuge può provare con ogni mezzo nei confronti dell’altro la proprietà esclusiva di un bene.


E quando non è possibile dimostrarlo?

Chi conserva tutti gli scontrini?(c’è chi lo fa, ve lo assicuro).


Per questa evenienza vi è un’apposita disposizione di legge.

I beni di cui nessuno dei coniugi può dimostrare la proprietà esclusiva sono di proprietà indivisa per pari quota di entrambi i coniugi. art. 219 cc.


Vi è una sorta di inversione dell’onere della prova. Normalmente, se mi dichiaro proprietario di un bene, debbo dimostrarlo. Qui è il contrario: si presume che ne sia (con) titolare, salva diversa prova.


Questo vale senz’altro nei rapporti fra i coniugi. Ma fra i terzi? Voglio dire, mettiamo che un creditore del marito voglia aggredire un bene mobile esistente presso la sua abitazione, potrà soddisfarsi sull’intero o solo sulla sua quota, in forza della presunzione che abbiamo richiamato?


La Cassazione, con sparute sentenze, è rigida nell’escludere la possibilità di estendere gli effetti della presunzione in parola anche ai rapporti di ciascun coniuge con i terzi, che pertanto potranno beneficiare dell’intera quota del bene pignorato.


La giurisprudenza di merito è più aperta, estendendo la portata della presunzione di comproprietà anche nei confronti dei terzi; di conseguenza l’azione esecutiva avente ad oggetto i beni mobili esistenti nella casa coniugale resta circoscritta alla quota ideale (50%) di proprietà del coniuge esecutato, con conseguente illegittimità del pignoramento limitatamente a quella parte dei beni che eccedono detta quota.

 

Conto corrente e comunione dei beni

 

Gestione dei beni in separazione


La legge dispone che ciascun coniuge abbia il godimento e l’amministrazione dei beni di cui sia titolare esclusivo. (art 217 cc)


Significa che il coniuge che, ad esempio, sia proprietario di una casa, potrà disporre di essa come crede, affittandola, concedendola in comodato, vendendola al prezzo che ritiene.


L’altro coniuge non avrà ingerenza, fatto salvo il caso in cui gli sia stato attribuito specifico mandato dal consorte titolare ad amministrare alcuni beni: in tal caso dovrà rendere conto del suo operato, dei frutti che avrà conseguito, (se previsto nella procura) ,essendo responsabile della sua gestione.


Se un coniuge amministri i beni dell’altro senza il suo consenso, o nonostante la sua opposizione, sarà tenuto al risarcimento dei danni ed al ristoro della mancata percezione dei frutti che si sarebbero potuti conseguire.

 

 

 

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