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Assegno di mantenimento: la nascita di un nuovo figlio può legittimarne la riduzione

La nascita di un nuovo figlio è un evento sopravvenuto che può legittimare la riduzione dell’assegno di mantenimento.

Torniamo su un argomento di concreto interesse.

Ce ne eravamo già occupati in altro post, allorquando si evidenziava che per chiedere la revisione delle condizioni di separazione o di divorzio, anche per quanto riguarda la contribuzione al mantenimento dei figli, fosse necessario allegare giustificati e sopravvenuti motivi, tali da comportare una significativa mutazione del quadro complessivo delle circostanze tenute in considerazione al momento della pronuncia.

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La nascita di un nuovo figlio, dopo la separazione o il divorzio, è evento nuovo che potrebbe legittimare la revisione dell’assegno di mantenimento.

Assegno di mantenimento e nascita di un nuovo figlio

La Suprema Corte già aveva avuto modo di rinvenire nella nascita di un nuovo figlio, per il coniuge tenuto alla corresponsione dell’assegno di mantenimento, un evento peggiorativo delle condizioni economiche tale da legittimare la revisione di tale obbligo.

La conferma dell’orientamento avviene con una recentissima pronuncia, con la quale gli ermellini hanno statuito su un caso riguardante il ricorso promosso da un padre (ex coniuge) volto ad ottenere la riduzione della contribuzione da corrispondere all’ex moglie per il mantenimento dei figli, sul presupposto della nascita di un nuovo figlio.

In prima battuta l’istanza era stata rigettata, giacchè era emerso che il ricorrente all’epoca dell’emissione della sentenza di divorzio, avesse già avuto altri due figli dalla donna con la quale aveva intrecciato una nuova relazione e che aveva di seguito sposato e, pertanto, la circostanza della sopravvenuta nascita di prole non fosse sopravvenuta, ma già eccepibile e proponibile al momento della pronuncia che statuiva le condizioni divorzili.

Il giudice di prime cure aveva appurato, altresì, che le condizioni economiche del richiedente la revisione non fossero peggiorate, ma, anzi, implementate di qualche centinaio di euro, tenuto conto, altresì, del reddito percepito dalla nuova moglie, a titolo di pensione di invalidità.

La corte ha cassato tale pronuncia, rilevando come fosse errato arrestarsi alla considerazione che “il fatto preesistente (la nascita delle due figlie) precludesse l’esame del fatto sopravvenuto la cui ricorrenza avrebbe dovuto accertare (il mutamento in peius della complessiva condizione economica dell’obbligato rispetto alla data del divorzio, che non gli consentiva più di far fronte agli obblighi assunti verso E.), erroneamente considerando il primo nella sua sola dimensione statica, anzichè in quella dinamica, che gli imponeva di tener conto delle accresciute esigenze materiali delle altre figlie del ricorrente, indubitabilmente connesse alla loro crescita“.

Non solo.

La Cassazione ha sottolineato come fosse stata operata “una non consentita parcellizzazione del reddito”  del ricorrente  (il cui modesto aumento era stato ritenuto idoneo a “neutralizzare” i costi del mantenimento dell’ultimogenito)” e si fosse “sostanzialmente omesso di effettuare l’indagine dovuta, che consisteva nel verificare globalmente se, ed in che misura, le circostanze sopravvenute avessero alterato l’equilibrio economico raggiunto fra le parti alla data di emissione della sentenza di divorzio, e nell’adeguare eventualmente l’importo alla nuova situazione patrimoniale riscontrata“.

 

Il provvedimento: Cassazione civile, ordinanza 2 febbraio 2018, n. 2620

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Avvocato separazione Vicenza

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