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Assegno divorzile: quando/quanto?

 


Assegno divorzile: quando/quanto? Non basta la semplice disparità dei redditi.

 

 


“Il divorzio è un sistema per mezzo del quale, se due persone commettono un errore, una sola delle due deve pagare per questo.”
LEN DEIGHTON (scrittore)

 

 

Ci permettiamo di dissentire: è circostanza assodata che separazione e divorzio costituiscano un lusso per molti, dato che la coperta (economica) è corta per entrambi i coniugi e tutti e due rischino di andar via con le ossa rotte dalla soluzione del vincolo.


Oggi, grazie ad una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione – che ha mirabilmente compendiato la nuova prassi giurisprudenziale venutasi a creare, a seguito di orientamenti significativamente divergenti – facciamo il punto della situazione in merito al quesito “assegno divorzile: quando/quanto?

 

assegno divorzile vicenza


Partiamo da ciò che dice la legge.


Art. 5 L. 898/1970  : Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.

 

Bene, il Tribunale – tenuto conto di una serie di circostanze compiutamente enunciate – dispone l’obbligo di versare un assegno divorzile a favore dell’ex coniuge che non abbia mezzi adeguati o non possa procurarseli per ragioni obiettive.


La parola della legge è chiara, difficile interpretarla.


Quando il beneficiario non ha mezzi adeguati? Ed a quanto deve ammontare l’assegno?


Assegno divorzile: quando/quanto?


Dal 1970 ad oggi sono intervenute diverse interpretazioni della norma citata.

Gli orientamenti significativi sono tre.


– Il più risalente, anno 1990 , affermava che il carattere esclusivamente assistenziale dell’assegno divorzile “di modo che deve essere negato se richiesto solo sulla base di premesse diverse, quale il contributo personale ed economico dato da un coniuge al patrimonio dell’altro, atteso che la sua concessione trova presupposto nell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza cioè che sia necessario uno stato di ‘bisogno’, e rilevando invece l’apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, le quali devono essere tendenzialmente ripristinate, per ristabilire un certo equilibrio”.


In buona sostanza, l’assegno andava concesso laddove sussistesse un insanabile squilibrio tra le posizioni patrimoniali dei coniugi ed era volto a garantire al beneficiario un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.


Carattere assistenziale, pertanto: va aiutato l’ex coniuge che non abbia mezzi adeguati per vivere come prima.

 

 

ammontare assegno divorzile
assegno divorzile: quando/quanto?


– Un secondo orientamento , che ha fatto molto discutere anche perchè d’epoca recente, (ne avevamo parlato in questi post 1, 2), sconfessava la consolidata interpretazione precedente e poneva l’attenzione sulla circostanza che il divorzio risolvesse la condizione matrimoniale e non fosse  possibile prendere a riferimento elementi – quali il tenore di vita goduto in costanza di vincolo coniugale – non più esistenti e non più attuali per il nuovo stato delle parti.


Quindi? L’esclusivo parametro per il giudizio d’inadeguatezza dei redditi o dell’impossibilità oggettiva di procurarseli doveva essere quello dell’indipendenza economica del richiedente.

L’autosufficienza poteva essere desunta dal possesso di redditi di qualsiasi specie, di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari, della disponibilità di una casa di abitazione e della capacità e possibilità effettive di lavoro personale.


Bastava, in sostanza, che il coniuge richiedente avesse qualcosa di cui campare, anche minimo, che non gli sarebbe spettato alcunchè. Un eventuale aiuto dall’ex consorte sarebbe consistito in una contribuzione del tutto slegata da tenore di vita precedente e volta a costituire un sussidio base per poter vivere.


– Il terzo orientamento, quello attualmente vigente, prende le mosse da una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite  che ribalta ancora le precedenti interpretazioni: l’assegno divorzile ha valenza sia assistenziale che compensativa e perequativa.


Ehhh?


Tranquilli, ci spiega bene il concetto la sentenza della Cassazione cui facevo riferimento all’inizio di questo contributo.


Il caso da dirimere verteva sulla richiesta dell’ex moglie di vedersi riconosciuto dal facoltoso marito un cospicuo contributo a titolo di assegno divorzile sul presupposto che, dopo vent’anni di matrimonio, essa aveva perso e deteriorato le proprie capacità lavorative e reddituali. Aveva ricevuto, in verità, una casa al mare di consistente valore, ma era, per l’appunto, solo un’abitazione per la vacanza, non già fonte di reddito.

 

quando è dovuto assegno divorzio


La pronuncia degli ermellini, sapientemente riassume l’attuale orientamento giurisprudenziale.


L’assegno divorzile ha natura variegata:

– una finalità assistenziale: è un aiuto al (ex) coniuge che non abbia mezzi adeguati. Si badi, il parametro della conservazione del tenore di vita non ha più cittadinanza nel nostro sistema, per cui nulla sarà dovuto in caso di autosufficienza economica delle parti, se abbiano, cioè, la possibilità di vivere autonomamente e dignitosamente.


E’ opportuno precisare che l’assegno nonbsarà comunque dovuto qualora entrambi i coniugi non abbiano mezzi propri adeguati per vivere dignitosamente, pure in presenza di un relativo squilibrio delle rispettive condizioni reddituali e patrimoniali.


– una finalità compensativa/perequativa, ossia volta a rimediare ad uno squilibrio patrimoniale venutosi a creare a causa delle scelte di vita concordate degli ex coniugi, per effetto delle quali uno di essi abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi interamente alla famiglia, in tal modo contribuendo decisivamente alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune.


La suddetta valutazione andrà operata con riferimento ai criteri indicati dalla norma divorzile sopra citata, tra i quali la durata del matrimonio, che incideranno sulla quantificazione dell’assegno.


Nell’ambito di questo accertamento – precisa la Corte – lo squilibrio economico tra le parti e l’alto livello reddituale del coniuge destinatario della domanda non costituiscono, da soli, elementi decisivi per l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno.

Il mero dato della differenza reddituale tra i coniugi è coessenziale alla ricostituzione del tenore di vita matrimoniale, che è però estranea alle finalità dell’assegno nel mutato contesto.

L’attribuzione e la quantificazione dello stesso non sono variabili dipendenti soltanto dall’alto (o dal più alto) livello reddituale di uno degli ex coniugi, non trovando alcuna giustificazione l’idea che quest’ultimo sia comunque tenuto a corrispondere all’altro tutto quanto sia per lui “sostenibile” o “sopportabile”, quasi ad evocare un prelievo forzoso in misura proporzionale ai suoi redditi.

Un esito interpretativo di questo genere si risolverebbe in una imposizione patrimoniale priva di causa, che sarebbe arduo giustificare in nome della solidarietà post-coniugale”.

E’ interessante l’inciso finale del provvedimento in esame, che toglie spazio a qualsiasi possibilità di quantificare l’assegno in base ad una semplice percentuale dei redditi del coniuge più abbiente: se è vero che l’assegno può essere attribuito anche solo per finalità di tipo compensativo … dovrà essere parametrato unicamente al contributo personale dato alla formazione del patrimonio comune e dell’altro coniuge e alle esigenze di vita dignitosa del coniuge richiedente


La Sentenza: Cassazione Civile n. 21234 /2019 

 

 

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