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Nella stessa classe possono esserci più alunni con disabilità?

 

 

 

Il tribunale di Milano risponde al quesito se nella stessa classe possono esserci più alunni con disabilità con una sentenza degna di nota.

 

 

Grazie alla collega Stefania Cerasoli per il prezioso contributo.

 

 

La vicenda ha inizio nel dicembre 2017 quando i genitori di un bambino con disabilità (in particolare si parla di disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività, disturbo del linguaggio e livello cognitivo borderline), decidono di presentare domanda di pre-iscrizione alla prima elementare presso lo stesso istituto della scuola materna proprio per garantire al piccolo la possibilità di un percorso continuo e integrato tra la scuola d’infanzia e la scuola primaria.


A dicembre dello stesso anno ai genitori viene comunicato che l’iscrizione non poteva essere accolta.


Secondo la cooperativa sociale che gestiva la scuola paritaria (con classi della scuola d’infanzia e della primaria), non era possibile “accogliere più di un alunno disabile per ciascuna sezione” di prima elementare, in ragione “delle difficoltà dei minori accertate in sede di pre-iscrizione”.

 

Circostanza che, sempre a detta della cooperativa, avrebbe “messo a rischio la garanzia di un percorso formativo efficace per tutti gli alunni”.


La famiglia si è trovata quindi costretta ad iscrivere il bambino presso altra scuola, fatto che ha determinato, come è ovvio, grave disagio al piccolo che si è trovato costretto a ricostruire il rapporto relazionale con nuovi compagni.


Disagio patito anche dai genitori che, per far fronte alle difficoltà del figlio, hanno dovuto nei primi tempi assentarsi con frequenza dal lavoro, andando incontro ad un’inevitabile contrazione di reddito.


La famiglia ha quindi deciso di presentare ricorso in Tribunale al fine di vedere accertata la condotta discriminatoria della scuola per aver precluso al figlio la possibilità di iscriversi alla scuola primaria.

 

 

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nella stessa classe possono esserci più alunni con disabilità?

 


Il Tribunale, con l’ordinanza del 20.02.2020, ha in primo luogo chiarito che l’obbligo di accoglienza degli studenti con disabilità nelle scuole statali (e in quelle paritarie) non è soggetto ad alcun limite numerico rigidamente prestabilito.


Se è vero che di norma le classi che accolgono alunni con disabilità sono costituite – di norma –  da un numero di non più di 20 alunni, è anche vero che tale previsione non impedisce l’inserimento di più alunni disabili nella stessa classe, né preclude il superamento del limite di 20 (cfr. art. 5 del D.P.R. 81/09).


Del resto, la stessa scuola ha dichiarato di aver composto classi anche di 26 alunni ospitanti alunni con disabilità e di aver accolto 13 bambini con disabilità certificata su 10 classi.


Perché non derogare, se di deroga si deve parlare, anche nella fattispecie in esame?


Secondo i giudici non è possibile comprendere, neanche a titolo comparativo, cosa abbia fatto prediligere come scelta quella di escludere dalla frequenza della scuola il minore che, quindi, risulta essere stato escluso, di fatto, per la sua condizione di disabilità.


Tale rifiuto all’iscrizione si prospetta pertanto come illegittimo e il Tribunale di Milano riconosce la discriminazione in quanto “il rifiuto di iscrizione risulta direttamente connesso alla condizione di disabilità del minore e dunque contraria all’obbligo di parità di trattamento degli alunni disabili e normodotati”.

 

 

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Del resto la normativa nazionale e non, è chiarissima nell’affermare che l’inclusione scolastica non è soggetta a limitazioni.


Si leggano ad esempio:


Non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità” (Legge n. 67/2006, art. 2);


E’ garantito il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie” (Legge n. 104/1992, art. 12);


Le persone con disabilità possano accedere su base di uguaglianza con gli altri, all’interno delle comunità in cui vivono, ad un’istruzione primaria di qualità e libera ed all’istruzione secondaria.” (Convenzione Onu del 13.12.2006, art. 24).

 

Tali normative, si noti bene, sono pienamente applicabili anche alle scuole  paritarie, le quali sono tenute ad accogliere chiunque, comprese gli studenti con handicap, e sono soggette all’applicazione delle norme di legge vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap.

 

Conseguentemente  il Tribunale ha dichiarato che il rifiuto all’iscrizione effettuato dalla scuola fosse pienamente discriminatorio, in quanto direttamente legato alla condizione di disabilità del richiedente, comportandone un trattamento deteriore rispetto a quello riservato ai  compagni “normo dotati”.  

 

 

 

 

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Impugnazione mobilità scolastica in base ad algoritmi.

Impugnazione mobilità scolastica in base ad algoritmi. Conoscibilità e trasparenza sono ineludibili.

 

Recentemente il Consiglio di Stato, nella sentenza 4 febbraio 2020 n. 881, ha affrontato il caso di alcuni insegnanti che avevano impugnato una procedura nazionale di mobilità che era stata svolta sulla base di un algoritmo non conosciuto e che non era correttamente funzionato.

In particolare, l’algoritmo aveva disposto i trasferimenti senza tener conto delle preferenze espresse, pur in presenza di posti disponibili nelle province indicate. In sostanza, il meccanismo straordinario di mobilità si era rivelato pregiudizievole per alcuni docenti, i quali erano stati trasferiti in province più lontane da quella di propria residenza o quella comunque scelta con priorità in sede di partecipazione alla procedura, benché in tali province di elezione fossero disponibili svariati  posti.

Il Consiglio di Stato ha osservato che, nel caso dell’utilizzo di strumenti digitali, ci si trova dinanzi ad una situazione che, in sede dottrinaria, è stata efficacemente qualificata con l’espressione di rivoluzione 4.0, la quale, riferita all’amministrazione pubblica e alla sua attività, descrive la possibilità che il procedimento di formazione della decisione amministrativa sia affidato a un software, nel quale vengono immessi una serie di dati così da giungere, attraverso l’automazione della procedura, alla decisione finale.

 

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In proposito, il giudice amministrativo ha rilevato che l’utilità di tale modalità operativa di gestione dell’interesse pubblico è particolarmente evidente con riferimento a procedure, come quella oggetto del presente contenzioso, seriali o standardizzate, implicanti l’elaborazione di ingenti quantità di istanze e caratterizzate dall’acquisizione di dati certi ed oggettivamente comprovabili e dall’assenza di ogni apprezzamento discrezionale

Però, osserva sempre il Consiglio di Stato, l’utilizzo di procedure informatizzate non può essere motivo di elusione dei princìpi che conformano il nostro ordinamento e che regolano lo svolgersi dell’attività amministrativa

In tale contesto, premessa la generale ammissibilità di tali strumenti, assumono rilievo fondamentale due aspetti preminenti, quali elementi di minima garanzia per ogni ipotesi di utilizzo di algoritmi in sede decisoria pubblica:

a) la piena conoscibilità a monte del modulo utilizzato e dei criteri applicati;

b) l’imputabilità della decisione all’organo titolare del potere, il quale deve poter svolgere la necessaria verifica di logicità e legittimità della scelta e degli esiti affidati all’algoritmo.

Sul versante della piena conoscibilità, rilievo preminente ha il principio della trasparenza: ciò significa che il meccanismo attraverso il quale si concretizza la decisione robotizzata (ovvero l’algoritmo) deve essere “conoscibile”.

 

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Impugnazione mobilità scolastica in base ad algoritmi: trasparenza, conoscibilità e verifica

 

La conoscibilità dell’algoritmo deve essere garantita in tutti gli aspetti: dai suoi autori al procedimento usato per la sua elaborazione, al meccanismo di decisione, comprensivo delle priorità assegnate nella procedura valutativa e decisionale e dei dati selezionati come rilevanti. Ciò al fine di poter verificare che i criteri, i presupposti e gli esiti del procedimento robotizzato siano conformi alle prescrizioni e alle finalità stabilite dalla legge o dalla stessa amministrazione a monte di tale procedimento e affinché siano chiare – e conseguentemente sindacabili – le modalità e le regole in base alle quali essosia stato impostato

Sul versante della verifica degli esiti e della relativa imputabilità, deve essere garantita la verifica a valle, in termini di logicità e di correttezza degli esiti. Ciò a garanzia dell’imputabilità della scelta al titolare del potere autoritativo, individuato in base al principio di legalità, nonché della verifica circa la conseguente individuazione del soggetto responsabile, sia nell’interesse della stessa p.a. che dei soggetti coinvolti ed incisi dall’azione amministrativa affidata all’algoritmo

Sulla scorta delle argomentazioni sin qui svolte, il Consiglio di Stato ha alla fine sentenziato che, nel caso di specie, l’algoritmo non risulta essere stato utilizzato in termini conformi ai principi predetti, anche in considerazione del fatto che non è dato comprendere per quale ragione le legittime aspettative di soggetti collocati in una determinata posizione in graduatoria siano andate deluse.

 

 

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Impugnazione mobilità scolastica in base ad algoritmi.

Licenziamento docenti con diploma magistrale: niente inserimento nelle graduatorie ad esaurimento (GAE)

Licenziamento docenti con diploma magistrale: niente inserimento nelle graduatorie ad esaurimento (GAE)

 

 

In questo periodo purtroppo si sta assistendo ad una serie di licenziamenti nel mondo della scuola che sono conseguenza di una decisione del Consiglio di Stato risalente al 2017.

 

Come riportato sui giornali, le ripercussioni della Sentenza avrebbero già investito mille docenti con diploma magistrale a Vicenza e nel vicentino.

 

L’ adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella sentenza n. 11 del 2017, ha statuito che il diploma magistrale conseguito prima del 2002 non abilita all’inserimento nelle GAE

Secondo il giudice amministrativo nel nostro ordinamento “manca una norma che riconosca il diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 come titolo legittimante l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento“.

 

 

licenziamento docenti con diploma magistrale
Licenziamento docenti con diploma magistrale: le conseguenze della Sentenza del Consiglio di Stato

 

In particolare, il Consiglio di Stato ha osservato che la riforma di cui all’art. 3 della legge 341 del 1990 non solo “ha previsto livelli di qualificazione differenziata per l’abilitazione all’insegnamento nella scuola primaria e nella scuola secondaria, ma, con riferimento specifico alla formazione culturale e professionale degli insegnanti della scuola materna ed elementare, ha ritenuto di non poter prescindere da una formazione universitaria“.

Nell’ambito di tale riforma,  si istituirono due corsi di laurea per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e primaria, con efficacia abilitante (che contestualmente fu esclusa con riguardo ai diplomi magistrali rilasciati successivamente all’entrata in vigore della nuova disciplina).

Con decreto interministeriale 10 marzo 1997, recante “Norme transitorie per il passaggio al sistema di formazione universitaria degli insegnanti della scuola materna ed elementare, previste dall’articolo 3, comma 8 della legge 19 novembre 1990, n. 341” è stato previsto un apposito regime transitorio per il passaggio al sistema di formazione universitaria degli insegnanti della scuola materna ed elementare.

Il regime transitorio prevedeva la salvaguardia dei titoli di studio acquisiti, stabilendo che “i titoli di studio conseguiti al termine dei corsi triennali e quinquennali sperimentali di scuola magistrale e dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell’istituto magistrale, iniziati entro l’anno scolastico 1997-1998, o comunque conseguiti entro l’a.s. 2001-2002, conservano in via permanente l’attuale valore legale e consentono di partecipare alle sessioni di abilitazione all’insegnamento nella scuola materna, previste dall’art. 9, comma 2, della citata legge n. 444 del 1968, nonché ai concorsi ordinari per titoli e per esami a posti di insegnante nella scuola materna e nella scuola elementare, secondo quanto previsto dagli articoli 399 e seguenti del citato decreto legislativo n. 297 del 1994” (articolo 2 del citato decreto interministeriale).

 

licenziamento insegnanti con diploma magistrale

 

Secondo il Consiglio di Stato, tale norma “esprime con chiarezza qual è il valore legale del titolo di diploma magistrale conservato in via permanente: il diploma magistrale, se conseguito entro l’a.s. 2001/2002, rimane titolo di studio idoneo a consentire la partecipazione alle sessioni di abilitazione all’insegnamento o ai concorsi per titoli ed esame a posti di insegnamento, ma di per sé non consente l’immediato accesso ai ruoli. Il valore legale conservato in via permanente, quindi, si esaurisce nella possibilità di partecipare alle sessioni di abilitazioni o ai concorsi, dovendo leggersi la l’espressione “conservano in via permanente l’attuale valore legale e consentono di partecipare […]” in senso necessariamente complementare e coordinato“.

Ciò implica” – sempre secondo il giudice amministrativo – “che il valore legale del diploma magistrale può essere riconosciuto solo nei limiti previsti dalla disciplina transitoria in esame, ossia in via “strumentale”, nel senso, come si è chiarito, di consentire a coloro che lo hanno conseguito entro l’a.s. 2001/2002 di partecipare alle sessioni di abilitazioni o ai concorsi pur se privi del diploma di laurea nel frattempo istituito dal legislatore“.

 

 

 

 

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licenziamento docenti con diploma magistrale

Asilo nido e disabilità

Asilo nido e disabilità.

 

Grazie alla collega Stefania Cerasoli per il prezioso contributo.

 

L’integrazione scolastica è fondamentale per lo sviluppo delle potenzialità della persona con handicap nell’ apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione.


Da quanto detto ne deriva che è diritto del bambino con disabilità, anche nella fascia d’età da 0 a 3 anni, ad essere inserito all’asilo nido data l’importante valenza educativa e formativo di questo servizio.

Se in passato l’asilo nido veniva considerato solo come un momento di socializzazione prima dell’ingresso della scuola elementare, oggi siamo tutti convinti della sua importanza e valore pedagogico.


La legge n. 517 del 04.08.1977, oltre ad abolire le classi differenziali per gli alunni cd. “svantaggiati”, viene ad indicare gli strumenti utili all’integrazione così da consentire a tutti gli alunni con handicap di avere accesso alle scuole elementari ed alle scuole medie inferiori, quali:

• La presenza di classi costituite da un massimo di 20 alunni;

• La presenza di insegnanti di sostegno specializzati;

• Il sostegno specialistico da parte degli enti locali e dello Stato.

 

Persona con disabilità asilo nido
Asilo nido e disabilità: ai comuni spettano i programmi di integrazione

 


Con l’approvazione della Legge n. 104/1992, all’art. 12, si vengono finalmente a riconoscere le finalità educative e formative degli asili nido sancendo il diritto all’educazione e all’istruzione del bambino con disabilità anche nella fascia di età da 0 a 3 anni.


Più precisamente, la Legge n.104/92, individua l’integrazione scolastica come passaggio fondamentale per lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione.


A tale scopo, nei casi di maggiore gravità, è la legge stessa a stabilire “priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici”.


Questo, in parole povere, significa che i minori con disabilità grave hanno diritto di priorità di accesso agli asili nido.


La legge stabilisce inoltre che gli enti locali e le ASL debbano provvedere all’adeguamento dell’organizzazione e del funzionamento degli asili nido alle esigenze dei bambini con disabilità, al fine di avviarne la socializzazione e l’integrazione, anche con il supporto di operatori, assistenti e personale docente specializzato.


È compito dei Comuni, quindi, provvedere alla costituzione di asili nido che perseguano le finalità inclusive del sistema formativo, mettendo al centro le esigenze di integrazione di tutti i bambini, nelle particolari ed individuali specificità.


Chiarito che l’inserimento all’asilo nido del bambino con disabilità deve essere garantito dal Comune che eroga il servizio, veniamo a concentraci sul costo di tale servizio.


Da più parti, si sente sostenere il diritto alla gratuità di tale frequenza.


Non è possibile dare una risposta


L’eventuale riduzione o esenzione dal pagamento della retta, infatti, sono oggetto di disciplina dei singoli comuni che, di regola, stabiliscono il tetto, le scadenze e altri parametri.


Di norma, per i bambini con disabilità, i Comuni sono tenuti, come visto, a prevedere la priorità nelle graduatorie nell’accesso al nido mente il pagamento della retta mensile dipenderà dall’Isee non essendo, in assoluto, dipendente dalla disabilità.

 

 

 

 

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Asilo nido e disabilità

Non c’è l’insegnante di sostegno? L’alunno con disabilità ha diritto comunque di andare a scuola!

 

Il diritto ad andare a scuola non deve venir meno perchè non c’è l’insegnante di sostegno

 

 

Ringraziamo la Collega Avv. Stefania Cerasoli per il prezioso contributo.

 

Ogni anno a settembre, all’inizio del nuovo anno scolastico si ripresenta l’annoso problema della carenza degli insegnanti di sostegno.


Da un sondaggio effettuato recentemente dalla Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), è emerso che, su 1.600 famiglie interpellate, il 41% denuncia “ la mancanza della figura del sostegno


Di particolare gravità è la circostanza che, di queste famiglie circa il “ 30% dichiara di essere stato invitato a non portare a scuola il proprio figlio o a ridurne la frequenza.”


È evidente che un invito di questo tipo costituisce una grave discriminazione che pregiudica in maniera significativa il diritto allo studio in senso lato.


Se la scuola funziona per gli altri bambini, è evidente che debba funzionare anche per l’alunno con disabilità.

 

non c'è l'insegnante di sostegno
non c’è l’insegnante di sostegno: e l’inclusione?

 


Del resto, l’insegnante di sostegno non è l’insegnante dell’alunno con disabilità bensì è un insegnante affidato alla classe per promuovere il suo processo di inclusione.


In poche parole l’alunno con disabilità è affidato, come tutti gli altri, alla scuola e non all’insegnante di sostegno o all’operatore.


Quindi, la mancanza dell’insegnante di sostegno non può comportare per l’alunno l’impossibilità di frequentare la scuola o riduzioni di orario della frequenza.


In conclusione, se l’insegnante di sostegno non c’è, l’alunno con disabilità ha il pieno diritto di andare a scuola e sarà compito dei docenti accoglierlo così come accolgono tutti gli altri bambini.


La scuola deve funzionare per tutti, nessuno escluso e che ogni disagio derivante dalla carenza di personale deve ricadere eventualmente sull’intera comunità scolastica e non solo su alcuni.


Ogni condotta che si scosti dal principio egualitario non solo inibisce ogni possibilità di reale inclusione, ma viene anche a compromettere l’esercizio dei diritti di base sanciti dalla stessa Costituzione.


Ricordiamo, infine, che una tale comportamento è censurabile anche ai sensi e per gli effetti della legge 01.03.2006, n. 67Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni“.

 

Quindi… A settembre la campanella suona per tutti.

 

 

 

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inclusione: non c’è l’insegnante di sostegno

Insegnante di sostegno scuola paritaria: l’obbligo è come quella pubblica

Insegnante di sostegno scuola paritaria: non vi deve essere differenza con le garanzie offerte dalla scuola pubblica

Ringraziamo la Collega Stefania Cerasoli per il prezioso contributo.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile, con sentenza n. 9966 del 20.04.2017, hanno affermato che, in tema di integrazione scolastica dell’alunno portatore di handicap, la scuola privata paritaria è obbligata a garantire all’alunno con disabilità le medesime prestazioni di sostegno che gli sarebbero assicurate presso la scuola statale, i cui costi sono solo parzialmente coperti dallo Stato a mezzo di contributi all’uopo stanziati.

Costituisce, quindi, discriminazione indiretta, imputabile all’amministrazione statale, l’inottemperanza all’obbligo di erogare le suddette provvidenze che determini una riduzione del servizio educativo ed assistenziale offerto dalla scuola paritaria.

insegnante sostegno scuola privata

Il caso esaminato dalla Corte riguardava un minore affetto da handicap in situazione di gravità che, nel passaggio da una scuola primaria statale ad una scuola privata paritaria, si era visto ridurre le ore di insegnamento scolastico di sostegno previste nel Piano educativo individualizzato (PEI).

Corre onere precisare che il minore aveva frequentato, fino all’anno precedente, la scuola statale primaria di primo grado usufruendo dell’insegnante di sostegno per 22 ore settimanali, di 2 ore di programmazione e di 12 ore con l’educatrice – assistente sociale.

In fase di passaggio alla scuola primaria paritaria parrocchiale, però, nonostante le rassicurazioni ricevute dal dirigente al momento dell’iscrizione, all’alunno erano state riconosciute solo 12 ore settimanali di sostegno, oltre a 3 messe a disposizione dalla scuola e a 12 ore con l’educatrice.

La Legge 10.03.2000, n. 62 “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione”, prevede che le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, debbano accogliere chiunque, accettandone il relativo progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap.

Nel sistema così delineato, la scuola statale e quella paritaria devono garantire i medesimi standard qualitativi: il sostegno scolastico degli alunni con disabilità è presupposto e condizione indefettibile per il riconoscimento, e il mantenimento, della parità della scuola privata “dovendo questa in ogni caso garantire al minore portatore di handicap le medesime condizioni di frequenza e di apprendimento assicurate dalla scuola statale, e quindi il sostegno specializzato nella misura necessaria, secondo quanto stabilito in sede di piano educativo individualizzato”.

insegnante sostegno
Insegnante sostegno scuola paritaria: eventuali limitazioni costituiscono discriminazione indiretta sanzionabile

La Corte ben evidenzia come il PEI obblighi l’amministrazione scolastica a garantire il supporto per il numero di ore programmato “senza lasciare ad essa il potere discrezionale di ridurne l’entità in ragione delle risorse disponibili”.

Pertanto, la condotta dell’amministrazione scolastica che non garantisca il sostegno pianificato “si risolve nella contrazione del diritto del disabile alla pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico, la quale, ove non accompagnata dalla corrispondente riduzione dell’offerta formativa per gli alunni normodotati, concretizza discriminazione indiretta”.

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Insegnante di sostegno scuola paritaria

Bocciatura scuola media: la valutazione deve essere complessiva e ad ampio raggio

Bocciatura scuola media: occorre fare riferimento a periodi più ampi rispetto al singolo anno scolastico. 

a cura dell’avv. Stefania Cerasoli.

 

Luca è uno studente di prima media con diverse sufficienze nelle cosiddette materie fondamentali ma con insufficienze, invece, in altre. Nel secondo quadrimestre la situazione peggiora e la valutazione finale esprime un grado di preparazione “insufficiente”.

ricorso bocciatura scuola media
Bocciatura scuola media: la valutazione deve essere ad ampio raggio e non concentrata su un periodo di difficoltà

Dopo una serie di interventi da parte del giudice amministrativo arriviamo all’ordinanza num. 5169 del 24.10.2018 con la quale il Consiglio di Stato ha affermato che “l’ammissione alla classe successiva nella scuola secondaria di primo grado deve fondarsi su un giudizio che faccia riferimento unitario e complessivo a periodi più ampi rispetto al singolo anno scolastico, e ciò anche nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline.”

In particolare il Consiglio di Stato fa espresso riferimento alla Circolare num. 1865 del 10.10.2017, con la quale il Ministero della Pubblica Istruzione ha affermato l’ammissione alle classi seconda e terza di scuola secondaria di primo grado quale principio generale. E questo anche nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline. Pertanto, l’alunno viene ammesso alla classe successiva anche se in sede di scrutinio finale viene attribuita una valutazione con voto inferiore a 6/10 in una o più discipline da riportare sul documento di valutazione.

In sede di valutazione, quindi, dovranno essere presi in considerazione periodi più ampi rispetto al singolo anno scolastico: qualora, quindi, il profitto del primo quadrimestre sia positivo e vi è stata una regressione nel secondo quadrimestre, sarà necessaria un’indagine più ampia valutando i risultati conseguiti nelle varie materie curriculari ed in scala biennale.

A fondamento di tali principi si invoca la necessità di evitare danni gravi, quali lo sradicamento dei rapporti tra coetanei e l’interruzione dei processi di apprendimento, su percorsi non solo di nozioni, ma anche di esperienze e metodo.

ricorso bocciatura scolastica

Tra l’altro – e per inciso – la scuola, a seguito della valutazione periodica e finale,  deve provvedere a segnalare tempestivamente ed opportunamente alle famiglie delle alunne e degli alunni eventuali livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione e. nell’ambito della propria autonomia didattica ed organizzativa, attiva specifiche strategie e azioni che consentano il miglioramento dei livelli di apprendimento.

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Bocciatura per troppe assenze: è sempre legittima?

Bocciatura per troppe assenze: talora è consentita una deroga

Un proverbio tedesco recita “Coloro che si perdono sulla strada per la scuola non potranno mai trovare la loro strada attraverso la vita”.

Deve averla pensata così anche il nostro legislatore quando ha stabilito come essenziale la partecipazione e la frequenza dell’alunno alle lezioni scolastiche, tanto che ha disposto che “per procedere alla valutazione finale di ciascuno studente, è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato”: art 14 DPR 22/06/2009, n. 122.

Frequenza scolastica
Bocciatura per troppe assenze: art. 14 DPR 122/2009

Bene. Bisogna aver frequentato almeno i tre quarti delle lezioni per poter essere ammessi all’anno successivo.

Ciò che ci chiediamo oggi è: se non fossero raggiunti questi limiti di frequenza dovrà sempre intercorrere la bocciatura per troppe assenze?

Una recente pronuncia del Tar Puglia ci aiuta a fare il punto.

Nel caso in esame si verteva sulla mancata ammissione alla classe successiva da parte di un ragazzo che non aveva raggiunto il minimo delle frequenze stabilite dalla legge.

Purtroppo l’alunno non aveva potuto partecipare alle lezioni per problematiche in ambito familiare. Tuttavia, il suo rendimento scolastico non era stato compromesso dalle assenze: testimoni i buoni voti riportati nelle verifiche.

Ciò nonostante, la bocciatura per troppe assenze.

Ricorso della famiglia del ragazzo, di qui la pronuncia dei giudici amministrativi.

Il rilievo del Tribunale pugliese è che, a ben vedere, l’art. 14 del DPR 22/06/2009, n. 122 stabilisce anche la possibilità di una “straordinaria” deroga alla severa statuizione della mancata ammissione alla classe successiva per non raggiunto limite minimo di frequenza, che può essere stabilita dalle istituzioni scolastiche in casi eccezionali “per assenze documentate e continuative, a condizione, comunque, che tali assenze non pregiudichino, a giudizio del consiglio di classe, la possibilità di procedere alla valutazione degli alunni interessati”.

Nel caso in esame, si era appurato non sussistessero elementi da cui potesse desumersi che le assenze dell’alunno avessero influito negativamente sulla possibilità di procedere al suo scrutinio; al contrario, avuto riguardo al profitto scolastico complessivo e alle valutazioni intermedie, si evinceva che lo stesso, sotto tale profilo, appariva idoneo al passaggio alla classe successiva.

Era quindi possibile e opportuno, anche alla luce della normativa vigente, che la presenza scolastica fosse valutata quale mero presupposto per un proficuo apprendimento; in altri termini, qualora l’alunno, sebbene avesse riportato numerose assenze, non evidenziasse tuttavia problemi sul piano del profitto, tale presupposto non avrebbe dovuto essere interpretato con eccessiva severità, dal momento che una bocciatura motivata solo dal numero delle assenze avrebbe potuto ingiustificatamente compromettere lo sviluppo personale ed educativo di colui che, dal punto di vista dell’apprendimento e dei risultati conseguiti rispetto agli insegnamenti impartiti, sarebbe stato altrimenti idoneo al passaggio alla classe successiva.

Bocciatura va motivata
Bocciatura per troppe assenze: necessaria una motivazione rafforzata per non compromettere lo sviluppo personale ed educativo dell’alunno

In presenza di tali elementi” ha rilevato il TAR Pugliese,” l’ipotesi di una bocciatura andava valutata con particolare attenzione e avrebbe necessitato di una motivazione rafforzata, anche alla luce delle possibili azioni che la scuola avrebbe potuto porre in essere nel caso specifico oltre a quelle consuete (ad esempio mediante comunicazioni alla famiglia o la convocazione dei genitori al fine di rendere noti i rischi di una non ammissione), nell’ambito di un rapporto improntato a reciproca e fattiva collaborazione”.

La sentenza: Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce – Sezione Seconda, n. 899/2018. 

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Impugnazione bocciatura scolastica:la mancata promozione non deve avvenire sulla base della sola media aritmetica dei voti

Impugnazione bocciatura scolastica: no a calcoli meramente matematici

Con l’introduzione del registro elettronico è invalso l’uso di ricavare la valutazione intermedia e finale dei risultati quadrimestrali degli alunni solo dalla media matematica fornita da tale dispositivo.

Un modo di operare che non appare corretto in quanto la valutazione finale di uno studente non può essere soltanto il risultato di una media matematica.

Secondo la giurisprudenza, infatti, il consiglio di classe in sede di scrutinio deve svolgere una valutazione complessiva del grado di preparazione dello studente e sulle sue capacità di recupero.

impugnazione bocciatura scolastica
La decisione di respingere l’alunno deve essere frutto di una valutazione complessiva e non di un calcolo matematico

 

Il consiglio di classe, quindi, non può limitarsi a recepire acriticamente i voti proposti dagli insegnanti, ma dovrebbe

fare compiuta applicazione del principio secondo cui la valutazione ha ad oggetto il processo d’apprendimento e il rendimento scolastico complessivo dell’alunno, e non s’arresta, senza approfondita motivazione, di fronte al giudizio negativo sulla singola materia.

Tale principio trova il suo riferimento normativo nell’art. 79 del del R.D. n.653 del 1925 il quale dispone che i voti si assegnano, su proposta dei singoli professori, in base ad un giudizio brevemente motivato desunto da un congruo numero di interrogazioni e di esercizi scritti, grafici o pratici fatti in casa o a scuola, corretti e classificati durante il trimestre o durante l’ultimo periodo delle lezioni. Se non siavi dissenso, i voti in tal modo proposti s’intendono approvati; altrimenti le deliberazioni sono adottate a maggioranza, e, in caso di parità, prevale il voto del presidente.

voto negativo
Impugnazione bocciatura scolastica: no a semplici conteggi senza una motivazione

Come si legge nell’articolo, i voti si assegnano, su proposta dei singoli professori, sulla base di un giudizio brevemente motivato e ciò viene a confermare che, al momento della valutazione, la sola indicazione del voto numerico, espressione di una media matematica, in difetto di motivazione viene ad inficiare l’operato del consiglio di classe.

Le decisioni  assunte dagli insegnanti devono, pertanto, riportare giudizi ed espressioni sul profilo della valutazione assegnata per ogni alunno che non può ridursi ad una mera elencazione dei voti su una tabella riepilogativa, così come risulta dai tabulati del registro elettronico che calcola automaticamente la media matematica.

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Bocciatura annullata se il genitore separato non viene informato

Il Tar Friuli Venezia Giulia, con una sentenza di qualche giorno fa, ha annullato la bocciatura di un ragazzo che frequentava la scuola media, perché il genitore separato non era stato informato. Il giudice ha preso in esame il caso di una scuola che, pur a conoscenza della circostanza che era stato disposto l’affidamento congiunto ad entrambi i genitori di uno studente, aveva informato esclusivamente la madre in ordine al negativo rendimento scolastico. Così facendo, sottolinea il giudice amministrativo, la scuola ha violato il principio di bigenitoralità, che si attua attraverso l’affidamento condiviso. Con l’affidamento condiviso entrambi i genitori esercitano congiuntamente e separatamente la responsabilità genitoriale e debbono prendere, di comune accordo, tutte le decisioni di maggiore interesse per i figli, come quelle relative alla scuola, alla salute e alle scelte educative. Bigenitorialità tuttavia non significa trascorrere uguale tempo con entrambi i genitori, ma significa partecipazione attiva da parte di entrambi i genitori nel progetto educativo, di crescita, di assistenza della prole, in modo da creare un rapporto equilibrato che in nessun modo risenta dell’evento della separazione.

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Entrambi i genitori devono essere messi in condizione di esercitare la propria responsabilità genitoriale

Non sempre l’affido condiviso – inteso come scelta del principio di bigenitorialità – può essere la scelta migliore per il minore. Infatti, in sede di separazione il giudice quando adotta i provvedimenti relativi alla prole deve farlo nell’esclusivo interesse morale e materiale della stessa. In altri termini, deve valutare se affidarli ad entrambi o ad uno solo di essi, stabilire i tempi e le modalità di permanenza presso ciascun genitore, determinare la misura del mantenimento… In ambito scolastico il principio di bigenitorialità è tutelato anche da una circolare del Ministero dell’Istruzione (la numero 5336 del 2015). Con questa circolare, il Ministero ha voluto fornire al personale scolastico informazioni in ordine alla corretta applicazione del diritto del bambino a ricevere cure, educazione ed istruzione da entrambe i genitori anche se separati. Tornando al caso in esame, il giudice ha accolto il ricorso proposto dal padre ed ha quindi annullato la bocciatura in quanto il comportamento della scuola, che ha tenuto informato soltanto un genitore affidatario in ordine alle difficoltà del figlio, ha impedito all’altro genitore di attuare tutta una serie di rimedi che, con buona probabilità, avrebbero permesso al ragazzo di recuperare.

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Avvocato separazione Vicenza

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Annullamento bocciatura

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