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Diritto di abitazione della casa familiare al coniuge superstite

L’eredità della casa. Il nostro codice civile riconosce al coniuge superstite, quando concorra con altri chiamati all’eredità, i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano (art. 540 cc.)
A ben vedere, il riferimento disciplinato dal legislatore attiene all’ipotesi di successione testamentaria, nella quale a determinate categorie di soggetti sono riservate quote – indisponibili – del patrimonio del defunto.
Nell’ipotesi in cui si abbia successione legittima, ossia senza che sia stato redatto un valido testamento, non troviamo identico, specifico richiamo normativo al diritto di abitazione del coniuge superstite.
La Suprema Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 20703 del 10.09.2013, ha propeso per l’applicazione dell’art. 540 cc anche a quest’ultimo caso.

Al coniuge superstite che succede quale erede legittimo spetta il diritto reale di abitazione sulla casa familiare e il diritto di uso dei beni mobili che la arredano di cui all’art. 540, comma 2, c.c., che pur dettato in tema di successione necessaria trova applicazione anche alla successione intestata del coniuge.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO      Massimo                           –  Presidente   –
Dott. BURSESE   Gaetano Antonio                   –  Consigliere  –
Dott. MIGLIUCCI Emilio                            –  Consigliere  –
Dott. MATERA    Lina                              –  Consigliere  –
Dott. SCALISI   Antonino                     –  rel. Consigliere  –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12605/2008 proposto da:

M.G.M.  (OMISSIS),  elettivamente domiciliata   in   ROMA,  VIA  RONCIGLIONE  3,   presso   lo   studio dell’avvocato GULLOTTA FABIO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CONTI FABIO, PITTORRU LUCIA;                                                                                                                                    – ricorrente –

Contro

 MA.SI.,            MA.GI.;

                                                                                 – intimati –

sul ricorso 15273/2008 proposto da:

MA.SI.   (OMISSIS), MA.GI. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE  MAZZINI 88,   presso  lo  studio  dell’avvocato  BARBERIS  GIORGIO,  che   li rappresenta e difende unitamente all’avvocato PESTELLINI ETTORE;

                                                                               – c/ricorrente e ric. incidentali –

contro

M.G.M.;

                                                                                                                – intimata –

avverso  la  sentenza n. 1631/2007 della CORTE D’APPELLO di  FIRENZE, depositata il 11/12/2007;

udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito  l’Avvocato  GIORGIO BARBERIS difensore dei controricorrenti  e ricorrenti incidentali che si riporta agli atti depositati  e  ne  ha chiesto l’accoglimento;

udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott. CAPASSO  Lucio,  che ha concluso per l’accoglimento del  quarto,  del quinto e del sesto motivo del ricorso principale e per il rigetto dei restanti  motivi  del ricorso principale; per il  rigetto  del  primo motivo  del  ricorso  incidentale e per  l’assorbimento  del  secondo motivo del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ma.Si. e Ma.Gi., con atto di citazione del 30 settembre 1993, convenivano davanti al Tribunale di Firenze, M.G.M., per ivi sentire dichiarare l’invalidità del testamento del proprio padre, per mancanza di olografia, in quanto corretto da mano estranea e per ivi sentire dichiarare l’indegnità a succedere della M. con conseguente devoluzione, dell’eredità ai due figli secondo la legge. Esponevano gli attori che il (OMISSIS) decedeva in (OMISSIS) il Dott. Ma.Wi. cui succedevano Ma.Si. e Ma.G. figli nati dal primo matrimonio e M.G.M., terza moglie, sposata dal Dott. Ma.Wi. a meno di quattro mesi prima della morte dopo un breve periodo di convivenza. Aperta la successione la M. dichiarava l’esistenza di un testamento olografo in suo favore datato 23 marzo 1991 nel quale essa M. appariva beneficiaria dell’immobile abitato dal de cuius e costituente il cespite più importante dell’asse ereditario.

Si costituiva M. opponendosi alla domanda attorea e, in linea subordinata, chiedeva il riconoscimento del diritto di abitazione sulla casa coniugale e l’accertamento della sua proprietà esclusiva di taluni beni mobili caduti nell’inventario dell’eredità.

Espletata istruttoria, con consulenza tecnica grafologica, il Tribunale di Firenze con parziale del 17 luglio 2002 dichiarava aperta la successione, pronunciava la nullità del testamento impugnato, rigettava la domanda di indegnità della M., dichiarava la stessa e i figli del de cuius eredi ex lege per un terzo ciascuno e, successivamente il (OMISSIS) con sentenza definitiva, condannava la M. a titolo di conguaglio sul rendiconto a pagare ai coeredi la somma di Euro 13.796,88 ciascuno.

Avverso entrambe le sentenze, proponeva appello la M.G. M.. Gli appellati resistevano e in via riconvenzionale insistevano per la dichiarazione di indegnità della M..

La Corte di appello di Firenze con sentenza n. 1631 del 2007 rigettava l’appello principale e l’appello incidentale e confermava la sentenza impugnata. Compensava le spese del grado. Secondo la Corte fiorentina posto che il testamento di cui si dice era risultato manomesso per la presenza nel contesto del documento del termine apografo “lasciare” in sostituzione della parola cancellata “donare” il testamento, per quanto trasparente e indubitabile ne possa risultare la volontà del testatore era nullo per contrarietà all’art. 602 c.c.. Segnalava la Corte di Appello di Firenze che risultava che qualcuno dopo la morte del Dott. Ma.Wi. si fosse preso l’ardire di correggere per così dire, il testamento e, pertanto, era ragionevole pensare che lo stesso testatore si sarebbe servito di un collaboratore (o collaboratrice) e la sostituzione di quella parola previa cancellatura della parola originale sarebbe avvenuta sotto dettatura o comunque, previa autorizzazione. Mancando la prova che l’alterazione della scheda testamentaria sia opera della M., andava confermata l’esclusione della indegnità della M. a succedere al marito già pronunciata dal Tribunale di Firenze. Confermava la decisione del Tribunale nella parte in cui aveva escluso il prelegato del diritto di abitazione, specificando che quel beneficio si cumulava alla quota di riserva nella successione necessaria del coniuge, ma non nella successione legittima in seno alla quale poteva semmai, costituire in sede di divisione un titolo preferenziale del coniuge sui beni da assegnare.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da M. G.M. per sei motivi. Ma.Gi. e M. S. hanno resistito con controricorso proponendo a loro volta ricorso incidentale per due motivi.

All’udienza del 28 febbraio 2013 rilevato che alla parte ricorrente non era pervenuta la notifica della data di udienza rinviava la causa a Nuovo Ruolo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi (il ricorso principale proposto dalla sig.ra M. G.M. e il ricorso incidentale proposto da M. S. e Ma.Gi.) investendo la stessa sentenza, vanno riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

A.- Ricorso principale.

1.- M.G.M. lamenta:

1) Con il primo motivo di ricorso la violazione e falsa applicazione degli artt. 620 e 606 cc. nonché dell’art. 1362 c.c. e segg., comma 3. Con riferimento alla dichiarata nullità del testamento olografo e, ciò in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, e dell’art. 360, comma 1, n. 5, motivazione insufficiente e contraddittoria.

2) Con il secondo motivo la violazione degli artt. 602 e 603 c.c.. nonché dell’art. 132 c.p.c., per carenza di motivazione sul punto dell’inutilizzabilità d’indagini scientifiche ai fini della declaratoria di nullità del testamento olografo e ciò in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione sul medesimo punto e ciò in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3) Con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione delle norme dettate per c.d. interpretazione soggettiva dei contratti di cui agli artt. 1362 e 1365 cc.. siccome applicabili, con i necessari correttivi, anche ai negozi mortis causa, violazione e falsa applicazione del principio di conservazione degli atti di cui all’art. 1367 c.c., ed omessa considerazione ed interpretazione della volontà testamentaria espressa nel documento originario, e ciò in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3. Motivazione illogica, contraddittoria e carente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

A) Avrebbe errato la Corte fiorentina, secondo la ricorrente, nell’aver ritenuto che un’alterazione parziale di un testamento olografo, pur se originariamente provvisto dei requisiti di cui all’art. 602 possa, sic et simpliciter, cagionare la nullità ed invalidità dell’intero testamento, anche ove tale alterazione non impedisca l’individuazione dell’originaria e genuina volontà del testatore.

Epperò il ragionamento della Corte di merito, sempre secondo la ricorrente, sarebbe contrario al consolidato orientamento di questa Corte che avrebbe chiarito portata e rilevanza dell’art. 602 c.c., specificando che l’alterazione di un testamento, siccome successiva alla sua formazione e, dunque, al suo perfezionamento non sia tale da impedire di individuare la volontà originaria del testatore tale alterazione non renderebbe invalido il negozio che, al contrario, conserverebbe inalterato il proprio valore, (da ultimo Cass. N. 11733 del 2002). Insomma, il Giudice di appello avrebbe errato nel limitare la propria indagine al mero dato testuale o, meglio, al solo significato del termine apografo, dovendo al contrario indagare ai sensi degli artt. 602, 606 e 1362 e ss. se fosse possibile, astraendo dall’alterazione, individuare una volontà testamentaria riconducibile al de cuius.

B) Avrebbe errato la Corte fiorentina, secondo la ricorrente nell’aver ritenuto inammissibile il ricorso a strumenti scientifici che consentano di riesumare il possibile contenuto sottostante alle alterazioni atteso che tale indagine sarebbe coerente con il disposto normativo di cui agli artt. 602 e 606 e conforme a costante orientamento giurisprudenziale. In particolare, ritiene la ricorrente, la Corte fiorentina avrebbe ritenuto possibile prescindere da un’indagine circa la sussistenza o meno di un testamento valido in quanto perfettamente formato per mano del testatore, non tenendo conto dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui la validità del testamento olografo permarrebbe nell’ipotesi in cui la manomissione della scheda testamentaria sia avvenuta in un momento successivo al perfezionamento dello stesso testamento. E di più, la Corte fiorentina, compiendo un percorso logico giuridico del tutto arbitrario ha sostenuto che l’alterazione del testamento del dr. Ma.Wi. risalisse ad epoca antecedente al morte del testatore e quindi con la sicura partecipazione di quest’ultima, mediante dettatura e/o autorizzazione.

Tale conclusione C) secondo la ricorrente la Corte di merito avrebbe omesso qualunque indagine interpretativa diretta a ricavare dal testo della scheda testamentaria, intesa nel suo complesso, la volontà originariamente espressa dal dr. Ma.W. e si è limitata ad escludere in capo al defunto la volontà di disporre dei cespiti oggetto del testamento in questione in favore della sig.ra M. sulla base del significato tecnico giuridico del termine “donare” redatto ed utilizzato dal testatore.

1.1.- Tutti e tre i motivi vanno esaminati congiuntamente vista l’innegabile connessione che esiste tra gli stessi e tutti e tre sono infondati.

Come correttamente ha evidenziato la Corte fiorentina nel caso in esame, tenuto conto che la sig.ra M., moglie del de cuius, sostanzialmente è come chi dice “alla morte, si è trovato in casa questo documento così come lo vedete”, non si può dire che qualcuno dopo la morte del Dott. Ma.Wi. “si fosse preso l’ardire di correggere, diciamo così, il testamento”. Pertanto, non si può non pensare che la cancellazione della parola “donare” con la sostituzione della parola “lasciale”, nonchè, quel ripasso delle parole scritte con mano, come afferma la Corte fiorentina, troppo insicura, siano avvenuti quando ancora il testamento era custodito dal (dato che non risulta sia stato depositato presso persona di fiducia o presso un Notaio) e, quindi, si trovava nella sfera di controllo del suo autore, sempre modificabile per sua iniziativa, Sicchè, è da ritenere, come correttamente ha affermato la Corte fiorentina, che la cancellazione della parola “donare” con la sostituzione della parola “lasciare” sia avvenuta o sotto la dettatura del testatore o comunque, visto che il testamento era conservato dal suo autore, previa autorizzazione dello stesso. Ciò significa che l’azione del terzo si è svolta durante la redazione o la revisione del testamento e, pertanto, anche l’aggiunta di una sola parola nel corpo della disposizione di ultima volontà per mano di altri durante la confezione (o lo stesso durante la modifica di un originario contenuto del testamento) priva il testamento stesso del requisito dell’autografia e ne determina, ai sensi dell’art. 602 cod. civ., la nullità. A ben vedere, il testamento sarebbe stato valido, e avrebbe rispettato il requisito dell’olografia, nonostante la correzione di cui si dice, ove fosse stato dimostrato ovvero si avesse avuto la certezza che il testamento al momento della morte esisteva e che dopo la morte una mano estranea illecitamente lo avesse alterato (dimostrazione che nel caso concreto è mancata) perchè in questa ipotesi il testamento di che trattasi sarebbe stato un testamento esistente e rispondente ai requisiti voluti dalla legge, valutabile e apprezzabile ancor prima di un’eventuale manomissione.

1.1.a).- Come ha affermato questa Corte in altra occasione, che qui si condivide, la validità del testamento olografo esige, ai sensi dell’art. 602 c.c., l’autografia non solo della sottoscrizione ma anche della data e del testo documento, ad escludere l’olografia è sufficiente ogni intervento di terzi, indipendentemente dal tipo e dall’entità (e quindi anche in presenza di una sola parola scritta da un terzo durante la confezione del testamento), non assumendo al riguardo rilevanza l’importanza che dal punto di vista sostanziale la parte eterografa riveste ai fini della nullità dell’intero testamento secondo il principio “utile per inutile non vitiatur”.

1.1.b).- Inconferente, altresì, risulta la giurisprudenza richiamata dalla ricorrente a sostegno della propria tesi perché non pertinente al caso di specie.

Questa Corte con la sentenza n. 11733 del 2002 citata dalla ricorrente, ha escluso la nullità del testamento quando la disposizione di ultima volontà sia stata interamente scritta di pugno dal testatore e da lui sottoscritta pur se il documento cartaceo che la reca contenga scritti di mano aliena in una parte diversa da quella occupata dalla disposizione testamentaria. Epperò, il caso in esame riguarda, invece, l’ipotesi in cui è stata alterata o corretta proprio la disposizione testamentaria e non, invece, la scheda che conteneva il testamento. Piuttosto, il caso in esame è riconducibile alle categorie delle ipotesi in cui la stessa sentenza citata ha ritenuto configurabile la nullità del testamento per difetto di autografia, allorché nel corpo della disposizione di ultima volontà, anche, una sola parola sia di mano altrui o risulti scritta dal terzo durante la confezione del testamento, ancorché su incarico o col consenso del testatore.

2- Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 540 c.c., comma 2, e art. 581 c.c.. Sul punto del mancato riconoscimento, in capo al coniuge superstite, del diritto di abitazione nella casa coniugale e di uso degli eredi, e ciò in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per illogicità e contraddittorietà della motivazione. Avrebbe errato la Corte fiorentina, secondo la ricorrente, nell’aver escluso che la sig.ra M. fosse titolare del diritto di abitazione nella casa coniugale e di quello di uso degli arredi ivi contenuti come previsti dall’art. 540, secondo comma, a favore del coniuge superstite.

Secondo la ricorrente, la Corte di appello di Firenze, avrebbe giustificato il mancato riconoscimento dei diritti di abitazione e d’uso previo espresso richiamo a quanto già disposto dal Giudice di primo grado, epperò lo fa in modo parziale, così, viziando l’intero ragionamento il Tribunale aveva dapprima negato la sussistenza in capo alla ricorrente di qualunque diritto di abitazione e di uso e successivamente, con la sentenza definitiva, aveva completato la decisione assunta specificando che la quota di legittima spettante al coniuge superstite ex art. 581 non era cumulabile con i diritti di abitazione e di uso. La Corte di appello a differenza del primo giudice parte dal presupposto del riconoscimento in capo alla ricorrente dei diritti di uso e di abitazione salvo poi a ritenerli insussistenti in quanto non cumulabili con la quota di legittima, b) Per altro, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 527 del 1988, secondo la ricorrente l’interpretazione corretta della normativa di cui all’art. 540 c.c., sarebbe quella di escludere che i diritti di abitazione e di uso siano cumulabili con la quota di legittima riconosciuta in forza degli artt. 581 e 582, ma quei diritti dovranno essere ricompresi nella quota ex artt. 581 e 582.

Dica, pertanto, conclude la ricorrente, l’Ecc.ma Corte di Cassazione se, in forza del combinato disposto dell’art. 540 c.c., comma 2, e art. 581 c.c., al coniuge superstite chiamato alla successione legittima, spetti il diritto di abitazione nella casa coniugale ed il diritto di uso degli arredi in essa contenuti e se tali diritti siano da ricomprendersi nella quota di legittima.

2.1.- Il motivo è fondato per le ragioni di cui si dirà.

La prima questione da prendere in esame è quella prospettata con il quarto motivo del ricorso principale, vale a dire il significato ed il valore del precetto di cui all’art. 540 c.c., comma 2, dettato in tema di successione necessaria, secondo cui al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali diritti gravano sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli. Ora, la dottrina più attenta, che in questa sede si intende condividere, ha avuto modo di chiarire che la norma si applica anche alla successione legittima.

L’art. 584 c.c., comma 1, dettato in tema di successioni legittime, con riferimento al coniuge putativo contempla espressamente l’applicabilità della disposizione stabilita dall’art. 540, comma 2.

L’estensione dei diritti previsti da questa norma al coniuge legittimo non può essere revocata in dubbio, perchè sarebbe contrario al principio di eguaglianza che il coniuge putativo fosse trattato diversamente e in modo più favorevole rispetto al coniuge legittimo.

2.1.a).- Lo stesso risultato per altro verrebbe assicurato interpretando correttamente, (cioè tenendo conto delle esigenze che sono poste al fondamento del) l’art. 540 c.c., comma 2, il quale prevede i diritti di abitazione e di uso in favore del coniuge superstite “anche quando concorra con altri chiamati”. Ora poiché un concorso con altri chiamati può verificarsi solo con riferimento alla successione legittima o a quella testamentaria, sembra evidente che il legislatore abbia inteso stabilire che, a prescindere del tipo di successione, al coniuge superstite spettano, comunque, i predetti diritti, dettando, poi, delle regole per fare in modo che gli stessi incidono il meno possibile sulla quota di riserva degli altri legittimari. Insomma, come con l’art. 584 cc. collocato nelle norme relative alla successione legittima, il legislatore ha disciplinato la posizione del coniuge putativo anche quale legittimario, così nell’art. 540 collocato nelle norme relative alla tutela dei legittimari, il legislatore ha dettato una disposizioni che vale anche per la successione legittima.

Pertanto, o un’interpretazione costituzionalmente orientata, dell’art. 584 cc. o un’interpretazione assiologica della normativa di cui agli artt. 581 e 540 cc, consente di affermare che anche al coniuge legittimo sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano (cfr. Cass., SSUU., 27 febbraio 2013, n. 4847).

2.2.- Ora, posto che i diritti di abitazione e d’uso competano indifferentemente al coniuge che succeda ab intestato ed a quello che succeda in via legittima, resta da individuare il criterio di imputabilità dei diritti di cui si dice sulla successione.

A) Alcuni ritengono che l’abitazione e l’uso raffigurino dei diritti, che al coniuge sono riservati come prelegati, oltre la sua quota di riserva. Ciò si argomenta dal dato testuale, secondo cui i diritti di abitazione e di uso gravano sulla disponibile e, solo se questa non sia sufficiente, sulla quota riservata al coniuge ed ai figli. La definizione di legato “ex lege”, poi, si fonda sul modo della trasmissione: contemplando la disposizione beni determinati (il diritto di uso e di abitazione), si ritiene che la norma disciplini una trasmissione a titolo particolare. Dalla lettera della legge e dal chiaro intendimento legislativo di favorire il coniuge superstite, si argomenta che questi diritti si aggiungono alla quota spettante al coniuge. Assegnati, anzitutto, al coniuge i diritti di abitazione e di uso, la successione legittima si apre sul residuo.

B) Da altri, invece, si rileva che in tema di successioni legittime non possono trovare applicazione gli istituti della disponibile e della quota di riserva.

Pertanto, la enunciazione del diritto di abitazione e di uso raffigura la mera indicazione dei beni, i quali concorrono a formare la quota spettante al coniuge nella successione legittima. Le conseguenze sulla formazione della quota del coniuge sono differenti, perché i diritti di abitazione e di uso non si aggiungono, ma vengono a comprendersi nella quota spettante a titolo di successione legittima.

C) Vi è ancora chi distingue tra successione necessaria e successione legittima. Si ritiene che avuto riguardo alla successione necessaria, posto che la norma stabilisce che i diritti di abitazione e di uso gravano, in primo luogo, la disponibile, ciò significa che, come prima operazione si deve calcolare la disponibile sul patrimonio relitto, ai sensi dell’art. 556 c.c., e, per conseguenza, determinare la quota di riserva. Calcolata poi la quota del coniuge nella successione necessaria, in base a quanto stabiliscono l’art. 540 c.c., comma 1, art. 542 c.c., e art. 543 c.c., comma, alla quota di riserva così ricavata si devono aggiungere i diritti di abitazione e di uso in concreto, il cui valore viene a gravare la disponibile (sempre che la disponibile sia capiente). Diverso sarebbe, secondo questo orientamento, il discorso riguardante la successione legittima. Nella successione legittima i diritti di cui si dice non si aggiungerebbero alla quota ereditaria per due ragioni: una di ordine formale e altra per l’effetto di una interpretazione sistematica delle norme. Intanto, vien osservato che la quota di riserva stabilita in favore del coniuge si incrementa, aggiungendosi i diritti di abitazione e di uso gravanti per la ragione assorbente che quei diritti, ai sensi dall’art. 540 c.c., comma 1, art. 542 c.c., e art. 544 c.c., comma 1, gravano sulla disponibile. Sicché questo stesso criterio non sarebbe applicabile all’ipotesi di successione legittima perché in tema di successione legittima, non troverebbero applicazione gli istituti della disponibile e della riserva. Ma si rinviene una ragione sistematica più persuasiva. La riserva rappresenta il minimo, che il legislatore vuole assicurare ai più stretti congiunti, anche contro la volontà del defunto. I diritti di abitazione e di uso fanno parte della riserva e, quindi, anch’essi fanno parte del minimo. Per evitare che attraverso la disciplina delle successioni legittime vengano pregiudicati i diritti dei legittimari, l’art. 553 c.c., che serve di raccordo tra la successione legittima e la successione necessaria, stabilisce che le porzioni fissate nelle successioni legittime, ove risultino lesive dei diritti dei legittimari, si riducono proporzionalmente per integrare tali diritti. Peraltro, dal sistema della successione necessaria emerge che il legislatore interviene nel meccanismo delle successioni legittime quando la quota spettante nella successione intestata andrebbe al di sotto della quota di riserva; da nessuna norma, per contro, risulta che il legislatore abbia modificato il regime della successione intestata per attribuire agli eredi legittimi (che siano anche legittimari), più di quanto viene loro riservato con la successione necessaria.

Poichè l’art. 553 cit. vuole fare salva l’intera riserva del coniuge (secondo il sistema della successione necessaria), i diritti di abitazione e di uso si aggiungono alla quota di riserva regolata dall’art. 540, comma 1, e art. 542 cit..

Per contro, non essendo ciò previsto da nessuna norma in tema di successione legittima, non v’è ragione per ritenere che alla quota intestata contemplata dagli artt. 581 e 582 c.c., si aggiungano i diritti di abitazione e di uso.

2.2.a) – Tuttavia, il regime va ricostruito tenuto conto che uno dei presupposti per l’attribuzione dei diritti di cui si dice è quello che la casa e i mobili che la corredano devono potersi considerare come quella di abituale coabitazione, ciò significa che l’esigenza che quell’attribuzione intende garantire è il diritto all’abitazione, quale minimo, che il legislatore vuole assicurare al coniuge superstite in ragione di quella solidarietà coniugale che ha animato il rapporto tra i coniugi, un diritto questo (quello dell’abitazione) e una solidarietà coniugale garantiti anche dalla costituzione (artt. 47 e 2 Cost.) quali esigenze a garanzia di un pieno ed integrale sviluppo della persona. Vi è ragione, pertanto, di ritenere che quei diritti vanno posti a carico dell’intero patrimonio ereditario. Con la precisazione che nella successione legittima, non trovando applicazione gli istituti della riserva e della disponibile quei diritti vanno imputati all’asse ereditario e proporzionalmente sulle quote legittime degli eredi compreso il coniuge(cfr. Cass., SSUU. 27 febbraio 2013, n. 4847).

2.2.b) La Corte fiorentina, pertanto, ha errato nel non aver considerato che i diritti di abitazione e di uso del mobili che la corredavano, sono diritti garantiti anche al coniuge legittimo, in caso di successione legittima e che quei diritti gravano sull’asse ereditario e proporzionalmente imputate alle singole quote degli eredi legittimi.

3.- L’accoglimento del quarto motivo del ricorso assorbe il quinto e il sesto motivo del ricorso con i quali la ricorrente lamenta:

a) con il quinto motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 540 c.c., comma 2, e art. 581 c.c., in relazione all’errata misura della percentuale di devoluzione dei beni ereditari a favore degli eredi, e ciò in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Omessa motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Avrebbe errato la Corte fiorentina, secondo la ricorrente, nell’aver disposto l’attribuzione di una quota pari ad un terzo dell’asse ereditario per ciascun coerede perché non ha tenuto conto dei legati di abitazione della casa coniugale e di uso degli arredi previsti ex lege a favore del coniuge superstite.

Pertanto, conclude la ricorrente, dica l’Ecc. ma Corte di Cassazione se in caso di successione legittima ex art. 581 c.c., nell’attribuzione della quota pari ad un 1/3 dell’intero riservata la coniuge superstite per il caso di concorso con due o più figli del de cuius debbano espressamente includersi anche i diritti di abitazione nella casa coniugale e di uso degli arredi ivi contenuti.

b).- con il sesto motivo, la violazione e di un debito da conguaglio gravante sulla ricorrente e ciò in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Omessa, erronea o illogica motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. falsa applicazione degli artt. 540, secondo comma, e 581 cc. in relazione all’erroneità della determinazione

Secondo la ricorrente, falso sarebbe il presupposto della negazione del diritto di abitazione della casa coniugale e di uso degli arredi ivi contenuti in capo al coniuge superstite pure se chiamato alla successione legittima e falsa sarebbe la conseguente valutazione della sussistenza di un debito gravante sul coniuge che abbia continuato ad abitare la casa coniugale dopo il decesso del de cuius siccome conseguente a tale utilizzo.

Dica, pertanto l’Ecc.ma Corte di Cassazione se i diritti di abitazione della casa coniugale e di uso degli arredi di cui all’art. 540 c.c., comma 2, riconosciuti al coniuge superstite chiamato a succedere ex art. 581 c.c., siano gratuiti, ovvero, se dagli stessi nasca un onere economico a carico del coniuge medesimo ed a favore degli altri coeredi pretermessi dall’uso di tali beni ereditari.

B.- Ricorso incidentale.

4.- Con il primo motivo del ricorso incidentale Ma.Si. e Ma.Gi. lamentano l’omessa pronuncia in merito alla dichiarazione di indegnità della ricorrente, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Avrebbe errato la Corte fiorentina, secondo i ricorrenti, nel non aver escluso la indegnità della M. a succedere al marito, considerato che le circostanze di fatto portano a ritenere che nel caso in esame ricorre l’ipotesi prevista dall’art. 463 c.c., n. 6. In verità, la Corte fiorentina, ritengono i ricorrenti, non avrebbe tenuto conto che la sig.ra M., come la stessa ha dichiarato ha avuto nella disponibilità il testamento del sig. Ma. dal momento della sua formazione fino a quando a cura della stessa, fu pubblicato e posto che il disordine grafico della parola “lasciare”, così come i ripassi mostravano immediatamente l’artefatto, la stessa si sarebbe avvalsa di un testamento falso. Dica, pertanto l’Ecc.ma Corte di cassazione se in base all’art. 463, n. 6, debba dichiararsi la indegnità di colui che abbia usato testamento che risulti visibilmente alterato.

4.1.- Il motivo è infondato non solo perché si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle circostanze di fatto correttamente valutate dalla Corte territoriale, non proponibile nel giudizio di cassazione, ma, soprattutto, perchè non è stata fornita dai Ma. – e avrebbero dovuto ù la dimostrazione che la manomissione del testamento sia stata operata dalla M., e/o che, comunque, sia stata operata successivamente la morte di Ma., non essendo, a tal fine, sufficiente una semplice illazione di probabilità, atteso che la stessa probabilità porta a ritenere – come è stato chiarito dalla Corte territoriale, che il testamento sia stato modificato o per autorizzazione del de cuius o su dettatura dello stesso, essendo il testamento nella disponibilità e in custodia dello stesso de cuius.

5.- Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali lamentano l’omessa pronuncia in merito alla domanda in appello ex art. 345 c.p.c., del valore locativo dovuto dalla sig.ra M. dal 1 novembre 2004 fino al rilascio effettivo dell’immobile di via (OMISSIS), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Avrebbe errato la corte fiorentina, secondo i ricorrenti, nell’aver riconosciuto soltanto un debito a conguaglio della M. di Euro 13.796,88 a favore di ciascuno degli altri due coeredi omettendo però di pronunciarsi in merito alla domanda in appello ex art. 345 c.p.c., del valore locativo dovuto dalla signora M. dall’11 gennaio 2004 fino al rilascio effettivo dell’immobile di via (OMISSIS).

Dica, pertanto la Ecc.ma Corte di Cassazione se in virtù di domanda formulata ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 1, il giudice di secondo grado sia tenuto a pronunciarsi sulla richiesta di pagamento di canoni locativi dal momento della pronuncia di primo grado sino al momento della liberazione dell’immobile, essendo già stato in primo grado liquidato l’importo derivante dalla configurazione di canone locativo virtuale per l’occupazione di un immobile sino al di della sentenza.

5.1.- Il motivo rimane assorbito dal quarto e quinto motivo del ricorso principale.

In definitiva, riuniti i ricorsi, va accolto il quarto motivo del ricorso principale, dichiarato assorbito il quinto e il sesto motivo del ricorso principale, rigettati gli altri; va rigettato il primo motivo del ricorso incidentale e dichiarato assorbito il secondo motivo. Pertanto, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, la causa rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze, la quale provvederà al regolamento delle spese anche del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte riuniti i ricorsi, accoglie il quarto motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti il quinto e il sesto motivo, rigetta gli altri, rigetta il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 giugno 2013.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2013

 

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