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Integrazione retta casa di riposo: illegittimo il regolamento comunale che imponga la partecipazione dei familiari

Integrazione retta casa di riposo: il regolamento comunale che deroga alla normativa nazionale e regionale sull’ISEE è illegittimo

Ringraziamo la Collega Stefania Cerasoli per il presente contributo.

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integrazione retta casa di riposo: il comune non è tenuto a normare in deroga alle disposizioni regionali

Con la sentenza n. 427 del 12.06.2018, il Tar Marche ha accolto il ricorso che era stato presentato contro il Comune di Ascoli Piceno dai familiari di una persona ricoverata presso una struttura psichiatrica.

Il ricorso aveva ad oggetto il provvedimento con il quale il Comune si era rifiutato di integrare la relativa retta di ricovero sulla base del fatto che il proprio Regolamento Comunale di Sistema Integrato dei Servizi Sociali prevedeva il necessario coinvolgimento dei parenti tenuti agli alimenti ex art 433 c.c.

La Sentenza in commento dichiara, invece, che i Comuni sono obbligati a compartecipare alle spese nel caso in cui i redditi dell’assistito non siano sufficienti e questo sulla base della normativa nazionale sull’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), riguardante la compartecipazione al costo del servizio. (DPCM n. 159 del 2013)

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I Comuni, prosegue la sentenza, non possono autonomamente stabilire modi diversi di calcolo del reddito disponibile, in assenza di un’autonoma disciplina regionale sul punto.

Pertanto, il riferimento ai soggetti tenuti agli alimenti, contenuto nel citato regolamento, non può essere inteso come rivolto a soggetti differenti da quelli i cui redditi sono inclusi nell’ISEE, e tanto meno rivolto a tutti i soggetti di cui all’art. 433 del Codice civile.

Il Regolamento comunale dovrà, quindi, essere annullato nella parte in cui nega la compartecipazione comunale sulla base dei redditi posseduti dai soggetti tenuti ad obblighi alimentari ex articolo 433 del Codice civile».

Interessante è, infine, il passaggio in cui il Tar obbliga il Comune a lasciare nella disponibilità dell’utente per le spese personali una quota mensile non inferiore alle 250,00 Euro e questo a tutela della dignità della persona.

 

La Sentenza: Tar Marche n. 427/2018

 

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