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La responsabilità degli insegnanti per il danno commesso dall’alunno maggiorenne

Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione offre una diversa interpretazione sulla responsabilità degli insegnanti per il danno commesso dall’alunno maggiorenne.

Partiamo dal caso specifico: a scuola, una ragazza maggiorenne viene spinta in palestra da altri compagni, anch’essi over 18; inciampa su un tappettino ginnico, cade e si fa male.

Ne scaturisce una causa per il risarcimento del danno, dove l’infortunata cita i ragazzi che materialmente l’avevano strattonata, l’istituto scolastico, il Ministero dell’Istruzione, nonché l’insegnante che al momento del sinistro teneva lezione alla classe a cui apparteneva.

Lasciamo perdere i profili di responsabilità degli altri soggetti coinvolti nel giudizio e concentriamoci su quelli del docente.

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Il nostro codice civile riserva una norma specifica alla fattispecie: l’art. 2048, il quale dispone “Il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all’affiliante.

I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.

Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto”.

La disposizione è apparentemente chiara (e severa per i motivi che esamineremo tra poco): i genitori rispondono per i fatti illeciti dei figli minori – si parla al riguardo di culpa in educando, ossia la loro responsabilità è ascrivibile alla mancata o insufficiente educazione impartita ai discendenti, che, se fosse occorsa, avrebbe impedito l’evento lesivo – successivamente, con la maggiore età ed il conseguimento del completo discernimento e della capacità di agire, risponderanno direttamente i figli stessi delle loro azioni.

La norma continua soffermandosi sulla responsabilità dei precettori: essi risponderanno per i fatti illeciti cagionati dagli allievi sottoposti alla loro vigilanza.

In entrambi i casi si rinviene quella che in termini giuridici viene denominata una presunzione di colpa: essi andranno esenti da responsabilità se dimostreranno di non aver potuto impedire il fatto, pur avendo adempiuto ai propri oneri di educazione e di vigilanza. L’evento dannoso, in tal caso, dovrà essere ascrivibile a circostanze imprevedibili ed inevitabili, in modo da troncare nettamente il fenomeno lesivo dalla condotta dei soggetti tenuti al controllo.

Ebbene, da una prima (ed anche da una seconda, per vero) disamina della disposizione di legge che abbiamo richiamato, si potrebbe concludere che, se un ragazzo, divenuto maggiorenne, consegue la responsabilità delle proprie azioni, tanto che i suoi genitori non risponderanno più per lui, alla medesima conclusione si dovrebbe pervenire in merito alla responsabilità degli insegnanti per il danno commesso dall’alunno maggiorenne.

Non è così.

danno commesso alunno
Sussiste la responsabilità degli insegnanti per il danno commesso dall’alunno maggiorenne

La Corte di Cassazione ci invita a considerare bene le due fattispecie contemplate dalla norma – la responsabilità dei genitori e degli insegnanti – che risultano accomunate solo dalla prova liberatoria che deve essere offerta a loro discolpa, ma non già sul dato anagrafico.

Per gli uni – i genitori – c’è un limite di età temporale del soggetto sottoposto al loro controllo, non per gli altri.

La fonte di responsabilità è diversa: il richiamo all’obbligo di vigilanza è effettuato solo per i precettori, non per i genitori.

E tale obbligo si ritiene debba sussistere anche sui soggetti – leggasi alunni – che abbiano conseguito la maggiore età.

Una circostanza del tutto plausibile, secondo la Suprema Corte, in quanto costituisce un naturale corollario dell’attività dell’insegnamento quella di vigilare sui destinatari di tale disciplina.

Pertanto, gli insegnanti sono tenuti alla vigilanza degli alunni e rispondono dei fatti illeciti che essi abbiano commesso anche dopo che questi abbiano conseguito la maggiore età.

A questo punto i giudici ermellini compiono un ulteriore passo avanti, effettuando una precisazione in ordine all’onere della prova che incombe sugli insegnanti che si vogliano discolpare dalla responsabilità loro attribuita dalla norma codicistica richiamata.

Si è poc’anzi accennato, infatti, come sia richiesta l’allegazione di “non aver potuto impedire il fatto dannoso” e di come questo debba essere stato imprevedibile e inevitabile.

Come rilevato in altre statuizioni, l’onere di vigilanza è meno rigido con l’aumentare dell’età del soggetto sottoposto al controllo: alla scuola primaria la vigilanza dovuta sarà massima, in quanto ridottissimi i margini di capacità e di autonomia dell’alunno. Col procedere degli anni tale obbligo si affievolirà, essendo ragionevole che il minore avrà conseguito maggiore discernimento e padronanza di sé.

Sarà conseguentemente più agevole il raggiungimento della prova liberatoria di non aver potuto impedire un evento rispetto al quale l’obbligo di vigilanza imposto sia ridotto.

Ebbene, la circostanza che l’alunno – autore del fatto illecito – sia maggiorenne è di estrema rilevanza per valutare la responsabilità dell’insegnante tenuto a sorvegliarlo, dovendosi ritenere che il conseguimento della maggiore età comporti la capacità per una persona normale di evitare consapevolmente una condotta colpevole che rechi danni a terzi.

Si attua, in questo modo, una sorta di inversione dell’onere della prova: non sarà più l’insegnante tenuto a discolparsi, bensì il soggetto danneggiato a dimostrare la colpevolezza del docente, ritenuto altrimenti presunto innocente.

Come è andato il giudizio relativo alla ragazza che era stata spinta dai compagni di classe? Leggete la Sentenza n.2334 del 31 gennaio 2018 della Corte di Cassazione.

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