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Perchè è rischioso comprare un immobile donato?

Alcune cose da sapere se si ha intenzione di comprare un immobile donato (e che il mediatore dovrebbe comunicare).

“La generosità significa dare più di quello che puoi, e l’orgoglio sta nel prendere meno di ciò di cui hai bisogno.”
KHALIL GIBRAN

Caro Khalil, il discorso non fa una piega, ma dare di più di quello che si può potrebbe creare delle difficoltà a chi riceve, specie se vi fossero potenziali coeredi.

Andiamo con ordine e partiamo da ciò che già abbiamo discusso più e più volte (link 1, link 2 link 3): la donazione è una sorta di anticipo di eredità.


Chi abbia ricevuto in vita deve poi mettere quanto conseguito nel calderone del patrimonio successorio da considerarsi al fine di valutare se vi siano state lesioni delle quote spettanti ad alcuni eredi, definiti necessari o legittimari.


Se, infatti, a questi ultimi rimarrà meno di quanto la legge abbia stabilito nei loro confronti, essi potranno agire in riduzione, ossia chiedere che i lasciti e le donazioni effettuate in vita dal defunto siano ridotti nella misura tale da reintegrare la quota lesa.

Comprare un immobile donato: le ragioni del cuore debbono considerare quelle della legge


Quando oggetto di donazione sia stato un bene immobile, la riduzione si opererà separando dall’immobile medesimo la parte occorrente per integrare la quota riservata, se ciò potrà avvenire comodamente (art. 560 cc), altrimenti dovrà essere messe interamente a disposizione dei coeredi che abbiano agito in riduzione, i quali potranno soddisfarsi sulla porzione di loro competenza, lasciando il residuo al beneficiario del lascito.


Si afferma al riguardo che l’azione di riduzione abbia effetti reali: non sarà aggredibile tanto il valore dell’immobile donato, ma il bene stesso, che fisicamente entrerà nel computo ereditario e potrà essere spartito (o venduto, con suddivisione del ricavato).

E se il bene oggetto di donazione fosse stato nel frattempo venduto ?


Se, cioè, il beneficiario dell’immobile donato avesse trasferito la proprietà del bene prima dell’esercizio dell’azione di riduzione operata dai coeredi lesi?

L’azione di riduzione ha effetti retroattivi e, seppure con alcune limitazioni, si esplica anche nei confronti dei terzi, siano essi acquirenti della proprietà o acquirenti di diritti reali di godimento o di garanzia.

Stabilisce, infatti, la legge che se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati … il legittimario, premessa l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti … la restituzione degli immobili. (art. 563 cc)

azione di riduzione
L’azione di riduzione da parte dei legittimari potrebbe mettere a rischio la stabilità dell’affare di chi volesse comprare un immobile donato.


Così l’acquisto del donatario e quello dei suoi aventi causa sono posti in condizione di instabilità per l’intero spazio di tempo che va dal momento della donazione a quello in cui il titolo di acquisto può essere impugnato dall’attore in riduzione.


Il donatario, tuttavia, trascorsi almeno vent’anni dal conseguimento della donazione potrà disporre del proprio diritto senza che i suoi aventi causa abbiano a temere di subire le conseguenze di un eventuale vittorioso esercizio dell’azione di riduzione da parte dei legittimari del donante. In tal caso è per legge preclusa la possibilità di restituzione dell’immobile da parte dei nuovi acquirenti, essendo assogettato alla riduzione il solo donatario, senza il coinvolgimento di terzi soggetti.

Orbene. Tiriamo le fila.


Se chi riceve in donazione un bene immobile potrebbe essere destinatario, in futuro, di un’azione di riduzione da parte di eventuali eredi lesi nella loro quota di legittima e se tale azione potrebbe comportare la retrocessione dell’immobile nell’ambito ereditario, per soddisfare i diritti dei soggetti che abbiano chiesto la riduzione, intaccando anche l’acquisto avvenuto ad opera di terzi medio tempore, allora potrebbero nascere delle grane e, quanto meno, la disponibilità del bene donato potrebbe essere limitata dalle eventualità sopra accennate.


Va aggiunto, circostanza non trascurabile, che il sistema bancario non concede agilmente credito garantito da ipoteca, se l’immobile offerto in garanzia è stato acquistato a titolo gratuito.

Vale a dire che potrebbero emergere gravi problemi di reperibilità di fondi per chi, interessato all’acquisto di un immobile donato, volesse conseguire un mutuo per pagarlo, in quanto la banca, se anche vi iscrivesse ipoteca, sarebbe considerata soccombente rispetto ai diritti di chi agisca in riduzione e vedrebbe volatilizzarsi il bene oggetto della ipoteca a garanzia delle somme erogate.


L’art. 561 cc infatti, stabilisce che gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca cui il donatario possa averli gravati.


Bisognerà, conseguentemente, essere alquanto fortunati a reperire un istituto di credito che si assuma questo rischio.


Certo, talvolta il possibile quadro ereditario è facilmente ricostruibile al momento della donazione, tanto da lasciare pochi margini di possibilità ad eventuali azioni di riduzione. Pensiamo al donatario figlio unico.


Anche in tali casi, tuttavia, l’insidia astrattamente potrebbe essere possibile e limitare comunque l’appetibilità commerciale del bene.


L’instabilità si verifica anche se il donante al momento dell’atto di disposizione non abbia coniuge, discendenti o ascendenti perchè i legittimari potrebbero sopravvenire in un secondo tempo.

Va ricordato, infatti, che ai fini della riducibilità non è consentita distinzione tra donazioni anteriori o posteriori al sorgere del rapporto da cui deriva la qualità di legittimario (Cass. n. 1373/2009): il figlio nato nel matrimonio legittimo ha diritto di calcolare la legittima anche sui beni donati prima della sua nascita, il figlio nato fuori dal matrimonio sui beni donati prima del riconoscimento, il figlio adottivo sui beni donati prima del provvedimento che pronunzia l’adozione, il coniuge sui beni donati prima del matrimonio.
Senza contare l’ipotesi in cui il donante che abbia attribuito il bene al proprio unico figlio, potrebbe ledere i diritti del coniuge, legittimando l’azione di riduzione da parte di costui.


Donazione, pertanto, è una determinazione da valutare attentamente e da considerare alla luce di tutte le possibili insidie che ne potrebbero conseguire.

Il mediatore diligente è tenuto a rendere edotte le parti dei rischi che potrebbero emergere dall’acquisto di un bene donato?


Al quesito ha dato risposta una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (n. 965/2019)


Nel caso concreto i promissari acquirenti di un immobile si erano rifiutati di stipulare il contratto definitivo a fronte della scoperta, successiva al preliminare, che il bene fosse stato oggetto di donazione in capo alla parte venditrice.


La banca che avrebbe dovuto erogare il mutuo aveva ritrattato la propria disponibilità, non volendo incorrere in potenziali rischi di riduzione.
Conseguentemente gli attori erano a chiedere il rimborso dell’assegno versato al mediatore a titolo di provvigione per l’affare concluso.


La Corte Suprema ha preso le mosse per la propria decisione da una disposizione di legge, art. 1759 cc., a mente della quale il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso.


Ebbene, “In considerazione degli inconvenienti cui dà normalmente luogo la provenienza da donazione deve pertanto affermarsi il principio che la provenienza da donazione costituisce circostanza relativa alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, rientrante nel novero delle circostanze influenti sulla conclusione di esso, che il mediatore deve riferire ex art. 1759 c.c. alle parti”

L’obbligo del mediatore di comunicare, ai sensi dell’art. 1759 c.c., comma 1, alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso, non è limitato alle circostanze conoscendo le quali le parti o taluna di essa non avrebbero dato il consenso a quel contratto, ma si estende anche alle circostanze che avrebbero indotto le parti a concludere quel contratto con diverse condizioni e clausole. Il dovere di imparzialità che incombe sul mediatore è, infatti, violato e da ciò deriva la sua responsabilità – tanto nel caso di omessa comunicazione di circostanze che avrebbero indotto la parte a non concludere l’affare, quanto nel caso in cui la conoscenza di determinate circostanze avrebbero indotto la parte a concludere l’affare a condizioni diverse” (Cass. n. 2277/1984).”.

Conclusione? Siate generosi, ma siatelo con avvedutezza, cercando di considerare le conseguenze della vostra liberalità, mettendo in condizioni chi ne beneficerà di non rischiare, in futuro, di perdere quanto conseguito o di non poterne disporre.

Per una consulenza sul rischio di comprare un immobile donato

da parte degli Avvocati Berto

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