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Prescrizione diritti coniuge

i diritti tra coniugi
Quando si arriva alla prescrizione dei diritti tra coniugi?

Prescrizione diritti coniuge. Durante il matrimonio decorre il tempo per la prescrizione di un diritto verso l’altro coniuge? Scoprilo con noi.

Panta rei. Tutto scorre.
Tutto passa. Anche i diritti.
O meglio, alcuni di essi.

Si parla di prescrizione: ogni diritto – tranne quelli indisponibili ed altri indicati dalla legge – si estingue quanto il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge.
La ragione è logica: la certezza nei rapporti giuridici. Se passa un tempo significativo senza che si eserciti una propria prerogativa, evidentemente di quel diritto non si ha più interesse e non si può rivendicarlo ulteriormente.
Ma quanto tempo di inerzia deve trascorrere per poter perdere un diritto?

La legge individua una prescrizione ordinaria di dieci anni: è la regola, fatta eccezione casi particolari, espressamente individuati.
Ad esempio, si prescrivono in minor tempo – 5 anni – il diritto ad ottenere il risarcimento del danno derivante da fatto illecito, le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro, gli interessi, i canoni di locazione …
Addirittura sono previsti termini ancora minori in alcune fattispecie: due anni per il risarcimento del danno provocato dalla circolazione di veicoli,  in un anno si prescrive il diritto del mediatore al pagamento della provvigione, in tre anni si estingue il diritto del professionista per il compenso all’opera prestata etc…

Il termine di prescrizione decorre da quando il diritto può essere utilmente esercitato e fatto valere.

Bene, vi sono delle situazione nell’ambito delle quali rivendicare un diritto potrebbe essere arduo, o quanto meno sconveniente, vuoi per le condizioni in cui si trovi il titolare – ad esempio è minorenne, oppure in tempo di guerra – vuoi per il tipo di rapporto che intercorre tra titolare del diritto e chi gli effetti di quel diritto li deve rispettare.

Tra questi rapporti vi è quello coniugale.

La ratio è facilmente intuibile: se la moglie avanzasse dal marito una somma di denaro ed il proprio diritto di credito si prescrivesse in dieci anni, sarebbe addirittura controproducente che essa si attivasse con diffide, messe in mora o cause per non perdere il proprio diritto.
Il credito sarebbe fatto salvo, ma il rapporto matrimoniale?
Ecco che la legge saggiamente ha previsto la “sospensione” del termine di prescrizione durante il rapporto coniugale.
Tale sospensione è vigente anche durante la separazione: si ricorda, infatti, che la separazione non incide sul vincolo coniugale.

Una questione dibattuta sul punto è quella relativa alla vigenza della sospensione durante il periodo di separazione con riferimento ai crediti vantati da un coniuge rispetto all’altro a titolo alimentare o per il proprio mantenimento.
La giurisprudenza è davvero divisa.
Da un lato, la Cassazione ha ribadito, anche di recente, la posizione più intransigente: poichè la separazione non fa venir meno il rappoprescrizione diritti tra coniugirto coniugale ma ne attutisce solamente il vincolo, perdura durante essa la sospensione della prescrizione tra i consorti (Cass. civ. Sez. III Ordinanza, 01/04/2014, n. 7533).

Dall’altro lato, con una sentenza pressochè coeva a quella sopra indicata, la Suprema Corte ha abbracciato un diverso orientamento: nel regime di separazione non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l’armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza. In tal caso ben potrà ritenersi che decorra il termine prescrizionale senza alcuna sospensione (Cass. civ. Sez. I, 20/08/2014, n. 18078)
Tutto scorre.
Probabilmente anche le decisioni giudiziali in merito si assesteranno su una posizione definitiva.

 

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