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Tempi di visita figli minori: la compressione non limita l’affido condiviso

La restrizione dei tempi di visita figli minori per il genitore non collocatario non intacca la sostanza dell’affidamento condiviso.

Re Salomone, per risolvere la causa pendente tra due madri che reclamavano come proprio lo stesso figlio, si fece portare una spada, paventando che avrebbe diviso in due il piccolo e dato metà a ciascuna delle reclamanti. La prima delle due supplicò di non uccidere il bimbo, ma di risparmiarlo, pur dandolo all’altra. Ad essa il saggio sovrano fece consegnare l’infante, riconoscendola – dall’amore incondizionato – la vera madre.


Sono frequenti i casi nei nostri tribunali in cui i giudici siano chiamati a risolvere contrasti dei genitori riguardanti i rispettivi tempi di visita e frequenza dei figli.


Non si può certo affermare che si debba ricorrere al rimedio della “spada” adottato da Salomone per risolvere i conflitti sui tempi di permanenza; certo è che spesso si tratta di decisioni sofferte, che si insinuano tra legami profondi, che toccano, lacerano, incidono il sentimento più ancestrale e radicato: l’amor filiale.


In questo caso, l’agire del giudicante deve essere orientato da un unico obiettivo: il preminente interesse dei figli. Anche a scapito dei sentimenti e delle prerogative genitoriali.


La decisione è vieppiù tormentata e delicata laddove i genitori vivano a distanza e si debbano giostrare e gestire le visite dei figli, anche sottoponendoli a lunghe e debilitanti trasferte.


Ciliegina della torta, come spesso accade, potrebbe essere la scelta della mamma o del papà di cambiare città, per esigenze lavorative, sentimentali, di vita.


Della questione ce ne eravamo occupati già in passato, in questo post Affidamento figli. Se un genitore separato va a lavorare altrove, che ne sarà dei figli?


In buona sostanza, si era sottolineato che la scelta di un genitore di stabilire e trasferire la propria residenza e sede lavorativa costituiscono oggetto di libera e non conculcabile opzione dell’individuo, espressione di diritti fondamentali di rango costituzionale, senza che egli perda per ciò l’idoneità ad avere in affidamento i figli minori o ad esserne collocatario, sicché il giudice, ove il primo aspetto non sia in discussione, deve esclusivamente valutare se sia più funzionale all’interesse della prole il collocamento presso l’uno o l’altro dei genitori, per quanto ciò ineluttabilmente incida in negativo sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non affidatario.


La domanda a questo punto è la seguente: la compressione dei tempi di visita figli minori con il genitore non collocatario è compatibile con l’istituto dell’affidamento condiviso?


La risposta la possiamo trarre da una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione.


Il casus belli verteva sulla scelta della madre, collocataria, di trasferirsi in altra città, portando con sé i figli e cambiando loro scuola.

Conseguentemente il Tribunale disponeva tempi più ridotti per la frequentazione con il padre.


Questi ricorreva dapprima in appello, quindi alla Suprema Corte, chiedendo un ampliamento del diritto di visita, con pernottamenti anche infrasettimanali.


La considerazione del padre verteva sul fatto che la contrazione del periodo di visita violasse l’istituto dell’affidamento condiviso, mascherando in realtà un affido esclusivo di fatto, potendo egli trascorrere con i figli pochi giorni al mese, ledendo così il loro diritto a ricevere cure, educazione e istruzione con paritaria presenza di entrambi i genitori.

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Gli ermellini, statuendo sul punto, hanno verificato la correttezza del giudizio del Tribunale allorquando aveva considerato come impraticabile l’ampliamento dell’esercizio del diritto di visita proposto dal padre, in quanto avrebbe dato luogo ad un regime estremamente articolato e frammentato, non funzionale alle esigenze di stabilità e serenità che devono necessariamente connotare la quotidianità dei figli.

Attiene al potere del giudice stabilire le concrete modalità di esercizio del diritto di visita che devono essere ispirate, nel disciplinare le frequentazioni del genitore non convivente con il minore, a criteri tutti improntati all’esclusivo interesse del minore.


La riduzione dei tempi di visita dei figli col genitore non collocatario non altera, pertanto, l’istituto dell’affidamento condiviso, in quanto proprio tale sistema non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l’altro genitore.


In buona sostanza: la collocazione prevalente dei minori presso l’un genitore, anche a discapito della paritetica prerogativa dell’altro, è disciplina compatibile con l’affidamento condiviso. Il giudice, nel deliberare le modalità di frequenza con il genitore non collocatario dispone discrezionalmente ed insindacabilmente, purchè la propria pronuncia sia improntata unicamente all’esclusivo interesse dei figli.

Ecco allora che laddove l’estensione dei tempi di visita potrebbe comportare disagio ai minori, costringendoli a continui va e vieni da una casa all’altra, pure situate a distanza, ben può essere considerato congruo al loro miglior interesse porre dei limiti temporali, concentrando la frequenza in precisi, seppur più contenuti, periodi della settimana.


Va ben evidenziato, ad ogni buon conto, come in precedenza proprio la Suprema Corte ( Cassazione civile sez. I, 08/04/2019, n.9764 ) aveva avuto modo di rilevare che nell’interesse superiore del minore vada assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione ed istruzione.


Tale principio ammette modulazioni se confacenti con il miglior interesse dei figli ad una crescita sana ed equilibrata.


L’autorità giudiziaria dovrà ben ponderare eventuali “restrizioni supplementari” al diritto di visita dei genitori, attentamente vagliare le garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita famigliare.

In difetto vi sarebbe il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età e uno dei genitori o entrambi, pregiudicando il preminente interesse del minore.



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