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Scelta dei requisiti di ammissione concorso pubblico

 

 

Scelta dei requisiti di ammissione concorso pubblico: discrezionalità ma non irrazionalità 

 

Recentemente il Consiglio di Stato, con la sentenza 6972 del 10 ottobre 2019, ha affrontato il caso di un soggetto che aveva partecipato ad un concorso pubblico indetto dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali per l’assunzione di 500 funzionari da inquadrare nella III area del personale non dirigenziale, posizione economica F1.

Nel bando di concorso per il Profilo Funzionario architetto, l’Amministrazione richiedeva tra i requisiti di ammissione, oltre alla laurea, il possesso di ulteriori titoli tassativamente determinati.

 

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In particolare, il bando prevedeva la necessità di un “diploma di specializzazione, o dottorato di ricerca, o master universitario di secondo livello di durata biennale” o di un titolo equipollente/equivalente nella disciplina di riferimento.

Il ricorrente risultava pertanto escluso avendo i seguenti titoli: laurea in architettura, Master di II livello in “Exhibition Design – allestimento museale”, di durata inferiore al biennio; abilitazione alla professione di architetto.

Al riguardo, il Consiglio di Stato ha osservato che “in generale deve essere confermato il principio più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa che riconosce “in capo all’amministrazione indicente la procedura selettiva un potere discrezionale nell’individuazione della tipologia dei titoli richiesti per la partecipazione, da esercitare tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire.”

In altre parole, osserva sempre il Consiglio di Stato “quella che l’amministrazione esercita, nel prevedere determinati requisiti di ammissione, è una tipologia di scelta che rientra tra quelle di ampia discrezionalità spettanti alle amministrazioni”.

 

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Scelta dei requisiti di ammissione concorso pubblico

 

 

Il giudice amministrativo ha però richiamato anche la giurisprudenza secondo cui: “in assenza di una fonte normativa che stabilisca autoritativamente il titolo di studio necessario e sufficiente per concorrere alla copertura di un determinato posto o all’affidamento di un determinato incarico, la discrezionalità nell’individuazione dei requisiti per l’ammissione va esercitata tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire o per l’incarico da affidare, ed è sempre naturalmente suscettibile di sindacato giurisdizionale sotto i profili della illogicità, arbitrarietà e contraddittorietà”.

Nel caso di specie, il giudice ha ritenuto che “i criteri del bando impugnati non risultano proporzionali rispetto all’oggetto della specifica procedura selettiva ed al posto da ricoprire tramite la stessa, risolvendosi pertanto in una immotivata ed eccessiva gravosità rispetto all’interesse pubblico perseguito.

In particolare, osserva infine il Consiglio di Stato, non risulta giustificata la pretesa titolarità di titoli ulteriori rispetto al diploma di laurea, ed in particolare di un master di II livello della durata biennale – con esclusione quindi dei master parimenti di II livello, ma aventi solo una durata annuale – in relazione allo specifico profilo di Funzionario architetto in questione.

 

 

 

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Scelta dei requisiti di ammissione concorso pubblico

Quando il militare ha diritto all’indennità di trasferimento?

Quando il militare ha diritto all’indennità di trasferimento?

La funzione dell’indennità di trasferimento è quella di sopperire alle maggiori necessità derivanti da un trasferimento e di compensare “forfettariamente” le maggiori spese sostenute dal militare.

La legittimità  della relativa corresponsione presuppone, quindi, l’adozione di un formale provvedimento dell’amministrazione che modifichi la sede di servizio del dipendente.

Presupposto indispensabile per ottenere l’indennità è il trasferimento d’autorità

L’art. 1 della Legge 29 marzo 2001, n. 86 stabilisce, in sostanza, che per il personale delle Forze armate gli elementi costitutivi dell’indennità in oggetto siano: a) un provvedimento di trasferimento d’ufficio; b) l’ubicazione della nuova sede in un comune diverso; c) una distanza fra la vecchia e la nuova sede di oltre

Presupposto indefettibile per l’erogazione del trattamento economico è, quindi, che il dipendente venga trasferito d’autorità da una ad altra sede permanente di servizio.

L’indennità, tuttavia, non spetta, come chiarisce la Legge n. 86, al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni.

Così, per esempio, è stato negato il diritto all’indennità a personale militare che è stato trasferito in quanto la sede giudiziaria ove prestava servizio era stata soppressa (così TAR Friuli Venezia Giulia, n. 74 del 2017)

Il Tar Lazio, in una recente sentenza (Tar Lazio Sentenza n 4400 del 2018 ) ha avuto modo di sottolineare che, secondo la pacifica giurisprudenza amministrativa, rientrano nel concetto di “trasferimento d’autorità”, non solo i trasferimenti d’ufficio per esigenze di servizio, relativamente ai quali lo spostamento di sede implica una valutazione discrezionale dell’Amministrazione disponente, ma tutte le ipotesi in cui il trasferimento del militare prescinda dalla sua volontà ed appaia il risultato di una determinazione autoritativa dell’Amministrazione militare, non rilevando la domanda, seppur presentata a seguito dell’invito diramato.

Andrea Berto

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Esclusione da concorso scolastico per malfunzionamento sistema informatico.

L’ esclusione da concorso scolastico per malfunzionamento del sistema informatico è illegittima.
E’ quanto ha sentenziato il Tar Lombardia, con la recente sentenza n. 1449 del 27.6.2017, che ha dichiarato l’illegittimità dell’esclusione da una procedura concorsuale disposta a causa della cancellazione /annullamento della domanda di partecipazione.

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Esclusione da concorso scolastico: illegittima se dipende da malfunzionamento sistema informatico

Nel caso preso in esame dal TAR, il Ministero dell’Istuzione aveva attribuito la responsabilità del mancato inserimento della domanda della concorrente proprio a quest’ultima, evidenziando che la domanda, pur correttamente inoltrata, sarebbe stata cancellata a causa di alcune operazioni effettuate dalla ricorrente.
Il Giudice, però, non ha condiviso la tesi del Ministero ed ha attribuito l’errore a un malfunzionamento del sistema in quanto la domanda di partecipazione era stata regolarmente protocollata.
Se, dunque, ha osservato il TAR, a seguito dell’attribuzione del numero di protocollo, eventuali operazioni avevano causato la cancellazione della domanda, ciò non era certo dipeso dalla concorrente.

Del resto anche TAR Puglia (sentenza 768 del 2016) aveva evidenziato che “in tema di pubblici concorsi, il mancato inserimento di un nominativo negli elenchi dei candidati ammessi per malfunzionamento tecnico del sistema telematico, con sostanziale provvedimento di esclusione del candidato, stride con il principio fondamentale secondo il quale l’utilizzo dello strumento informatico e dei mezzi di comunicazione telematica devono categoricamente essere considerati come serventi rispetto all’attività amministrativa”.

La sentenza : Tar Lombardia n. 1449 del 27.6.2017

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Esclusione dal concorso per carabinieri

 

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Esclusione dal concorso per un tatuaggio: ci vuole ragionevolezza

Il TAR Lazio, in una recente sentenza, ha affrontato il caso di un’esclusione dal concorso per carabininieri di un aspirante che, all’esito degli accertamenti sanitari, presentava un tatuaggio “in fase di rimozione”.
Sul punto, il TAR ha rilevato che costituisce ormai un principio generale il fatto che l’esclusione dal concorso per carabinieri o di altre forze armate per la presenza di un tatuaggio deve essere valutato caso per caso anche in relazione alla forma ed alle dimensioni, nonché all’oggetto dello stesso.
Secondo il giudice amministrativo, “le previsioni del bando circa la presenza di tatuaggi negli aspiranti devo essere declinate secondo criteri di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità, tenuto conto sia della collocazione del tatuaggio sia delle sue caratteristiche“.

E’ poi onere dell’amministrazione quello di specificare, con adeguata motivazione, le ragioni in base alle quali la presenza di un tatuaggio possa assurgere a causa di non idoneità all’arruolamento, avuto riguardo ai precisi parametri di valutazione indicati nella normativa di riferimento” .

Nel caso di specie, il TAR ha ritenuto che la Pubblica Amministrazione avesse errato nel considerare i residui del tatuaggio presenti nell’arto del ricorrente come se il tatuaggio fosse ancora in essere nella sua originaria composizione ed ha pertanto dato ragione all’aspirante carabiniere.

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