Skip to main content

Tag: testamento

Nascondere o falsificare un testamento? Indegnità a succedere

Nascondere o falsificare un testamento può comportare la perdita dei diritti successori in capo all’autore.

Il pianto dell’erede sotto la maschera è riso.
(Publilio Siro)


Ride bene chi ride ultimo.

Indegno.


persona che, per le sue colpe o la sua condotta, non possa esercitare certi diritti o assumere determinati uffici” (Treccani)


L’apertura di un testamento, al netto dell’evento luttuoso di cui è conseguenza, crea sempre un po’ di suspence.


Talvolta, le disposizioni del de cuius destano sorpresa per il loro contenuto o per i destinatari che coinvolgono.

Il pensiero dei “delusi” corre subito ad indagini sulla capacità mentale del disponente al momento del confezionamento delle ultime volontà, (“se fosse stato in sé non avrebbe scritto così..”) oppure a possibili manipolazioni intercorse nella stesura del testamento (“lo ha scritto lui? È la sua firma? È la sua grafia?”).


Bene. Mettiamo caso che venga scoperto l’arcano e, udite udite, si apprenda che effettivamente sì, un terzo ci ha messo lo zampino: ha scritto di pugno suo il testamento, spacciandolo per originale, oppure ha effettuato delle modifiche a quello già esistente, sperando che nessuno se ne sarebbe accorto.


Sui possibili rimedi in caso di testamento alterato, ci siamo soffermati in questo articolo.


Oggi concentriamo la nostra attenzione su un’ulteriore conseguenza relativa alla scoperta dell’intervento di un terzo nella redazione del testamento.

Nascondere o falsificare un testamento

https://requestartikel.com/it/


Se, infatti, la sanzione di nullità dell’atto di ultime volontà fosse il solo risvolto causato dall’apocrifia, talora l’autore del falso potrebbe essere comunque beneficiato dalla successione.


Mettiamo caso, per esempio, all’ipotesi in cui il responsabile dell’adulterazione fosse il figlio, o il coniuge del de cuius.
Questi sarebbero comunque eredi legittimi in caso di annullamento del testamento, riconosciuto in tutto o in parte contaminato dal loro intervento.


A questo risultato perverso mette una pezza la legge, contemplando l’ipotesi di indegnità a succedere.


E’ escluso dalla successione chi ha indotto con dolo o violenza la persona, della cui successione si tratta, a fare, revocare o mutare il testamento, o ne l’ha impedita; chi ha soppresso, celato o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata ; chi ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso .


Esclusione dalla successione.

Una forma di incapacità successoria, che priva il soggetto chiamato all’eredità della possibilità di acquisire o mantenere la qualifica di erede.


Parte degli studiosi ritiene che l’esclusione operi ipso facto, senza che debba essere pronunciata da una sentenza, la quale – tutt’al più – potrà avere effetto dichiarativo, ossia di accertare qualcosa che si è già consolidato di per sé.

Larga parte degli interpreti, tuttavia, e così anche la giurisprudenza, attribuisce all’intervento del giudice il potere di precludere la conservazione dei diritti successori acquistati dall’indegno a seguito dell’accettazione.


Conseguentemente, la possibilità di privare l’indegno della propria qualifica di erede sarebbe sottoposta ad apposita iniziativa giudiziaria, esercitabile da chiunque vi abbia interesse (anche non di natura patrimoniale), e azionabile nel termine di prescrizione ordinario di dieci anni, decorrente dall’apertura della successione.


La causa può essere intrapresa anche nei confronti degli eredi dell’indegno.


Il provvedimento potrà disporre anche la restituzione dei beni conseguiti dall’indegno in forza del fenomeno successorio, nonché dei frutti nel frattempo percepiti.


I casi di indegnità – tassativi – sono contemplati dall’art. 463 cc

Tra questi, come abbiamo visto, vi è anche la fattispecie del sopprimere, nascondere o falsificare un testamento.


Ipotesi, tutte, nelle quali l’autore abbia inteso impedire l’attuazione della volontà espressa dal de cuius in ordine alla successione, oppure confezionarne una ex novo.


Si noti, deve essere un atto volontario – altrimenti la sanzione non avrebbe ragione d’essere – ma gli interpreti non ritengono sufficiente il semplice tentativo (ad esempio, l’ occultamento provvisorio del testamento, oppure l’inerzia momentanea dal presentarlo al notaio da parte del possessore), bensì la concreta attuazione di un proposito volto a regolare la successione in modo diverso da quello altrimenti predisposto dal de cuius.


Diversamente, non potrà essere statuita l’indegnità.


Ad esempio, la suprema corte ha avuto modo – più volte – di affermare che “la formazione o l’uso consapevole di un testamento falso è causa di indegnità a succedere se colui che viene a trovarsi nella posizione di indegno non provi di non aver inteso offendere la volontà del “de cuius”, perché il contenuto della disposizione corrisponde a tale volontà e il “de cuius” aveva acconsentito alla compilazione della scheda da parte dello stesso nell’eventualità che non fosse riuscito a farlo di persona ovvero che il “de cuius” aveva la ferma intenzione di provvedervi per evitare la successione “ab intestato”. (cass. 1905/2020)

riabilitazione testamento


Va precisato che la legge contempli la possibilità – per il testatore – di riabilitare l’indegno. Ciò potrà avvenire ovviamente qualora il disponente abbia avuto conoscenza della condotta reproba e del suo autore e abbia nonostante questo inteso espressamente affrancarlo dalle conseguenze altrimenti gravanti su di esso.


La legge, al riguardo, contempla due ipotesi.

Una di riabilitazione espressa, nel testamento o in atto pubblico ad hoc, con cui il testatore esplicitamente menziona la propria volontà di reintegrare il soggetto altrimenti indegno.


Un’altra si ha quando il disponente non faccia cenno di riabilitazione, ma – pur conoscendo la realtà dei fatti incriminati – abbia, ciò nonostante, incluso nelle proprie ultime volontà l’indegno.


In tal caso, tuttavia, potrà essere ammesso a succedere nei limiti della disposizione testamentaria: non potrà reclamare nulla di più quando, ad esempio, dovesse essere leso nei propri diritti di legittimario e intendesse agire in riduzione. Oppure, se dovesse venir meno l’accettazione di qualche altro coerede, non potrà beneficiare dell’accrescimento di tale quota.

Per una consulenza da parte degli Avvocati Berto in merito alle conseguenze di

Nascondere o falsificare un testamento

impugnazione testamento, testamento

Chi eredita la casa eredita anche i mobili che vi sono contenuti?

Chi eredita la casa eredita anche i mobili che vi sono contenuti?

Per vivere vendevo mobili. Il guaio è che erano i miei
(Les Dawson)

Ma lasciane un po’ anche a chi verrà dopo di te, non essere egoista.


Precisa bene, però, a chi spetta cosa, altrimenti….

Partiamo con una battuta, per smorzare l’aria resa incandescente da un quesito che frequentemente anima l’ambito successorio: chi eredita la casa, eredita anche i mobili che contiene?


Piglia tutto il cuccuzzaro?


Andiamo con ordine.


Nel nostro ordinamento la successione ereditaria può essere legittima – la legge stabilisce chi siano gli eredi e quanto a loro spetti – testamentaria – il de cuius istituisce eredi chi vuole, conferendo loro quanto e cosa voglia – o mista, in parte l’una e in parte l’altra.


Soffermiamoci su quest’ultima fattispecie: il testatore, col proprio atto di ultime volontà, oltre ad indicare i propri eredi, può anche dividere tra di essi i propri beni. Può stabilire, cioè, quali beni specifici compongano le singole quote.


Tale divisione può essere totale, ossia comprendere tutti i beni rientranti nel patrimonio del disponente, o parziale, ossia riguardare solo parte di esso.


Ebbene, la legge dispone che se nella divisione fatta dal testatore non reductil sono compresi tutti i beni lasciati al tempo della morte, i beni in essa non compresi sono attribuiti conformemente alla legge, se non risulta una diversa volontà del testatore.


Tradotto: i beni non menzionati nella divisione saranno attribuiti secondo le regole della successione legittima, a meno che il de cuius non abbia disposto che debbano essere ripartiti fra gli eredi secondo le quote fissate dallo stesso testamento.


Facciamo un esempio: nomino miei eredi Tizio e Caia.

Dispongo che la quota di Tizio sia costituita dalla casa al mare, mentre quella di Caia dalla casa in città.

Ora, se le due case attribuite ai suddetti esauriscono il patrimonio del de cuius, tutto a posto, nessun problema. Se vi fossero altri beni, questi saranno attribuiti secondo le regole della successione legittima, ove si dovranno individuare i successibili come stabilito dal codice civile (coniuge, discendenti, ascendenti, parenti prossimi che escludono i remoti, etc…).

A meno che il testatore abbia statuito che a Tizio e a Caia, o anche all’uno piuttosto che l’altra, siano attribuiti eventuali beni rimanenti nel patrimonio.

Ergo… per ritornare al tema che oggi ci occupa: chi eredita la casa non eredita necessariamente i beni mobili che vi siano contenuti, a meno che il testatore così non abbia espressamente statuito.


In difetto, sempre che non siano stati attribuiti ad altri soggetti, tali beni cadranno in successione legittima, oppure saranno devoluti agli eredi che il de cuius abbia nominato ed espressamente indicato con riferimento al residuo patrimonio, non menzionato nel testamento.

chi eredita la casa eredita anche i mobili?


Qualcuno dei lettori si chiederà: ma cosa rientra nel concetto di beni mobili?


Non è una domanda da profani, anzi.


Ci si sono accapigliati anche gli addetti ai lavori, dovendo sottoporre contrapposte argomentazioni alle pronunce dei giudici.

Il busillis più eclatante era nato dall’interpretazione di una disposizione testamentaria nella quale il de cuius lasciava l’immobile x e i beni mobili che vi erano contenuti all’erede Tizio.


La battaglia riguardava la possibilità di far rientrare o meno nel lascito anche i quadri di assoluto pregio che erano collocati nell’abitazione assegnata.

In prima battuta, tale eventualità era stata esclusa, ritenendosi i quadri come “arredi”, come tali non compresi tra i “mobili” oggetto del lascito.

La Suprema Corte ha censurato tale valutazione, facendo riferimento alla parola della legge.


L’art. 812 c.c., infatti, dà una precisa definizione di beni immobili, (il suolo, gli edifici, le costruzioni, a e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo) disponendo che “tutti gli altri beni” siano da considerarsi mobili.


Conseguentemente, l’espressione “mobili”, riferita ai beni che corredano un’abitazione, non autorizza di per sè ad escludere parte di essi, qualunque ne sia il valore, essendo comprensiva, anche nel lessico comune, di quadri, oggetti e arredi in genere.

Dà ultimo, deve essere necessariamente ricordato – ci eravamo soffermati già in precedenza – che in sede successoria al coniuge superstite, abbia o meno accettato la qualifica di erede, è attribuito ex lege un legato: il diritto di abitazione adibita a residenza familiare.


Ebbene, tale beneficio comprende anche l’uso dei beni mobili che ne facciano corredo se di proprietà del defunto o comuni.


Tali diritti spettano al coniuge superstite non solo nei casi di successione necessaria, ma anche ove si apra una successione legittima, in aggiunta alla quota per essi stabilita dalla legge.


Un’eventuale disposizione testamentaria in deroga, che attribuisca tali prerogative a soggetti diversi sarebbe priva di valenza.


Conseguentemente, se il testatore abbia lasciato la casa familiare e i beni mobili in essa contenuti ad un soggetto diverso dal coniuge, tale attribuzione dovrebbe essere intesa come limitata alla proprietà di detti beni, non già all’immediato diritto di poterne disporre, che sarà rimandato a quando il coniuge superstite avrà cessato di usufruirne.

Per una consulenza da parte degli Avvocati Berto in materia di

Chi eredita la casa eredita anche i mobili che vi sono contenuti?

Scopri i servizi dello Studio Legale Berto
in materia ereditaria

testamento