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Clausola visto e piaciuto? Non sempre libera il venditore da responsabilità per vizi.

Nella vendita immobiliare inserire l’accettazione dell’immobile “nello stato di fatto e di diritto” o una clausola visto e piaciuto, deve essere verificata alla luce di un’effettiva volontà delle parti in tal senso.

Scrupoli e malinconia, fuori di casa mia.

(S. Filippo Neri)

Per quanto riguarda la malinconia, siamo pienamente d’accordo; per gli scrupoli, ci permettiamo di dissentire dall’illustre santo fiorentino, almeno in occasione della vendita o acquisto della casa, quando l’attenzione da prestare non è mai troppa.


Leggere e ponderare bene clausole del tipo “visto e piaciuto” oppure “l’immobile viene nello stato di fatto e di diritto in cui si trova” è un’accortezza che potrebbe essere trascurata nelle compulse fasi che precedono la compravendita.


Poi, però, tutti i nodi vengono al pettine e ci si trova a scoprire di aver acquistato un bene che non è come ce lo si immaginava ed ecco, allora sì, inizia la corsa a passare col radar il contratto per trovare qualche appiglio.

clausola di stile
Visto e piaciuto compravendita immobiliare


Cosa dice la legge?


Senza discendere in troppo approfondite analisi normative, basti – oggi – soffermarsi sul fatto che il contratto è l’accordo di due o più parti.


L’accordo presuppone volontà: le parti debbono volere ciò che pattuiscono.


Talvolta il problema è rappresentare precisamente questa volontà – la forma del contratto – ed altre è definire l’esatto contenuto di una volontà che è stata manifestata: l’interpretazione del contratto.


Circa quest’ultimo aspetto la legge stabilisce che “nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.”  (art. 1362 cc)


In ogni caso, poi, “il contratto deve essere interpretato secondo buona fede”, specie quando il senso letterale delle parole o il contesto ove sono comprese risulti equivoco.


Tale operazione ermeneutica, in caso di contrasto tra le parti, deve essere risolta dal Giudice.


Ed è proprio sull’interpretazione e sull’efficacia della clausola “l’immobile viene nello stato di fatto e di diritto in cui si trova” che si è trovata a statuire la Corte di Cassazione.


Il caso riguardava il contratto preliminare di compravendita di un appartamento nel cui testo era stata inserita la clausola in esame.
Pochi giorni prima della data fissata per il rogito, era emerso che gli impianti dell’immobile non fossero in regola con la normativa vigente e che per il loro adeguamento sarebbe stata necessaria una cifra ingente.


Ne conseguiva una causa, nella quale il promittente venditore reclamava che l’acquirente nulla avrebbe potuto dolere della circostanza, in quanto il contratto sarebbe stato chiaro nell’attribuire la proprietà nello “stato di fatto in cui si trovava” il bene, ossia privo di impianti a norma.


Non è stato di questo avviso la Suprema Corte.


Il rilievo degli ermellini poggiava sul fatto che il giudice, nell’attività di interpretazione del contratto, debba “presumere che la clausola sia stata oggetto della volontà negoziale e quindi interpretarla in relazione al contesto, per consentire alla stessa di avere qualche effetto, può negare l’efficacia della clausola, qualificandola di stile, solo se la vaghezza e la genericità siano tali da rendere impossibile l’attribuzione di qualsivoglia rilievo nell’ambito dell’indagine volta ad accertare la sussistenza ed il contenuto dei requisiti del contratto, ovvero se la vaghezza in esame non sia mai entrata nella sfera dell’effettiva consapevolezza e volontà dei contraenti”.


Alla luce di ciò ben poteva considerarsi come clausola di stile, e pertanto estranea alla reale volontà e consapevolezza delle parti, quella concernente l’accettazione dell’immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava al momento della sottoscrizione del preliminare, in assenza di qualsiasi cenno alle condizioni dell’impianto dell’appartamento, che non erano state oggetto della minima valutazione delle parti, tanto più che il problema era emerso solamente dopo la firma del compromesso.

In conseguenza di ciò è stato disposto il trasferimento della proprietà dell’appartamento con una congrua riduzione del prezzo.

La sentenza Cassazione civile, n. 29902/ 2018

Per una consulenza da parte degli Avvocati Berto in materia di

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