Disturbo della quiete pubblica : Il figlio fa “fiesta”, mamma e papà rispondono per i rumori molesti.
Disturbo della quiete pubblica: chi risponde se il figlio è minorenne?
Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.
Si può cioè commettere un reato tramite una condotta inerte a fronte di un evento lesivo.
Per intenderci, si può commettere un omicidio sparando o lasciando morire di fame la vittima.
Si può anche far rumore, provocando disturbo della quiete pubblica, personalmente o lasciando che i figli minorenni facciano “fiesta”.
In ogni caso ne rispondono i genitori, che hanno obblighi educativi nei confronti della prole e pertanto debbono vigilare ed impedire che questi commettano scelleratezze o rechino danni ad altri.
Ciò tanto in sede civile, quanto in ambito penale.
La sentenza, recentissima, della Corte di Cassazione ribadisce il concetto ed il monito ad educare adeguatamente i figli anche nell’ambito del prevenire il disturbo della quiete pubblica naturalmente.
In buona sostanza: il “piccolo di casa”, aveva organizzato un party a casa dei genitori, assenti.
Ne è scaturito un pandemonio, con notevole disturbo del sonno dei vicini.
I genitori vengono tratti a processo davanti al Giudice penale, con l’accusa del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone (art. 659 cp).
Ne è conseguita la condanna, confermata in appello e poi davanti alla Corte Suprema, sul presupposto in base al quale i genitori sono tenuti a mantenere, istruire, educare i figli (art. 147 cc)
Fino a quando essi siano minorenni, dei fatti illeciti ne rispondono madre e padre, a sensi dell’art. 2048 cc, a meno che non provino di non aver impedito l’evento.
Penalmente, a fronte della richiamata disposizione che equipara il non impedire un evento che si ha l’obbligo di impedire al causarlo, i genitori sono stati ritenuti responsabili di aver permesso i disturbanti schiamazzi e rumori da parte del figlio che hanno generato la vicenda.
Ciò non esclude, ovviamente, la concorrente responsabilità del minore, se ultraquattordicenne e capace di intendere e di volere.
Tant’è: culpa in educando et in vigilando.
Bisogna adeguatamente educare i propri figli e vigilare sulle loro azioni.
La sentenza: Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 22-09-2016) 15-12-2016, n. 53102