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La dichiarazione del testatore di aver fatto donazioni ad erede legittimario: priva di valore senza le prove

Che valore ha la dichiarazione del testatore di aver fatto donazioni ad erede legittimario, in modo da giustificare la sua estromissione dal testamento o comunque la diminuzione della sua quota spettantegli per legge?

“Quando un testatore non vi ha lasciato niente, probabilmente vi voleva risparmiare le imposte di successione.”
PETER ALEXANDER USTINOV (attore/regista)

Vallo spiegare al diseredato: probabilmente non sarà lieto della gentile premura.

L’ipotesi è frequente, e la motivazione di fondo del tutto legittima: in vita una persona può aver inteso di beneficiare qualcuno tra i suoi familiari con donazioni.
D’altro canto risulta coerente alla logica intervenire con aiuti ed elargizioni proprio quando ce ne sia bisogno, senza attendere il passaggio a miglior vita: potrebbe essere troppo tardi.

il testatore dichiara di aver effettuato donazioni
Aiutare un figlio a ripianare alcuni debiti, a sostenere le spese delle nozze, oppure ad acquistare la casa familiare sono sostegni che hanno senso immediatamente e non in sede successoria, quando i piatti saranno già stati lavati od i buoi sfuggiti.

Premessa: in linea di massima le donazioni costituiscono un anticipo di eredità. Di esse, infatti, si terrà conto nel determinare il patrimonio complessivo del de cuius su cui calcolare il valore della quota di legittima spettante agli eredi necessari.

Bene.
Se di tali donazioni ci sarà la prova, nemo problema, se ne terrà conto e nessuno potrà contestare che siano state effettuate.

Ma se non ce ne sia traccia?

O meglio, se fossero state effettuate non con crismi formali, dal Notaio alla presenza di due testimoni, ma con donazioni indirette, ad esempio tramite l’intestazione della casa al figlio, pagata con i soldi di papà, o con l’elargizione di somme sotto banco?

Capita sovente che il testatore di tali circostanze ne dia atto nel redigere le sue ultime volontà e, nell’estromettere il benefattore di tali liberalità dall’eredità, inserisca postille del tipo “nulla lascio a mio figlio, poiché gli ho già donato 50.000 mila euro con cui si è comprato casa”.

Tali allegazioni possono essere utilizzate come prova contro colui il quale – ritenendosi danneggiato (ad esempio il figlio di cui sopra) per essere stato leso o lasciato fuori dalla successione – impugni il testamento?

Abbiamo due pronunce della Corte di Cassazione, tutte e due dall’identico tenore, che ci aiutano a fare il punto.

Normalmente una dichiarazione confessoria da parte di chi la rilasci è destinata a costituire massima prova per colui al quale sia diretta.

Si noti: è confessione l’attestazione di circostanze sfavorevoli a chi le dichiari, in quanto si presume che se un soggetto dia atto della verità di qualcosa a lui svantaggioso allora ciò debba per forza corrispondere alla realtà.

Per esempio la quietanza di pagamento costituisce piena attestazione di avvenuta ricezione di somme da parte di chi l’abbia rilasciata.

prova della donazione
la dichiarazione del testatore di aver fatto donazioni deve essere corroborata da elementi di prova: da sola non basta

La dichiarazione del testatore di aver fatto donazioni ad erede legittimario, poi leso o estromesso, non può tuttavia rivestire valore confessorio.

Tale attestazione, infatti, non contiene nulla di sfavorevole al testatore che l’abbia effettuata, essendo semmai svantaggiosa per il (mancato) erede a cui è riferita la donazione indicata.

La confessione, poi, per rivestire la rilevanza menzionata, deve essere rivolta al soggetto che ne deve beneficiare, ma il legittimario – estromesso o leso – che abbia inteso impugnare il testamento, è un soggetto terzo, non destinatario della dichiarazione confessoria.

Rileva, infatti, la Corte Suprema “Siccome nell’azione di riduzione promossa dal legittimario preterito, questi deve considerarsi terzo(Cass. 20868/04; n. 6632/06; n. 7834/08) anche rispetto al testatore, la sua dichiarazione non gli è opponibile”.

In buona sostanza, le dichiarazioni del testatore di aver già soddisfatto con donazioni le pretese ereditarie del soggetto che abbia ricevuto le liberalità potranno avere valore solo se supportate dalla prova della loro effettiva elargizione.

La massima: “In tema di successione ereditaria, la dichiarazione del testatore di avere già soddisfatto il legittimario con antecedenti donazioni non è idonea a sottrarre allo stesso la quota di riserva, garantita dalla legge anche contro la volontà del “de cuius”; né tale dichiarazione può essere assimilata ad una confessione stragiudiziale opponibile al legittimario, essendo egli, nell’azione di riduzione, terzo rispetto al testatore

Le sentenze: Cassazione Civile n. 28785/2018; Cassazione Civile n 11737 / 2013

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