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Pensione di reversibilità dopo il divorzio: sì all’ex coniuge beneficiario dell’assegno divorzile, purché non sia una tantum

Pensione di reversibilità dopo il divorzio: quali requisiti e quali impedimenti.

Ogni volta che vuoi sposare qualcuno, esci a pranzo con la sua ex moglie.”

SHELLEY WINTERS (attrice)

L’autrice di questo aforisma era una giurista?

Non crediamo, ma la sua “battuta” assembla un possibile scenario che si potrebbe creare a seguito di un divorzio e di nuove nozze: due mogli e un marito. Ma se questo morisse chi beneficerà della pensione di reversibilità?

Procediamo con ordine.

pensione reversibilità

Inutile soffermarsi su cosa sia e quando sia dovuto l’assegno divorzile.

Basta in questa sede riportare la previsione di cui all’art. 5 della Legge sul divorzio (898/1970) che così stabilisce “ Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.

Un assegno periodico al coniuge che non abbia mezzi adeguati, tenuto conto di diverse circostanze.

Ovviamente, ne abbiamo già parlato (link 1 2, 3 4) le circostanze che hanno determinato la contribuzione di tale beneficio ed il suo ammontare possono variare col tempo.

In questo caso “qualora sopravvengono giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale,… può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni concernenti …la misura e alle modalità dei contributi da corrispondere…” (art. 9 L 898/1970).

La norma di legge indicata consente,altresì, che “su accordo delle parti la corresponsione” – dell’assegno divorzile – possa “avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal Tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico”.

Quindi, in luogo della contribuzione periodica gli ex coniugi possono convenire per la somministrazione una volta per tutte – una tantum – dell’assegno.

In tal caso la legge mette fin da subito in chiaro che alcuna modifica, neanche se fondata su giustificati motivi – possa essere richiesta in seguito, proprio perché le parti hanno inteso, con tale scelta, assumersi il carico anche del rischio di eventuali squilibri successivi.

Effettuate queste premesse, che riteniamo utili per inquadrare sufficientemente il tema di oggi, veniamo ad analizzare cosa succede se l’ex coniuge, tenuto a somministrare periodicamente l’assegno divorzile, venga a mancare.

Ovviamente si verrebbe a creare una drammatica rivoluzione nella vita del soggetto percipiente, che potrebbe perdere se non l’unica fonte del proprio sostentamento, un importante sussidio per conseguire mezzi adeguati alla quotidiana sussistenza.

Ecco, allora, che la legge viene ad ovviare a tale problematica prevedendo che In caso di morte dell’ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell’art. 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza”, (art. 9).

L’ex coniuge potrà beneficiare della pensione di reversibilità del passato consorte se:

– sia già titolare di assegno divorzile;

– egli non sia passato a nuove nozze;

– il rapporto lavorativo da cui trae origine la pensione, sia cominciato prima della sentenza di divorzio.

Bene, tutto chiaro?

Manca un tassello, anzi due.

Abbiamo cominciato l’articolo riportando l’immagine del pranzo di due donne, mogli della medesima persona.

Una la ex, l’altra l’attuale consorte.

due coniugi, una reversibilità

Mettiamo caso che la ex percepisca assegno divorzile.

E a tale caso aggiungiamo che venga a mancare il comune marito.

La donna che al momento del decesso era l’attuale consorte del defunto avrà senz’altro diritto alla sua pensione di reversibilità per diritto ereditario.

Ma l’altra, che beneficiava – in presenza dei presupposti di legge- dell’assegno divorzile, rimarrebbe a piedi senza tale sussidio.

In questa ipotesi, la legge stabilisce che “Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal Tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell’assegno di cui all’art. 5. Se in tale condizione si trovano più persone, il Tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze”.

Conseguentemente, le due mogli (attenzione, la ex doveva già percepire l’assegno divorzile) si spartiranno la reversibilità del defunto.

Quanto spetterà a testa?

La legge dispone debba tenersi conto della (rispettiva) durata del rapporto matrimoniale.

La giurisprudenza include ulteriori criteri, quali l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche dei due e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali (ex multis Cass. civ. Sez. VI – 1 Ordinanza, 05/07/2017, n. 16602).

Nel caso in cui, a sua volta, dopo il marito decedesse una delle due mogli, l’altra avrebbe diritto di percepire l’intera reversibilità.

Soffermiamoci su un’ultima ipotesi.

Se l’assegno divorzile, anziché periodicamente, fosse stato corrisposto in un’unica soluzione, l’ex coniuge superstite che ne abbia beneficiato potrebbe vantare la pensione di reversibilità o una sua quota?

La risposta è negativa, ma c’è voluta una pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite per mettere la parola definitiva.

Manca l’attualità della titolarità dell’assegno: questa in buona sostanza la considerazione preclusiva della Suprema Corte.

Se infatti la finalità del legislatore è quella di sovvenire a una situazione di deficit economico derivante dalla morte dell’avente diritto alla pensione, l’indice per riconoscere l’operatività in concreto di tale finalità è quello della attualità della contribuzione economica venuta a mancare; attualità che si presume per il coniuge superstite e che non può essere attestata che dalla titolarità dell’assegno, intesa come fruzione attuale di una somma periodicamente versata all’ex coniuge come contributo al suo mantenimento. Del resto l’espressione titolarità nell’ambito giuridico presuppone sempre la concreta e attuale fruibilità ed esercitabilità del diritto di cui si è titolari; viceversa, un diritto che è già stato completamente soddisfatto non è più attuale e concretamente fruibile o esercitabile, perchè di esso si è esaurita la titolarità”. (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., n. 22434/2018)

pensione reversibilità
pensione di reversibilità dopo il divorzio: no se l’assegno è stato corrisposto una tantum

Faccia, pertanto, buona attenzione il coniuge che intenda acquisire in unica tranche l’assegno divorzile, perché in seguito non potrà recriminare alcunchè: né se dovessero volgere al peggio le circostanze tenute in considerazione al momento del divorzio ai fini della determinazione dell’importo da corrispondere, né a seguito della morte dell’ex consorte per far valere inesistenti diritti previdenziali.

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Avvocato separazione Vicenza

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