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Affidamento figli. Se un genitore separato va a lavorare altrove, che ne sarà dei figli?

Affidamento figli: Il nostro ordinamento è improntato alla massima tutela della prole, sia nell’ambito della vita matrimoniale, sia dopo la separazione.

affidamento figli
Affidamento figli. A chi spetta se vado a lavorare lontano?

Da un lato, infatti, all’art. 315 bis, il codice civile stabilisce che “Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni..” e che “ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti“.
Dall’altro, il legislatore ha sancito che – a seguito di separazione o divorzio, “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.” Per realizzare tale finalità “il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa” (art 337 ter cc).

E’ da chiedersi come la massima tutela dei figli possa essere “combinata” con le prerogative di vita dei genitori, anche lavorative.

In particolare, capita – ed in tempo di crisi sempre più di frequente – che uno degli (ex) coniugi debba trasferirsi in altra città, magari molto lontana rispetto a quella dove risiedono i figli – per esigenze lavorative.
Che ne sarà dei figli? A chi spetterà l’affidamento dei figli? Il genitore deve rinunciare alle proprie ambizioni?  Che ne sarà del paritario diritto dell’altro genitore ad avere un rapporto continuativo con la prole?
La questione non è da poco conto.
Se ne sono occupati parecchio i Tribunali e si rinvengono parecchie pronuncie al riguardo.
Da ultima, una recente sentenza della Cassazione ha ribadito un solco già consolidato.
In buona sostanza, i figli erano affidati in via condivisa ad entrambi i genitori.
La loro – bruttissimo termine – “collocazione” era “paritaria”, ossia con eguale permanenza presso la residenza del papà e della mamma.
Il padre era spesso fuori città per motivi di lavoro.
La mamma, di recente, aveva vinto un concorso che avrebbe imposto il trasferimento in un altra città.
Che ne sarebbe stato dei figli? Entrambi i genitori avevano manifestato la volontà di tenerli presso la propria città e residenza.
La Corte, dapprima, ha valutato  quale dei due coniugi fosse il più indicato ad essere collocatario prevalente della prole: e qui è stata ritenuta maggiormente idonea la mamma, proprio perchè assicurava maggior presenza giornaliera, rispetto al marito, spesso fuori casa e, comunque, dando per consolidato come la madre, in genere, fosse il soggetto più portato a meglio seguire i figli in età prescolare.
Quindi, passando ad esaminare la circostanza della necessità di trasferimento della mamma, ha statuito che tale eventualità fosse una legittima prerogativa della stessa, avendo diritto ogni cittadino alla propria massima realizzazione.
affidamento congiuntoEd infatti la Corte ha evidenziato che ”  trasferimento della propria residenza e sede lavorativa sono oggetto di libera e non conculcabile opzione dell’individuo, espressione di diritti fondamentali di rango costituzionale
Vi è di più: si precisa che “il coniuge separato che intenda trasferire la sua residenza lontano da quella dell’altro coniuge non perde per ciò l’idoneità ad avere in affidamento i figli minori o ad esserne collocatario“.
Atteso quanto sopra, e dato quindi per acclarata come legittima e tutelabile l’ambizione di uno dei genitori a realizzarsi lavorativamente, trasferendosi in altra città, al giudice non rimarrà che decidere chi tra padre e madre sia più indicato per essere il collocatario prevalente dei figli, improntando la sua valutazione all’esclusivo e preminente interesse di questi ultimi.
E nel caso di specie…. ha prevalso la mamma, “per quanto ciò ineluttabilmente incida in negativo sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non affidatario“.

La sentenza: Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-09-2016, n. 18087

 

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