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Abuso edilizio commesso da precedente proprietario: ne risponde anche il nuovo?

 

Abuso edilizio commesso dal precedente proprietario: è responsabile anche quello nuovo, incolpevole?

 

 

Capita di frequente che vengano accertati abusi edilizi dopo molto tempo dalla loro realizzazione e che il proprietario dell’immobile non sia più colui che ha materialmente commesso l’illecito.

In tal caso, può essere sanzionato il proprietario “incolpevole”?


Secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa (si veda, ad esempio, la sentenza del Consiglio di Stato, 23.12.2020, n 8283) “il presupposto per l’adozione di un’ordinanza di ripristino è non già l’accertamento di responsabilità nella commissione dell’illecito, ma l’esistenza d’una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione urbanistico-edilizia, per cui è inciso anche il proprietario non responsabile e colui che v’è succeduto a qualunque titolo”.


Osserva il Consiglio di Stato nella sopra citata sentenza che “la repressione degli abusi edilizi può esser disposta in qualsiasi momento, trattandosi di misure a carattere reale (piuttosto che di vere e proprie sanzioni) che colpiscono illeciti permanenti, ossia di misure oggettive in rapporto alle quali non può neppure esser invocato utilmente il principio d’estraneità dei proprietari all’effettuazione dell’abuso e, al più, l’eventuale estraneità assume rilievo sotto altri profili, non inficianti la legittimità dell’ordine di demolizione/rispristino”;


Gli “altri profili” cui fa riferimento il Consiglio di Stato sono fondamentalmente quelli relativi all’aspetto penale, dove in tal caso, va accertata la responsabilità effettiva.

Abuso edilizio commesso da precedente proprietario


In sostanza, secondo il giudice amministrativo, è legittimo l’ordine di demolizione irrogato all’attuale proprietario dato che “in materia di abusi edilizi la mancata individuazione del responsabile materiale non esclude che l’ordine di demolizione possa essere comunque rivolto al proprietario stesso giacché questi, anche se estraneo all’abuso, rimane comunque il destinatario finale degli effetti del provvedimento, il cui contenuto dispositivo è, per l’appunto, la demolizione di un bene su cui egli vanta il proprio diritto“.


In tal caso, osserva il giudice amministrativo, “la demolizione di un’opera abusiva è ingiunta al proprietario attuale non a titolo di responsabilità effettiva o presunta nella commissione dell’illecito edilizio, ma in ragione del suo rapporto materiale con la cosa che lo rende, per il legislatore, destinatario passivo dell’ordine demolitorio/ripristinato


Osserva, infine, il Consiglio di Stato che la Pubblica Amministrazione non deve necessariamente notificare “l’ordinanza di demolizione/rispristino al responsabile dell’abuso, essendo nei rapporti esterni con la pubblica amministrazione i proprietari attuali i diretti legittimati passivi delle misure reali di rispristino ed essendo l’amministrazione libera di adottare tali misure direttamente ed esclusivamente nei loro confronti”;

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Abuso edilizio commesso da precedente proprietario

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Opposizione a revoca porto d’armi

 

 

 

Opposizione a revoca porto d’armi

 

 

Il rilascio o il rinnovo della licenza a portare le armi costituisce una deroga al generale divieto di portare armi, sancito dall’ articolo 699 cod. pen. che punisce con l’arresto fino a 18 mesi “chiunque, senza la licenza dell’Autorità , porta  un’arma fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa”.

Secondo la giurisprudenza amministrativa, l’eccezione a tale divieto può verificarsi soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la perfetta e completa sicurezza circa il buon uso delle armi stesse, così da scagionare dubbi o perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività, dovendo essere garantita anche l’intera, restante massa dei consociati sull’assenza di pregiudizi (di qualsiasi genere) per la loro incolumità ed imponendosi un controllo più penetrante rispetto a quello relativo a provvedimenti permissivi di tipo diverso.

 

opposizione a revoca porto d’armi

 

I provvedimenti concernenti le armi sono, infatti, ispirati in linea generale da una logica preventiva, tale per cui, al fine di giustificare l’adozione dei provvedimenti di revoca della licenza, non è richiesto un comprovato abuso ma è sufficiente un plausibile e motivato convincimento dell’autorità di polizia circa la possibilità di un utilizzo improprio delle armi, tale da integrare un’erosione anche minima del requisito.

 

Dunque, il carattere altamente discrezionale del giudizio in ordine all’affidabilità nell’uso delle armi rende del tutto legittima una valutazione sulla capacità basata su considerazioni probabilistiche.

 

Per giungere alla revoca non  assume alcuna rilevanza il fatto che al soggetto interessato non siano ascrivibili responsabilità penali o illeciti amministrativi. E’ sufficiente, invece, che a carico dello stesso siano configurabili sospetti in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con le altre persone.

Peraltro, tali indizi ben possono essere costituiti anche dalle “frequentazioni” del soggetto interessato con persone gravate da procedimenti penali e di polizia.

 

Sempre la giurisprudenza (si veda TAR Veneto, sentenza n. 658 del 28 maggio 2019) ha però chiarito che il pericolo che costituisce giusta e responsabile preoccupazione per le Autorità incaricate del rispetto dell’ordine pubblico e della incolumità delle persone, non solo deve essere comprovato, ma richiede una adeguata valutazione non del singolo episodio ma anche della personalità del soggetto sospettato che possa giustificare un giudizio necessariamente prognostico sulla sua inaffidabilità, atteso che la mera denuncia all’Autorità giudiziaria non è circostanza che da sola possa giustificare l’adozione di un divieto di detenzione di armi o la revoca ovvero il diniego del porto d’armi.

 

In particolare, se gli elementi che vengono in rilievo attengono a denunce penali, l’Autorità di polizia non può limitarsi a richiamarle acriticamente o a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo, ma deve (anche) vagliare l’esito dei relativi procedimenti penali, specialmente se si tratta di denunce assai risalenti nel tempo, nonchè verificarne con maggiore rigore la rilevanza, avuto, altresì, riguardo alla condotta attuale del richiedente.

In ipotesi del genere, si impone, dunque, una nuova e aggiornata valutazione, tale da integrare – a seguito di approfondimento istruttorio – una motivazione rigorosa che investa, nel rispetto dei canoni di ragionevolezza e di coerenza, il complesso della condotta di vita recente del soggetto interessato.

 

 

Che cosa possono fare i soggetti destinatari di un provvedimento di revoca della licenza da parte del Questore?

 

Possono: 

1) proporre ricorso gerarchico al Prefetto nel termine di 30 giorni;

2)  proporre ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale ( T.A.R.) nel termine di 60 giorni.

 

 

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Termine notifica autovelox: da quando decorre?

Termine notifica autovelox: il termine decorre dal giorno del flash

decorso notifica verbale
il termine per la notifica della multa rilevata con autovelox…

L’appuntamento di lavoro incombente, la moglie a casa che aspetta, la partita di calcetto che incomincia, l’ultima puntata della serie Tv preferita.
Ognuno potrebbe aggiungere le sue buone ragioni, ma – come recitava la vecchia canzone del buon Riccardo – “non c’è mai una ragione ” per pigiare il pedale dell’acceleratore oltre i limiti di velocità consentiti.
Se – malgrado ciò, e come spesso avviene – si avesse indugiato oltre modo nell’impegnare le strade alla stregua di novelli Hamilton e si temesse di essere stati gentilmente ritratti da qualche apparecchio, altrimenti detto autovelox, quanto tempo si dovrebbe attendere per appurare di che morte si deve morire?
90 giorni, stabilisce il codice della strada.
Più precisamente – art 201 – “Qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con la indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro novanta giorni dall’accertamento, essere notificato all’effettivo trasgressore o, quando questi non sia stato identificato e si tratti di violazione commessa dal conducente di un veicolo a motore, munito di targa, ad uno dei soggetti indicati nell’art. 196, quale risulta dai pubblici registri alla data dell’accertamento.”Se non subito, pertanto – e deve essere esplicitato il motivo per cui non è stata possibile una contestazione immediata – il verbale di contestazione va notificato entro 90 giorni dall’accertamento della violazione.

E qui viene il bello.
In cosa consiste “accertamento della violazione“?

flash autovelox
…decorre dal giorno del flash

Nel giorno in cui è avvenuto il fatto sanzionato, oppure in quello in cui gli uffici competenti hanno preso visione della foto che ha documentato l’infrazione?
Il giorno del “flash” ha, definitivamente e recentissimamente, stabilito il Tar Lombardia.
Il Tribunale amministrativo meneghino, infatti, chiamato a decidere su una class action promossa da una associazione di categoria, ai sensi dell’art. 1, D.Lgs. n. 198 del 2009 (ricorso per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni), è stato categorico sul punto, richiamando, tra l’altro, una circolare del ministero dell’interno che espressamente aveva precisato che “in linea di principio e salva la necessità di acquisire informazioni indispensabili da altri organismi, il dies a quo per la decorrenza dei termini non può che essere individuato in quello della commessa violazione”.
La Sentenza: T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., (ud. 06-06-2017) 07-06-2017, n. 1267

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Contestazione multe. Autovelox: un particolare caso di nullità della multa

Contestazione multe. Quando è possibile contestare una contravvenzione?

La regola generale prevede che, qualora sia possibile, la contravvenzione debba sempre esser contestata immediatamente al trasgressore: l’eccezione è accettata solo quando l’inseguimento o l’arresto dell’auto è pericoloso per motivi di traffico.

contestazione multe
Contestazione multe autovelox

Vi sono dei casi in cui il Prefetto, in relazione a determinate strade, può preventivamente autorizzare la contestazione non immediata.

In tal caso, la Corte di Cassazione ha più volte stabilito il principio per cui il verbale di contestazione della contravvenzione deve necessariamente riportare gli estremi dell’autorizzazione prefettizia.

In particolare, la Cassazione distingue tre ipotesi:

1) in un centro abitato, la contravvenzione è legittima solo se, con autovelox montato su cavalletto, l’automobilista viene fermato immediatamente con relativa contestazione .In poche parole, oltre allo strumento, ci deve essere anche la polizia a controllarne il funzionamento.
2) Il discorso è diverso per le autostrade, dove l’autotovelox non è sottoposto ad alcun limite e pertanto non è necessaria la presenza fisica della polizia.
3) Il caso più ostico è quello relativo alle strade urbane ad alto scorrimento, dove l’autovelox può essere attivato anche senza la presenza della polizia, ma solo dopo l’autorizzazione del Prefetto: autorizzazione che deve essere appunto indicata nel verbale di contestazione.

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Ancora sull’obbligo comunicazione dati del conducente

L’obbligo di comunicare i dati del conducente da parte del proprietario del veicolo nel caso sia contestata una violazione che comporta la decurtazione dei punti patente non può essere sospeso o eliminato né dall’eventuale ricorso avverso la violazione principale, né dall’eventuale pagamento della multa correlata alla violazione del Codice della Strada presupposta.
E’ quanto ha più volte chiarito, anche recentemente la Corte di Cassazione (si veda per esempio la sentenza n. 24233 del 29.11.2016) secondo cui l’obbligo di comunicare i dati costituisce un distinto obbligo (sanzionato a sua volta autonomamente) che nasce dalla richiesta avanzata dall’Amministrazione.
In sostanza, anche qualora si faccia ricorso o si paghi la multa, è sempre necessario comunicare i dati del conducente per non incorrere nella sanzione di cui all’art. 126 bis codice della Strada che va da un minimo di euro 286 ad un massimo di euro 1142.

Mancata comunicazione dati conducente

Mancata comunicazione dati conducente
Cosa comporta la mancata comunicazione dati conducente?

A seguito della contestazione non immediata di una violazione che comporta la decurtazione di punti della patente l’art. 126 bis Codice della Strada pone al proprietario del veicolo l’obbligo di comunicare i dati del conducente.

Cosa capita per la mancata comunicazione dati conducente?
Capita spesso che il suddetto proprietario dimentichi di provvedere a tale incombnza e, in tal caso, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 286 a euro 1142.

E’ importante notare che detta seconda sanzione deve essere notificata entro il termine di 90 giorni dalla violazione: e cioé da quando scade il termine 60 giorni per il proprietario di comunicare i dati del conducente.

Ecco un esempio: una multa viene notificata il 1.01.2017. Entro 60 giorni, e quindi entro il 1.03.2017, il conducente deve inviare la comunicazione con i dati del conducente. Se non lo fa, il termine di 90 giorni per la notifica della seconda multa inizia a decorrere il 2.03.2017.

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