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Beni ambientali: interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica

Beni ambientali: interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica

Il DPR n. 31 del 2017 contiene il Regolamento “recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata”.

In particolare, l’art. 2 stabilisce che “ Non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all’Allegato A“.

Tale allegato contiene un lungo elenco di interventi che non sarebbero soggetti ad autorizzazione paesaggistica.

L’uso del condizionale è, però, d’obbligo in quanto molte voci dell’elenco sono caratterizzate dalla presenza di specifiche condizioni e particolari presupposti per l’operatività dell’esclusione della preventiva autorizzazione paesaggistica.

Sulla concreta applicazione del Regolamento, il Mibact (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) ha anche emanato una circolare interpretativa (la n. 42 del 21 luglio 2017) che, per quel che qui interessa, ha affrontato il problema di chi debba e di come debbano essere accertati i presupposti e le condizioni per l’operatività della “liberalizzazione” degli interventi e delle opere ricomprese nell’allegato A.

Orbene” – si legge testualmente nella circolare – “il sistema dell’allegato A, postula, trattandosi di interventi liberi, per i quali è per l’appunto esclusa la previa autorizzazione paesaggistica, che sia affidata al privato proprietario, possessore o detentore del bene ( e da questi effettuata, personalmente o mediante i suoi tecnici di fiducia) la valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti e delle condizioni alle quali le singole voci subordinano l’effetto di esclusione della previa autorizzazione”.

Il punto problematico” – osserva sempre la circolare – riguarda, evidentemente, il modo attraverso il quale il privato possa e debba procedere a questa assunzione di autoresponsabilità. Il regolamento del 2017, infatti, non prevede alcun adempimento preventivo (ad esempio, una sorta di c.i.l.a. paesaggistica)”.

“Tale scelta” – si legge sempre nella circolare – è stata dettata dall’esigenza di non introdurre ulteriori adempimenti a carico dei privati, che avrebbero potuto in non pochi casi sovrapporsi a quelli già previsti per la materia edilizia”.

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Interventi esclusi dalla autorizzazione paesaggistica: al privato ogni responsabilità

 

Ora, se, da un lato, appare senz’altro condivisibile la volontà di non appesantire ulteriormente le pratiche edilizie, dall’altro lato, appare evidente che, in tal modo, si fa gravare tutta sul privato (e sul suo tecnico) la responsabilità di verificare se sono rispettate tutte le condizioni e i presupposti previsti nel citato allegato A (che, talvolta, non sono di immediata comprensione).

E la scelta del privato potrebbe avere  conseguenze anche rilevanti.

Qualora, infatti, si realizzasse un intervento ritenuto libero e che invece non rispettasse tutte le condizioni, ci si troverebbe di fronte ad un intervento per il quale sarebbe stato necessario ottenere la preventiva autorizzazione paesaggistica: ed in relazione al quale troverebbero applicazione le relative sanzioni.

Piano Casa e fascia di rispetto stradale

 

Piano Casa e fascia di rispetto stradale: facciamo il punto .

 

Secondo la Regione Veneto il Piano Casa non si dovrebbe applicare ad immobili ricadenti nella fascia di rispetto.

La risposta, negativa, è stata data ad un quesito sottoposto da un Comune tramite un semplice parere

Al riguardo, la Regione ha ricordato che, secondo l’art. 9 della LR 14/09, i benefici previsti dal Piano Casa non si applicano agli edifici ricadenti nelle aree di inedificabilità assoluta.

Ora, secondo l’ente amministrativo anche le fasce di rispetto previste dal Codice della Strada sarebbero inedificabili e, quindi, sarebbero escluse dall’applicazione del piano casa le costruzioni ubicate nelle zone di protezione delle strade.

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Secondo un parere della Regione Veneto non si potrebbe applicare il Piano Casa agli immobili ricadenti in fasce di rispetto stradale

Secondo la Regione non si potrebbe applicare il piano casa neppure nell’ipotesi in cui l’ampliamento si configurasse quale “corpo separato” e venisse realizzato al di fuori della fascia di rispetto stradale “per carenza del presupposto di applicabilità previsto dalla legge”, dato che l’edificio principale si troverebbe in zona vincolata.

Ora, se appare senz’altro condivisibile l’interpretazione regionale qualora si volesse realizzare l’ampliamento all’interno della fascia di rispetto (cosa espressamente vietata dal Codice della Strada, che non consente di realizzare nuove costruzioni o ampliamenti delle stesse), troppo restrittiva sembrerebbe quella relativa ai corpi separati realizzati al di fuori della fascia di rispetto stradale, dato che in questo caso non verrebbe in alcun modo pregiudicata la finalità della fascia di rispetto, che è quella di permettere un futuro allargamento della sede stradale.

Sarà, come al solito, la giurisprudenza del TAR a stabilire se l’interpretazione regionale è  troppo restrittiva e, per il momento, non si rinvengono sentenze sul punto.

 

La Legge della Regione Veneto n. 14 del 2017 sul contenimento del consumo di suolo era davvero necessaria?

 Una nuova Legge sul consumo di suolo.

 

La nuova Legge Regionale del Veneto, la n. 14 del 2017, si prefigge sicuramente un importante obiettivo etico che è quello di “ridurre progressivamente il consumo di suolo non ancora urbanizzato per usi insediativi e infrastrutturali, in coerenza con l’obiettivo europeo di azzerarlo entro il 2050”.

 

Nessuno avrebbe nulla da dire al riguardo se non fosse che, a causa della grave crisi economica che ha in particolar modo colpito il settore dell’edilizia, il consumo di suolo di fatto è già azzerato, nel senso che ormai non si costruisce più.

consumo di suolo
Era necessaria una legge di contenimento del consumo di suolo durante la crisi edilizia?

 

Ora, poiché la legge è entrata in vigore da qualche giorno (precisamente il 24 giugno 2017), ai sensi dell’art. 13 della medesima legge, in Veneto, salvo alcune deroghe previste dallo stesso articolo, “non è consentito consumo di suolo e “non è consentita l’introduzione nei piani territoriali ed urbanistici di nuove previsioni che comportino consumo di suolo” fino a quando la Giunta Regionale non adotterà (entro 180 giorni) un provvedimento in cui stabilirà, tra le altre cose, “la quantità massima di consumo di suolo ammesso nel territorio regionale”.

 

In sostanza, l’attività edilizia per i prossimi 180 giorni (6 mesi) è di fatto bloccata: poi si vedrà cosa succederà quando la Giunta Regionale avrà adottato il sopra richiamato provvedimento.

 

Orbene, è pur vero che, in futuro, gli interventi edilizi avranno ad oggetto soprattutto la “riqualificazione urbana” (art. 6) e la “rigenerazione urbana sostenibile”: ma era davvero necessario sancire per legge (come se non ci avesse già pensato la crisi economica) il divieto di consumo di suolo? O, forse, non sarebbe stato sufficiente prevedere dei forti incentivi economici (che nella legge sembrano mancare) per riqualificare il territorio già edificato?

 

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Fascicolo del fabbricato obbligatorio: il disegno di legge al vaglio del senato

Disegno di legge sul fascicolo del fabbricato obbligatorio.

fascicolo obbligatorio
A seguito dei recenti eventi sismici il fascicolo del fabbricato sarà obbligatorio

Nell’ultimo periodo, anche a causa degli eventi sismici che hanno colpito diverse aree della nostra Penisola, si è parlato molto di fascicolo del fabbricato che dovrebbe essere una sorta di “carta d’identità” degli edifici in cui vengono riportate le caratteristiche salienti di ogni immobile: geologiche, urbanistiche, strutturali e manutentive.

Il fascicolo, quindi, grazie a queste informazioni, dovrebbe aiutare a conoscere le condizioni degli edifici e a prevedere il comportamento in caso di calamità naturali.

Proprio in questi giorni è approvato in Senato un nuovo disegno di legge che stabilisce novità a proposito del fascicolo: il documento sarà redatto da un professionista e sarà obbligatorio per ogni immobile di proprietà privata presente nel territorio italiano.

Il disegno di legge impegna le Regioni, entro il 31 dicembre 2017, ad adottare misure finalizzate a rendere obbligatoria l’istituzione del fascicolo del fabbricato e a stabilire che l’aggiornamento del fascicolo avvenga con una cadenza non superiore a tre anni.

Il fascicolo del fabbricato dovrà contenere tutte le informazioni attinenti alla costruzione dell’edificio e alle sue pertinenze, registrare le eventuali modifiche apportate al progetto originario e ogni forma di lavoro eseguito.

Dovrà inoltre contenere tassativamente: a) la localizzazione del bene immobile; b) la tipologia delle fondazioni, delle elevazioni e della struttura portante; c) le planimetrie e i grafici o, in loro assenza, un rilievo geometrico, che descrivono le caratteristiche, incluse quelle volumetriche o dimensionali, dell’immobile al momento della predisposizione del fascicolo, evidenziando le eventuali modifiche strutturali intervenute; d) l’epoca di costruzione, il sistema e i materiali utilizzati; e) la situazione catastale storica e corrente; f) le pertinenze edilizie prive di autonoma destinazione; g) le segnalazioni al proprietario e alle amministrazioni di eventuali elementi di criticità statica, sismica o geologica, nonché delle carenze documentali essenziali alla valutazione della sicurezza; h) la rilevazione della eventuale presenza di fessurazioni o lesioni; i) le caratteristiche geologiche del suolo e del sottosuolo.

CONSUMO DI SUOLO: LEGGE REGIONALE VENETO N. 14 DEL 6 GIUGNO 2017

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La nuova Legge regionale per contenere il consumo di suolo

Consumo di suolo: la nuova Legge regionale Veneto n. 14/2017

E’ stata pubblicata sul Bur del 9 giugno 2017 la LR Veneto n. 14/2017 recante disposizioni per il contenimento del consumo di suolo.
Lo scopo dichiarato di tale legge è quello di ridurre progressivamente il consumo di suolo non ancora edificato, coerentemente con l’obiettivo europeo di azzerarlo entro il 2050.
Infatti, la nuova legge regionale stabilisce che l’obiettivo del contenimento del consumo di suolo sarà gradualmente raggiunto nel corso del tempo e sarà soggetto a programmazione regionale e comunale.
Nello specifico, la Giunta Regionale dovrà stabilire entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la quantità massima di consumo di suolo ammesso nel territorio regionale nel periodo preso a riferimento e la sua ripartizione per ambiti comunali o sovracomunali omogenei, sulla base delle specificità territoriali e delle informazioni fornite dai comuni. La quantità massima del consumo di suolo ammesso nel territorio regionale sarà sottoposta a revisione almeno quinquennale. I comuni approveranno la variante di adeguamento dello strumento urbanistico generale al provvedimento di Giunta regionale
Particolare importanza rivestono le previsioni volte alla riqualificazione edilizia ed ambientale e alla rigenerazione urbana, che indicano forme ed azioni quali la demolizione di opere incongrue o di elementi di degrado, il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di tipologie edilizie urbane a basso impatto energetico e ambientale.
Viene, infine, istituito uno specifico fondo regionale per: a) il rimborso delle spese di progettazione degli interventi previsti nei programmi di rigenerazione urbana sostenibile; b) il finanziamento delle spese per la redazione di studi di fattibilità urbanistica ed economico-finanziaria di interventi di rigenerazione urbana; c) il finanziamento delle spese per la demolizione delle opere incongrue, per le quali il comune, a seguito di proposta dei proprietari, abbia accertato l’interesse pubblico e prioritario alla demolizione.

 Il testo della Legge Regionale n. 14/2017

 

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L’apertura di porte e finestre richiede il permesso di costruire

Apertura di porte e finestre solo con il permesso di costruire

 

Il Decreto “Sblocca Italia” del 2014, volendo facilitare gli interventi sul patrimonio edilizio esistente per consentire l’ammodernamento e la migliore vivibilità anche per ovvie ragioni di igiene e sicurezza ha, per così dire liberalizzato, gli interventi edilizi “minori”

porte finestre permesso di costruire
Per poter aprire nuove porte o finestre ci vuole il permesso di costruire

Così, ad esempio, il frazionamento o l’accorpamento delle unità immobiliari che, prima del decreto erano considerati come nuove costruzioni e richiedevano sia il permesso di costruire che il pagamento del contributo di costruzione, sono ora ricompresi nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinari: per realizzare i quali è sufficiente una semplice comunicazione di inizio lavori asseverata da un tecnico (CILA).

In particolare, il decreto Sblocca Italia ha previsto che rientrano nella categoria della manutenzione straordinaria anche gli interventi “consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione di uso”

La giurisprudenza, anche recente, ha, tuttavia, avuto modo di precisare che, se si ottiene il frazionamento tramite l’esecuzione di opere (come, ad esempio, l’apertura di varchi esterni che consentono autonomo ingresso a ciascun locale frazionato) comportanti un ampliamento ed una modifica della sagoma e del prospetto del fabbricato, in tal caso l’intervento è ancora soggetto al permesso di costruire.

In particolare, il TAR Campania, con sentenza del 10.5.2017, ha precisato che il frazionamento (in vari ambienti autonomi e separati) di un’unità immobiliare preesistente non implica (necessariamente) l’apertura di nuove porte o finestre sul prospetto dell’edificio interessato, per cui tali opere non si potrebbero considerare comprese nell’ambito della liberalizzazione prevista dal decreto Sblocca Italia.

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quando serve la Scia in edilizia?

Quando serve la Scia in edilizia? La domanda è  d’obbligo perché se fino a qualche tempo fa per realizzare un intervento edilizio si poteva scegliere soltanto fra permesso di costruire e Dia, ora le modalità sono cambiate. In sostanza, il Testo unico in materia di edilizia (DPR 380 del 2001) prevede 5 casi: attività libera, CILA, SCIA, permesso di costruire, scia alternativo al permesso di costruire. Fino a poco fa c’erano addirittura altre 2 possibilità: CIL e super Dia
Vediamo ora quando si utilizza la Scia.
La Scia, o Segnalazione Certificata di Inizio Attività consente di iniziare i lavori il giorno stesso in cui si presenta la documentazione.
In particolare, si deve utilizzare la Scia, che ha sostituito la Dia, per i lavori di seguito elencati:
-gli interventi di manutenzione straordinaria sulle parti strutturali dell’edificio (per gli interventi sulle parti non strutturali è sufficiente un procedimento più semplice, e cioè la Cila, o Comunicazioni inizio lavori asseverata)
-interventi di restauro e risanamento conservativo riguardanti le parti strutturali dell’edificio;
-interventi di ristrutturazione edilizia
-alcuni tipi di variante al permesso di costruire.
In alcuni casi, è possibile utilizzare la scia in alternativa al permesso di costruire. Si tratta comunque di casi in cui, dopo la presentazione della Scia, è necessario attendere almeno 30 giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori.

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Rilascio e rinnovo permesso di soggiorno

L’art. 5 comma 5 del Testo Unico sull’Immigrazione prevede che il rilascio e rinnovo permesso di soggiorno siano rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso sia revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili.

rilascio e rinnovo permesso di soggiornoDalla mancanza degli elementi cui l’ordinamento subordina l’ingresso ed il soggiorno dalla disposizione normativa sopra citata sembrerebbe obbligatoriamente discendere quindi non solo il rifiuto del titolo ma anche il venir meno di quello già rilasciato.

Il Tar Campania, tuttavia, in una recente decisione (sentenza n. 596 del 27.1.2017) ha ricordato che in base alla stessa norma è obbligo dell’amministrazione “considerare eventuali, sopraggiunti nuovi elementi, mancanti ad un primo esame, e che risultino invece successivamente posseduti” a favore del rilascio del provvedimento, purché evidenziati dall’interessato in un momento anteriore rispetto all’adozione della decisione definitiva (art. 5, comma 5, D.Lgs. n. 286/1998).

Ai fini della legittimità del provvedimento di rigetto quindi non è sufficiente la valutazione degli elementi antecedenti alla scadenza del titolo di cui si chiede il rinnovo ma è necessaria anche la valutazione delle eventuali sopravvenienze.

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Piano casa: sulle distanze interviene l’interpretazione autentica della Regione

Piano casa: qualche chiarimento sulle distanze.

piano casa
Piano casa: le distanze

La Regione Veneto prende le mosse dalle interpretazioni – rimeditazioni del Tar  Veneto in materia di distanze dal confine nell’ambito di ampliamenti conseguenti al piano casa.

Come è noto, la Legge Regionale n. 14/2009, allo scopo di promuovere misure per il sostegno del settore edilizio, ha consentito l’ampliamento di edifici esistenti al 31 ottobre 2013 in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali, ivi compresi i piani ambientali dei parchi regionali nei limiti del 20 per cento del volume, o della superficie e comunque fino a 150 metri cubi per gli edifici residenziali unifamiliari da destinarsi a prima casa di abitazione.

Per gli ampliamenti rimanevano  “salve le disposizioni in materia di distanze previste dalla normativa statale vigente”.

L’interpretazione che ne conseguiva era che fossero derogabili le disposizioni non statali in materia di distanze.

Interpretazioni suffragate da un florilegio di sentenze del Tribunale amministrativo Regionale (Tar Veneto, Sez. II, 6 febbraio 2014, n. 151; 24 ottobre 2013, n. 1213; 13 giugno 2013, n. 835;  21 ottobre 2010, n. 5694).
In una recentissima pronuncia, riportata da questo sito al seguente link http://www.avvocatibertovicenza.it/distanze-il-piano-casa-non-deroga-alle-distanze-dai-confini/ , il Tar aveva dato l’altolà a siffatte argomentazioni, e con un revirement totale aveva rimeditato le precedenti pronuncie, arrivando a negare la legittimità di costruzioni derogatorie dagli strumenti urbanistici locali, pur in applicazione del piano casa.

Ebbene, la Regione Veneto, con la Legge R. n. 30 del 30 dicembre 2016- Collegato alla legge di stabilità regionale 2017 – ha stabilito l’auspicata chiarezza, fornendo un’interpretazione autentica della legge sul punto e precisando, una volta per tutte,  che “Le norme di deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti Piano casa le distanzeurbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali” di cui alla legge sul piano casa “devono intendersi nel senso che esse consentono di derogare ai parametri edilizi di superficie, volume, altezza e distanza, anche dai confini, previsti dai regolamenti e dalle norme tecniche di attuazione di strumenti urbanistici e territoriali”  fermo restando quanto previsto dalla legislazione di emanazione statale”.

Non solo “Gli eventuali provvedimenti di rigetto o di annullamento emessi dal comune sulla base di una interpretazione degli articoli 2, comma 1, 6, comma 1, e 9, comma 8, della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14, diversa da quella indicata al comma 1, sono riesaminati alla luce di quanto previsto dai medesimi”.

 

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Distanze: il piano casa non deroga alle distanze dai confini

deroga distanze confini
Deroga distanze confini?

Piano casa deroga distanze dai confini?

Recentemente, il Tar Veneto ha “rimeditato” il proprio pensiero in materia di distanze.

Fino a poco tempo fa, riteneva che le disposizioni sulle distanze dai confini, previste dai piani regolatori comunali,dovessero intendersi derogate in base all’art. 2, comma 1 della Legge Regionale Veneto n. 14 del 2009 (cd Legge sul Piano Casa).

Si ammettevano gli interventi di ampliamento ivi contemplati appunto in deroga alle previsioni dei regolamenti urbanistici comunali.

Il Giudice amministrativo veneto, mutando radicalmente avviso, a partire dalla sentenza n. 1329 del 2015 (recentemente confermata dalla sentenza 1128 del 2016) ha ritenuto che le disposizioni della normativa sul piano casa sono di “stretta interpretazione” nel senso che “la deroga ha ad oggetto esclusivamente i parametri di regolamento o di piano che fissano la quantità di volume o di superficie”.

Ora, poiché nel Piano Casa non è prevista una espressa deroga anche alle distanze previste dagli strumenti urbanistici, si giunge alla conclusione, sostiene il TAR, “che le stesse non possono ritenersi derogate”.

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