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Due testamenti in un unico documento?

testamento congiunto
Io e te: un unico testamento???

Uniti sempre, divisi mai.
Un bellissimo motto auspicabile in qualsiasi ambito della vita di coppia, tranne….nella redazione del testamento.
Lì la libertà del singolo è sovrana e l’altro deve rimanere…fuori dalla porta.
Il principio è solennemente stabilito dal legislatore, il quale ha voluto espressamente sancire la sanzione di nullità dell’atto di ultima volontà redatto congiuntamente da più persone.
L’ipotesi è quella prevista dall’art. 589 cc, il quale determina che “non si può fare testamento da due o più persone nel medesimo atto, nè a vantaggio di un terzo, nè con disposizione reciproca”.

Si tratta del testamento reciproco – in cui, per esempio, marito e moglie confezionano tale atto insieme, in un medesimo scritto, l’uno a favore dell’altro, sottoscrivendo il tutto di proprio pugno – e di testamento congiunto – sempre per rimanere nell’esempio di prima, babbo e mamma predispongono assieme il loro testamento, congiuntamente e in un unico atto, a favore del figlio, della parrocchia, di un nipote, di un terzo.

Non si può.
Niet. Nullo.

Il motivo risiede, appunto, nella massima tutela della libertà testamentaria: bisogna esser liberi di manifestare le proprie determinazioni senza impulsi esterni e di poterle, eventualmente, revocare senza ostacolo alcuno.

L’invalidità sussiste anche a prescindere da una qualsiasi indagine sulla sussistenza di un accordo tra i testatori a disporre dei propri beni in un determinato modo.

due testamenti
Due testamenti in un unico documento?

Grido d’allarme per coloro i quali abbiano redatto testamento l’uno a favore dell’altro o a favore del medesimo beneficiario non già con atto unico, ma con scritti separati, magari riportanti la stessa data.
Stiano tranquilli.
E’ ipotesi differente rispetto a quelle previste dalla norma sopra indicata.

In tal caso, infatti, non è stata rinvenuta “quella presunzione assoluta di mancanza di una libera estrinsecazione della volontà dei testatori propria del testamento congiuntivo, legata quindi alla manifestazione di volontà dei testatori in un documento unitario” (Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-04-2012, n. 5508; Cass. 18-7-1959 n. 2364)
Da ultimo, una riflessione sui testamenti redatti non già unitamente da due testatori, ma con due manifestazioni di volontà, con due scritti diversi contenuti nella medesima carta.

Qui assistiamo ad un contrasto tra dottrina – che riconduce nel novero della nullità tali ipotesi, ritenendo anche in questo caso sussistente l’esiziale condizionamento della libertà testamentaria – e giurisprudenza, che con due sole pronunce intervenute sul punto, ha considerato   di non dubitare “della legittimità dei testamenti cosiddetti simultanei, ovvero di quelle dichiarazioni di ultima volontà contenute in un medesimo documento, ma autonome tra di loro”

Un consiglio: risparmiare è una buon proposito, ma in punto testamentario meglio sprecare due fogli separati.

 

La rinuncia all’eredità

rinuncia all'eredità
Si può ritrattare la rinuncia all’eredità?

Semel heres, semper heres.
Una volta che si è divenuti eredi, tali si rimarrà, senza potersi spogliare di questa qualifica.
Non si può tornare indietro.
Alternativamente e prima dell’eventuale accettazione, è data al chiamato all’eredità (che non sia nel possesso dei beni ereditari) una duplice possibilità: lasciar decorrere il tempo senza assumere alcuna iniziativa – si ricorda che il termine di prescrizione per accettare l’eredità è di dieci anni – oppure rinunciare a divenire erede.

La rinuncia all’eredità deve essere formale, ovvero deve necessariamente essere compiuta tramite dichiarazione ricevuta da notaio o da cancelliere del Tribunale e inserita nel registro delle successioni.

Tale scelta non è tombale: può essere anche modificata, tramite revoca della rinuncia, purchè non sia prescritto il diritto di accettare l’eredità e soprattutto non sia stata “acquistata” da altri chiamati.
Il fenomeno della rinuncia all’eredità, infatti, comporta inevitabilmente l’esigenza di individuare i destinatari della porzione ereditaria rimasta senza titolare.

La legge, al riguardo, opera una distinzione: se la successione è legittima, ossia senza testamento, la parte del rinunciante va ad accrescere quella di coloro i quali avrebbero con lui concorso. Se il rinunciante sarebbe stato l’unico erede, a lui subentreranno coloro i quali sarebbero stati eredi in sua assenza.

Se la successione è testamentaria, la quota del rinunziante accresce quella degli altri coeredi che con lui avrebbero concorso, oppure, in difetto, si devolve agli eredi legittimi, ossia quelli che sarebbero stati tali se non vi fosse stato testamento.

In entrambi i casi, si provvederà come sopra purchè non sia operante l’istituto della rappresentazione (i figli subentrano ai diritti del rinunziante se costui è a sua volta figlio o fratello del de cuius) o , nel caso di successione testamentaria, il defunto rinuncia ereditànon abbia disposto diversamente, sostituendo preventivamente colui il quale non intendesse accettare l’eredità con altro soggetto.

Ben potrebbe accadere, in quest’epoca di crisi economica, che un soggetto – sommerso dai debiti – rinunzi all’eredità per non offrire in pasto ai creditori beni su cui soddisfarsi.
A questi ultimi la legge riconosce la possibilità di agire in giudizio per poter farsi autorizzare dal Tribunale ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti.
Ciò anche se nel frattempo l’eredità sia stata accettata da ulteriori chiamati o sia stata ad essi devoluta per accrescimento in caso di concorso ( Trib. Roma, 11/05/2005)
Ad essi, eventualmente,  sarà data la possibilità di sottrarsi all’azione esecutiva con il rilascio dei beni ereditari oppure offrendo ai creditori l’equivalente di quanto si sarebbe potuto ricavare dalla vendita dei beni stessi.

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Eredità debiti: quando i debiti superano l’attivo

Eredità debiti: “damnosa hereditas” la definivano i latini.
Un rischio potenzialmente assai dannoso.

eredità debiti
Eredità debiti: l’accettazione col beneficio di inventario

Talvolta, accettando un’eredità, è possibile che le passività superino le attività lasciate.
In questo caso si realizza la  “confusione patrimoniale” tra defunto ed erede. Quest’ultimo risponderà dei debiti del suo dante causa tanto con ciò che avrà ricevuto a titolo successorio, quanto col proprio patrimonio personale, anche oltre quello che ne sarà conseguito.
In buona sostanza, se Tizio morisse, lasciando 100 euro di attivo e 1000 di passivo, Caio, l’erede, potrebbe essere tenuto a corrispondere la differenza di 900 euro di tasca propria.
Per evitare questi rischi, la legge offre l’utile rimedio dell’accettazione col beneficio di inventario: un istituto obbligatorio nel caso in cui chiamati all’eredità fossero minorenni, incapaci (interdetti, inabilitati) o persone giuridiche e associazioni -proprio per evitare il pericolo di eredità dannose – ma estensibile a quanti volessero tutelarsi da tale rischio.
Il risultato di tale procedura è che l’erede non sarà tenuto al pagamento dei debiti ereditari oltre il valore dei beni pervenuti.
Intra vires, per dirla ancora in latino: nei limiti di quanto ricevuto.
Come regolarsi?
In due modi.

  1. Facendo eseguire, da un cancelliere del Tribunale o da un notaio, l’inventario di tutti i beni del defunto, in cui verranno indicate attività e passività.
    Attenzione: compiuto l’inventario, il chiamato all’eredità avrà un termine di 40 giorni per deliberare se accettare o rinunciare all’eredità. Trascorso questo termine senza aver deliberato, perderà il diritto di accettare l’eredità.
  2. Altrimenti, si potrà manifestare fin da subito l’accettazione con beneficio di inventario, per poi eseguire, entro il termine di tre mesi, l’inventario stesso.

non accettare ereditàNel caso in cui non provvedesse entro tale termine a detto incombente, l’accettante sarà considerato erede puro e semplice, con la “confusione” patrimoniale prima accennata.

Va rilevata una circostanza assai importante: qualora il chiamato all’eredità fosse nel possesso dei beni ereditari, avrà un termine di tre mesi per eseguire l’inventario. Trascorso detto periodo senza avervi provveduto, sarà considerato erede puro e semplice.

Da ultimo, un interessante sentenza del Tribunale di Pescara, ha rilevato che la semplice partecipazione del potenziale erede al compimento dell’inventario, non comporta di per sè accettazione di eredità, in quanto quest’ultima necessità di una formale accettazione o, comunque, da “manifestazioni inequivoche della volontà” di accettare l’eredità.

La sentenza: Trib. Pescara, 30/06/2016

 

Diritti ereditari del coniuge separato, parliamo della casa.

I diritti eredirari del coniuge separato sulla casa adibita a residenza familiare.

diritti ereditari del coniuge separato
Diritti ereditari del coniuge separato

Quando finisce un amore…non cessano i diritti ereditari del coniuge separato.
Ce lo dice l’art. 548 cc: il coniuge al quale non sia stata addebitata la separazione ha gli stessi diritti successori del coniuge separato.

Sono tali e quali i diritti ereditari del coniuge separato ?

Parrebbe di sì, ma con una precisazione eseguita da una recente pronuncia della Cassazione.
Infatti, vi è una disposizione di legge – l’art. 540 cc – che riconosce al coniuge, in caso di decesso del consorte, oltre ad una quota del patrimonio, variabile a seconda di quanti e quali concorrenti coeredi vi siano, anche i “diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano“.
La ragione di tale disposizione, come ricorda la Suprema Corte, è da rinvenire nella tutela “non tanto nell’interesse economico del coniuge superstite di disporre di un alloggio, quanto nell’interesse morale legato alla conservazione dei rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare“.
Non è, tanto, il bisogno dell’alloggio da parte del coniuge che diviene erede a essere tutelato, quanto altri interessi di natura non patrimoniale, che scaturiscono proprio dal rapporto matrimoniale intercorso, quali “la conservazione della memoria del coniuge scomparso, il mantenimento del tenore di vita, delle relazioni sociali e degli status symbols goduti durante il matrimonio”.

i diriritti ereditari del coniuge divorziato
Il coniuge separato ha gli stessi diritti di un coniuge non separato?

Ma approfondiamo ulteriormente il caso dei diritti ereditari del coniuge separato

Ebbene, i giudici ermellini si sono trovati a risolvere il seguente quesito: se al coniuge separato (a cui pure non è stata addebitata la separazione) spettano i medesimi diritti ereditari del coniuge non separato, gli competono anche i medesimi diritti d’abitazione della (ex) casa coniugale?
La risposta è stata: se il coniuge superstite nel frattempo ha stabilito la propria residenza altrove, e da un periodo di tempo apprezzabile, non può vantare tale diritto.

E’ una soluzione logica, oltre che di buon senso, e riposa sulla considerazione che se il coniuge a seguito della separazione è andato ad abitare altrove, non è più rinvenibile una “casa adibita a residenza familiare”. E ciò basti.
Specificamente, la Suprema Corte ha evidenziato che “Se il diritto di abitazione (e il correlato diritto d’uso sui mobili) in favore del coniuge superstite può avere ad oggetto esclusivamente l’immobile concretamente utilizzato prima della morte del “de cuius” come residenza familiare, è evidente che l’applicabilità della norma in esame è condizionata all’effettiva esistenza, al momento dell’apertura della successione, di una casa adibita ad abitazione familiare; evenienza che non ricorre allorchè, a seguito della separazione personale, sia cessato lo stato di convivenza tra i coniugi“.

La sentenza: Cass. civ. Sez. II, Sent., 12-06-2014, n. 13407

 

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Diritti ereditari del coniuge separato

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5 cose da sapere su come scrivere un testamento olografico valido

Come scrivere un testamento olografico valido?
Autografia, data e sottoscrizione.
Ecco i tre requisiti imprescindibili per la validità di un testamento olografo (cioè interamente scritto dal de cuius).

Vediamo insieme 5 cose importantissime da sapere su come scrivere un testamento olografico valido.

  1. Non sono richiesti formalismi particolari per quanto riguarda il contenuto delle nostre ultime volontà,

    come scrivere un testamento olografico valido
    Le 5 regole del testamento perfetto

    nè è necessario che esse debbano essere scritte su un documento particolare.

  2. Il vantaggio assoluto di tale tipo di testamento  è la massima libertà di forme, la possibilità di confezionarlo quando si vuole, anche più volte, e di poterlo custodire senza il minimo intervento di terzi.
  3. Per quanto riguarda la data, è stato ritenuto sufficiente che essa sia idonea a correttamente collocare nell’arco temporale la data della redazione del testamento, cosicchè se sono stati utilizzati termini simili, (es Natale 2016 anzichè 25 dicembre 2016) ma idonei a tale scopo, l’atto sarà perfettamente valido.
    Del pari se vi dovessero essere inesattezze nell’indicazione della data, (es 12.111.2017) dovute a mera disattenzione o ignoranza del de cuius, al giudice sarà concesso di rettificare l’incongruenza, anche mediante altri elementi intrinseci risultanti dalla scheda testamentaria.

    come scrivere testamento
    Quando è valido un testamento olografico?

    Del pari, non è stato ritenuto invalido un testamento privo di data, se non ci fossero elementi che richiedessero di accertare l’esatta collocazione temporale della sua redazione (ad esempio, una sopravvenuta incapacità del testatore, un secondo testamento da raffrontare, la sopravvenienza di figli).

  4. Per quanto riguarda il requisito della autografia, ossia l’intera stesura del testamento a mano del disponente, è stata severamente sancita la nullità dello stesso in ogni ipotesi di intervento del terzo che abbia guidato la mano del testatore, trattandosi di condotta che appare in ogni caso idonea ad alterare la personalità e l’abitualità del gesto scrittorio, costituenti requisiti indispensabili perché possa parlarsi di autografia.
    E’ stato precisato, tuttavia, in primis che ben possono essere allegati documenti redatti da terzi (ad es. planimetrie redatte da geometra) per descrivere meglio gli immobili ereditari, già compiutamente indicati nella scheda testamentaria.
    In secundis, si è considerato che il testamento olografo, alterato da terzi, possa conservare il suo valore allorché l’alterazione non sia tale da impedire l’individuazione dell’originaria genuina volontà che il testatore intese manifestare nella relativa scheda.
  5. Da ultimo, va sottolineato come il testamento debba assolutamente essere sottoscritto dal testatore, in quanto deve essere salvaguardata l’imprescindibile esigenza di avere l’assoluta certezza non solo della  riferibilità dell’atto di ultime volontà al disponente, già assicurata dall’olografia, ma anche dell’inequivocabile paternità e responsabilità del medesimo nel disporre del suo patrimonio.

Poche formalità, insomma, ma assolutamente rigorose.

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La denuncia di successione comporta accettazione dell’eredità?

La denuncia di successione comporta accettazione dell’eredità?

 

La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito (con sentenza 31 ottobre 2016 n. 22017) il principio secondo cui “la denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta non comportano accettazione tacita dell’eredità.”


“Trattandosi di adempimenti fiscali che, in quanto diretti ad evitare l’applicazione di sanzioni, hanno solo scopo conservativo” e rientrano quindi tra gli atti previsti dall’art. 460 codice civile che il chiamato a succedere può compiere prima dell’accettazione o meno dell’eredità.

 

 

denuncia di successione
denuncia di successione comporta accettazione dell’eredità?

 

Il secondo comma dell’articolo prevede che il chiamato all’eredità (ossia colui che può accettare l’eredità, ma non lo ha ancora fatto), prima dell’accettazione della denuncia di successione, può compiere “atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea”.

Al contrario, ha chiarito sempre la Suprema Corte, c’è accettazione tacita dell’eredità quando vi è ricorso alla Commissione Tributaria contro l’avviso di accertamento del maggior valore notificato dall’Amministrazione finanziaria e la successiva stipulazione di un concordato per la definizione della controversia.


Questo perché questi atti non sono meramente conservativi ma tendono alla definitiva soluzione della questione fiscale.

 

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Impugnare il testamento. Se il testatore dichiara di aver già soddisfatto in vita i diritti ereditari del figlio..

Impugnare il testamento. A chi spetta?

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Quando impugnare il testamento?

Ci sono determinate categorie di parenti, i più prossimi al defunto (cd. legittimari: coniuge e discendenti, ed in assenza di questi ultimi, gli ascendenti), che hanno diritto ad una quota minima  (cd di riserva), indefettibile, del patrimonio del de cuius, che va calcolata su quanto egli ha lasciato in morte e quanto abbia donato in vita.

Come è noto, nel nostro ordinamento non si considera legittimo l’istituto della diseredazione per alcuni soggetti.
O meglio: il testatore può lasciar fuori dalle sue ultime volontà un parente tra i più prossimi, oppure può conferirgli una minima parte delle proprie sostanze, ma verrà concessa a tale soggetto la prerogativa di impugnare il testamento, chiedendo la riduzione di quanto lasciato agli altri eredi, financo impugnare le donazioni fatte in vita dal defunto, per veder reintegrata la propria quota di spettanza.
Ovviamente tale facoltà non spetterà a chi abbia già ricevuto dal defunto – tramite donazioni – più di quanto la legge gli abbia riservato come diritto ereditario.
E’ ipotesi frequente che il testatore, nel giustificare le proprie disposizioni, menzioni le donazioni fatte in vita a taluni soggetti, giustificando così una assente o minore attribuzione testamentaria nei loro confronti.

Circostanza corretta, se veritiera.
Sul punto, una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito alcuni paletti.

  • In primis, se non vi sia prova  delle donazioni enunciate nel testamento, ben sarà consentita al soggetto leso dalle ultime volontà di agire per veder ristorati i suoi diritti ereditari.
    Il legislatore, infatti, si è preoccupato di far sì che ad ognuno del legittimari considerati venga garantita una porzione del patrimonio del defunto, anche contro la volontà di quest’ultimo e pertanto, così come non è consentito al testatore sottrarre al legittimario la quota di riserva, allo stesso modo non gli è consentito ottenere lo stesso risultato attraverso la mera enunciazione di avere già tacitato il legittimario per la quota di riserva.
  • In secondo luogo, la Suprema Corte si è soffermata su chi incomba l’onere di provare la veridicità o

    ci-sono-circostanze-in-cui-e-possibile-impugnare-il-testamento
    Ci sono circostanze in cui è possibile impugnare il testamento.

    meno delle dichiarazioni effettuate dal defunto nel testamento.

  • Al riguardo – sottolineando in prima battuta che la dichiarazione del testatore di avere già soddisfatto il legittimario con donazioni costituisce dichiarazione che non può essere assimilata ad una confessione stragiudiziale, opponibile al soggetto leso,  in quanto nell’azione di riduzione il legittimario è terzo e tale dichiarazione sarebbe invece favorevole al testatore e ai suoi eredi e, invece, sfavorevole al legittimario –  una volta provato che le disposizioni testamentarie fossero lesive della legittima, è onere di chi abbia interesse a negare la violazione dei diritti del legittimario, provare l’esistenza di donazioni idonee ad escluderla.

Cass. civ. Sez. II, Sent., 15-05-2013, n. 11737

Diritto di abitazione della casa familiare al coniuge superstite

L’eredità della casa. Il nostro codice civile riconosce al coniuge superstite, quando concorra con altri chiamati all’eredità, i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano (art. 540 cc.)
A ben vedere, il riferimento disciplinato dal legislatore attiene all’ipotesi di successione testamentaria, nella quale a determinate categorie di soggetti sono riservate quote – indisponibili – del patrimonio del defunto.
Nell’ipotesi in cui si abbia successione legittima, ossia senza che sia stato redatto un valido testamento, non troviamo identico, specifico richiamo normativo al diritto di abitazione del coniuge superstite.
La Suprema Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 20703 del 10.09.2013, ha propeso per l’applicazione dell’art. 540 cc anche a quest’ultimo caso.

Al coniuge superstite che succede quale erede legittimo spetta il diritto reale di abitazione sulla casa familiare e il diritto di uso dei beni mobili che la arredano di cui all’art. 540, comma 2, c.c., che pur dettato in tema di successione necessaria trova applicazione anche alla successione intestata del coniuge.

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