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Come fare testamento?

Come fare testamento?

Sono già due anni che ho fatto testamento. Veramente, sai? Tanto a fare testamento non si muore mica prima!

Iniziare una mini guida citando una frase di Sandra Milo potrebbe scoraggiare il lettore più esigente.

Il messaggio che vogliamo passare è di farsi trovare preparati.

E’ vero, una volta che si avrà abbandonato questo mondo lasceremo i problemi a chi verrà dopo di noi. Se li grattassero.

Ciò che è certo è che la vita è fatta di relazioni, di affetti, di legami di parentela, di amicizie. Un nostro gesto, anche di carattere patrimoniale, può essere d’aiuto a chi resterà. Conoscere l’ABC su come fare testamento ci darà la possibilità di indirizzare questa attenzione ai nostri cari senza incorrere nel rischio che le nostre volontà possano essere disattese per vizi di forma o cavilli di legge.

E poi…si può sempre cambiare idea … se si sarà in tempo per farlo.

Come fare testamento?

Cos’è il testamento?

Domanda banale, tutti lo sanno.

E’ un atto con cui un soggetto viene a disporre di tutte le proprie sostanze o parte di esse per il momento in cui avrà cessato di vivere.

Ma lo sapevate che con il testamento si possono dare indicazioni anche di carattere non patrimoniale?

Ad esempio, con tale atto è possibile riconoscere un figlio (art. 254 cc), designare un tutore per il proprio figlio minore (art. 348 cc) ed anche un curatore che amministri i beni (art. 356 cc)  che gli vengano lasciati o donati.

Queste sono alcune disposizioni tipiche di carattere non patrimoniale previste dal legislatore. Altre, purché meritevoli di tutela e non contrarie a norme di legge, possono essere inserite in libertà dal testatore.

Libertà, un principio cardine in ambito testamentario.

Chi confeziona il proprio atto di ultime volontà deve essere libero da condizionamenti sul se e sul come redigerlo.

E nessuno ci deve mettere il naso.

Per questo motivo: sono vietati i cd patti successori (ossia accordi con cui si conviene con qualcuno in ordine alla propria successione. Ad esempio il patto con cui ci si impegna a nominare proprio erede qualcun altro); sono vietati i testamenti congiuntivi (con cui due persone dispongono delle proprie volontà nel medesimo atto) o reciproci (redatti nel medesimo documento da due persone, l’una in favore dell’altra, o con condizioni di reciprocità, ad es. questo testamento sarà valido solo se tu abbia nominato erede me nel tuo); non si può testare appoggiandosi ad un rappresentante delegato a redigere l’atto.

Una conseguenza di questa libertà è che si possa cambiare idea.

La revoca del testamento

Il testamento, infatti, può essere revocato.

Come?

Espressamente: distruggendolo, oppure con una apposita dichiarazione, redatta anch’essa per iscritto o in un nuovo testamento (ad esempio: “revoco ogni mia precedente disposizione testamentaria”)

Tacitamente: predisponendo un altro testamento con contenuto incompatibile con quello precedente (attenzione, non è detto che valga sempre soltanto l’ultimo testamento. Se non è contrastante col precedente potrebbe costituirne una integrazione), oppure vendendo o trasferendo il bene lasciato in eredità.

Quali requisiti per redigere testamento?

Il nostro codice non dice cosa ci voglia per essere capaci di disporre validamente per testamento. Indica cosa lo impedisce.

In particolare:

– la minore età. Il minorenne è incapace di testare e se anche lo facesse il testamento sarebbe nullo.

– la incapacità di intendere e di volere. Espressione della libera autodeterminazione testamentaria è la capacità di rendersi conto di ciò che si sta facendo quando si redigano le proprie ultime volontà.

l’interdizione. Il soggetto interdetto è dichiarato, a monte, incapace di provvedere ai propri interessi per un’abituale infermità di mente.

Tanto il soggetto sottoposto a misura di inabilitazione, tanto quello beneficiario di amministrazione di sostegno possono testare, non risultando alcuna preclusione normativa (a meno che, in caso di ADS, non sia stato esteso, appositamente, nel provvedimento del Giudice Tutelare, tale limitazione, prevista per l’interdizione).

Quali tipi di testamento?

La distinzione più frequente è tra testamento olografo e testamento pubblico.

Il testamento olografo

testamento olografo

è quello redatto interamente di proprio pugno (a mano) dal disponente.

E’ di gran lunga il modello più utilizzato per redigere le proprie ultime volontà.

Ciò per gli indubbi vantaggi offerti rispetto ad altre forme di testamento:

Innanzitutto è gratuito. Non necessitando di un professionista o di un notaio per la stesura, i costi sono pressoché azzerati.

La segretezza: nessuno verrà a conoscere le nostre determinazioni, non essendoci testimoni che possano presenziare alla redazione e non essendo necessario che il testamento sia custodito in luoghi predeterminati.

L’immediatezza: Si può predisporlo qui, ora. Quando si vuole. Ovunque ci si trovi. Su qualsiasi pezzo di carta. Senza rigide formalità. Altrettanto semplicemente si può modificare, revocare, cancellare.

Vi possono essere alcuni “contro”: la segretezza potrebbe essere eccessiva, il testamento nascosto troppo bene, così da non essere rinvenuto.

Ed ancora: magari si pensava che in quel posto nessuno ci avrebbe messo naso ed invece…

Potrebbe esserci il pericolo di sottrazioni o di distruzioni di quel documento di cui nessuno sapeva l’esistenza o il contenuto.

Oppure potrebbe verificarsi che qualcuno, commettendo un reato, abbia interesse affinché il testamento non venga pubblicato e lo disperda o distrugga dopo averlo rinvenuto.

Circostanze che potrebbero utilmente essere ovviate consegnando il testamento ad un professionista o ad una persona di fiducia che lo custodisca.

Elementi essenziali per il testamento olografo

Data, sottoscrizione, compilazione tutta eseguita di proprio pugno dal testatore.

La data: serve per collocare temporalmente il testamento. Come abbiamo visto ne possono essere redatti plurimi nel corso della vita di una persona.

Talvolta sono incompatibili tra loro. In questo caso prevarrà la disposizione redatta per ultima e l’indicazione della data sarà utile per operare questo bilanciamento.

Ovviamente la veridicità della data potrebbe essere oggetto di contestazione da parte di qualche interessato, ma questa guida riguarda soltanto l’ABC sul testamento e non è bene dilungarsi oltre.

La data è altresì utile per verificare la capacità mentale del testatore, elemento essenziale ai fini della validità dell’atto di ultime volontà. Collocare nel tempo il testamento darà la possibilità di verificare se, all’epoca, sia stato redatto da soggetto che presentasse patologie tali da perturbarne le facoltà psichiche oppure no.

Tale requisito è fondamentale anche per appurare se al momento della redazione il disponente avesse oppure no figli. In tale ultimo caso, come pure in quello in cui il testatore ignorasse di avere discendenti, opererà una speciale revoca di diritto del testamento “per sopravvenienza dei figli” (art. 687 cc) in cui il codice stesso priva di efficacia l’atto predisposto senza possibilità di conoscere circostanze ritenute fondamentali come quella in esame.

E’ ritenuto valido equipollente, in luogo dell’esatta indicazione di giorno/mese/anno, indicare specifiche ricorrenze di quella data: ad es. Natale 2018; Capodanno 2015, etc..

Se la data dovesse mancare il testamento potrebbe essere annullato su richiesta di chiunque vi avesse interesse.

Addirittura più grave la sanzione per il difetto o il vizio degli altri due elementi fondamentali, la sottoscrizione e l’autografia, per i quali è stabilita addirittura la nullità.

Con riferimento alla firma, deve essere apposta al termine delle disposizioni (è stato, infatti, ritenuto invalido quello sottoscritto in ogni foglio tranne quello finale) e deve permettere l’identificazione del testatore senza possibilità di errore (anche se la firma illeggibile potrebbe essere considerata valida se tratto abituale che contraddistingua il redattore).

Può sostituire il nome ed il cognome – se proprio proprio si deve – l’uso di pseudonimi assolutamente riferibili al testatore o l’indicazione del rapporto di parentela con i beneficiari delle disposizioni (es vostra mamma).

Per quanto riguarda l’autografia, essa impone l’integrale redazione dell’atto a mani del testatore.

L’impiego della propria grafia garantisce, infatti, la provenienza e la conoscenza del contenuto da parte di chi lo abbia predisposto.

Non è ammesso l’utilizzo di mezzi meccanici per la redazione dell’atto – macchine da scrivere, computer o altro – ed è addirittura contestato se sia plausibile l’impiego dello stampatello in luogo del corsivo (a meno che non sia accertato l’utilizzo, da parte del testatore, oltre che del consueto carattere corsivo, anche di quello stampatello).

Possono essere effettuate aggiunte ad un testamento redatto in precedenza. In questo caso tali cd “codicilli” dovranno riportare i medesimi requisiti prescritti per l’atto principale: data, sottoscrizione, autografia. In difetto saranno invalidi, ma tale mancanza non travolgerà, di per sé, il resto del testamento.

disposizioni non patrimoniali del testamento
Come fare testamento? si possono inserire anche disposizione che non hanno contenuto patrimoniale

Testamento pubblico

E’ il testamento ricevuto dal notaio alla presenza di due testimoni .

Più in particolare, il testatore, in presenza dei testimoni, dichiara al notaio la sua volontà, la quale è ridotta in iscritto a cura del notaio stesso. Questi dà lettura del testamento al testatore in presenza dei testimoni. Di ciascuna di tali formalità è fatta menzione nel testamento (art. 603 cc).

Ciò comporta che non vi dovrebbero essere dubbi circa la provenienza delle dichiarazioni raccolte dal pubblico ufficiale né sull’esattezza della loro trasposizione.

Anche in questo caso andranno indicati data, luogo (e ora) di sottoscrizione e dovranno intervenire tanto la firma del testatore quanto quella del notaio e dei testimoni.

Appare lampante il beneficio conseguente ad una scelta di questo modello testamentario: sicurezza tanto per la custodia del documento che per la futura pubblicazione, collaborazione di un professionista nella redazione, in grado anche di interpretare correttamente le volontà da trasfondere nell’atto e tenere al riparo da eventuali vizi di forma/contenuto.

Inoltre, il testamento pubblico, a differenza di quello olografo, può essere effettuato anche da soggetto non in grado di leggere o di scrivere: in tal caso il Notaio farà presente la circostanza nell’atto stesso.

Di contro, la procedura è senz’altro più elaborata e costosa rispetto a quella agile, immediata e gratuita del testamento olografo. Eventuali aggiunte e modifiche potrebbero risultare altrettanto onerose rispetto a quelle pret a porter dell’altra modalità. Inoltre, partecipando testimoni al confezionamento delle ultime volontà si potrebbe considerare ridotto il margine di segretezza, ma – in linea di massima – il rischio di divulgazione dovrebbe essere contenuto.

testamento segreto
Come fare testamento?

Il testamento segreto

Per completezza – seppure non esaustiva – un cenno va fatto ad un altro tipo di testamento, in verità poco utilizzato: il testamento segreto, ossia scritto dal testatore o da un terzo, anche con mezzi meccanici, sottoscritto dal disponente in ogni foglio e consegnato, chiuso e sigillato, ad un notaio in presenza di due testimoni, che non ne conosceranno il contenuto (di qui, appunto, l’aggettivo “segreto”)

Si procederà quindi a predisporre e a sottoscrivere un atto di ricevimento del testamento, nel quale si indicheranno il fatto della consegna e la dichiarazione del testatore, il numero e l’impronta dei sigilli, e l’assistenza dei testimoni a tutte le formalità.

Evidente l’utilità di tale tipo di procedura: abbinare la segretezza propria del testamento olografo alla sicurezza attinente a quello pubblico.

Il contenuto del testamento

Come abbiamo accennato, il testamento può contenere disposizioni di carattere anche non patrimoniale.

La parte da leone rivestono senz’altro le determinazioni successorie.

Al riguardo, si deve evidenziare come il testamento possa essere un modo per disporre delle proprie sostanze diversamente rispetto a quanto, altrimenti, prevederebbe la legge con la successione cd legittima, nella quale sono previste specifiche categorie di eredi e relative quote di partecipazione.

Il codice civile, infatti, a seconda della composizione della famiglia del defunto, stabilisce chi siano i chiamati all’eredità e la relativa suddivisione del patrimonio.

Lo schema seguito dal legislatore è il seguente:

successione di

solo coniuge: intera eredità

coniuge e un figlio: 50% a testa

coniuge e due ( o più) figli: 1/3 al coniuge, 2/3 ai figli, da suddividersi in parti eguali

solo un figlio: intera eredità

solo 2 o più figli: intera eredità da suddividersi in parti uguali

coniuge e ascendenti (genitori del defunto): 2/3 al coniuge e 1/3 agli ascendenti.

Coniuge e fratelli (del defunto): 2/3 coniuge e 1/3 ai fratelli.

Coniuge e fratelli nonché ascendenti: 2/3 coniuge, 1/3 agli altri (ma agli ascendenti almeno ¼) .

Bene, tramite il testamento si possono modificare i soggetti e le quote che altrimenti la legge stabilirebbe per la successione legittima.

Come fare testamento: quali disposizioni può effettuare il testatore?

Ne richiamiamo due, le principali.

Può istituire eredi e attribuire legati

Istituzione di erede.

L’erede è il successore a titolo universale, che subentra in tutto o in una quota del patrimonio ereditario del defunto.

Cosa significa “a titolo universale”? In buona sostanza, possiamo dire che l’erede subentra e si sostituisce in tutti i rapporti di cui era titolare il defunto (eccetto quelli che inevitabilmente cessano con la morte), in tutti i diritti e in tutti gli obblighi. Nelle attività e nelle passività. Nella situazione possessoria ed anche – se fosse pendente un procedimento giudiziario – in quella processuale. In poche parole, l’erede è il “continuatore della soggettività del defunto*”. (A. Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, ed Cedam).

Il subentro può essere totale – cd erede universale – o parziale, ossia per una quota.

La quota in linea di massima comprende una parte di tutte le componenti del patrimonio ereditario (ibidem). Immobili, mobili, denaro etc.

Tuttavia il testatore può stabilire egli stesso quali beni entrino a far parte di tale quota (institutio ex re certa). L’importante è che in questo caso il disponente abbia inteso configurare delle quote del proprio patrimonio e “riempirle” con beni specifici.

Se, invece, avesse inteso solamente beneficiare il soggetto destinatario del lascito con singoli beni, senza considerarlo partecipante al complessivo patrimonio ereditario, allora potrebbe configurarsi un legato, cui accenneremo tra pochissimo.

Altra importantissima conseguenza è che l’erede risponderà dei debiti ereditari. Anche se quanto ricevuto fosse inferiore all’esposizione passiva. Più in particolare, si verifica la cd. confusione patrimoniale: l’erede risponde dei debiti con quanto ricevuto e con il proprio patrimonio personale.
Ciò a meno che non accetti con beneficio di inventario: in tal caso risponderà nei limiti del ricevuto e con i beni ereditari.

Il legato

è una disposizione cd “a titolo particolare”, con la quale il testatore non conferisce la qualifica di erede al beneficiario ma gli attribuisce uno o più beni specifici (es quella macchina, quella somma, quell’immobile).

Il legatario, pertanto, diventando titolare solo di determinati beni non assumerà la veste di erede e conseguentemente non dovrà far fronte ai debiti ereditari.

Potrà rispondere di eventuali incombenze che il testatore avesse imposto a suo carico – cd oneri – ma sempre nei limiti di quanto ricevuto.

legittimari

Le quote indisponibili

Il nostro ordinamento stabilisce che alcune categorie di familiari più stretti del defunto non possano essere estromesse dalla successione e che ad esse spetti una quota minima del patrimonio ereditario.

Si parla, in proposito, di eredi legittimari.

Il testatore, in buona sostanza, non può disporre di tutte le proprie sostanze come crede, ma soltanto di una parte, la cd disponibile, essendo la porzione rimanente, cd quota di riserva, di spettanza dei legittimari.

Chi sono i legittimari?

Il codice li definisce “Le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione”.

Essi sono: il coniuge, i figli, gli ascendenti.

I fratelli non rientrano in tale categoria e, pertanto, possono essere estromessi dal testamento.

Quanto spetta ai legittimari?

Occorre operare una distinzione, a seconda della composizione del nucleo familiare.

Infatti.

– Se vi sia il solo coniuge, ad esso è riservata la quota di ½.

– Se vi sia un solo figlio, ad esso è riservata la quota di ½.

– Se vi siano solo 2 o più figli ad essi, in parti uguali, sarà riservata la quota di 2/3.

– Se vi siano solo ascendenti (genitori..) ad essi sarà riservata la quota di 1/3

– Se vi sia il coniuge in concorso con un figlio, la quota riservata a ciascuno è 1/3.

– Se vi sia il coniuge con 2 o più figli, al coniuge sarà riservata la quota di ¼, ai figli di ½ .

– Se vi sia il coniuge, nessun figlio ma ascendenti (genitori..), al coniuge spetterà ½, agli ascendenti ¼ ;

I figli non concorrono con gli ascendenti.

Va precisato che al coniuge, oltre alla quota sopra indicata, spetterà sempre, in aggiunta, il diritto di abitazione della casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.

La cd quota disponibile, che il testatore può attribuire a chiunque, ma anche a singoli eredi in aggiunta a quanto ad essi spettante per legge, non può mai essere inferiore ad ¼ del patrimonio.

Come verificare se un “legittimario” sia stato leso nella quota che gli spetti?

Potrebbe darsi che nel testamento vi siano delle attribuzioni con le quali il disponente abbia penalizzato alcuni familiari rientranti nella categoria sopra accennata.

Come pure che le ultime volontà fossero pienamente corrispondenti alle prescrizioni di legge ma che il defunto avesse beneficiato in vita alcuni soggetti con donazioni, penalizzando gli eredi legittimari, che al momento dell’apertura della successioni si troveranno con un pugno di mosche.

In entrambi i casi si assiste alla cd lesione di legittima, ove la quota spettante ai legittimari sia violata dalle disposizioni, in vita o in morte, del testatore.

Per esaminare se vi sia stata lesione occorrerà operare un calcolo: sommare il valore del patrimonio lasciato dal defunto con la successione a quello che lo stesso abbia disposto con donazioni durante la sua vita.

Effettuata questa stima sul patrimonio complessivo (lasciato in eredità + donato) si detrarranno i debiti ereditari, ossia quelli lasciati in morte dal testatore.

Sull’importo che ne risulterà andrà effettuato il calcolo della quota di ogni legittimario.

Facciamo un esempio.

Il defunto lascia il coniuge e tre figli.

Non vi è testamento, per cui si procederà ad attribuzioni di quota in base a quanto previsto per la successione legittima: 1/3 al coniuge e 2/3, in parti uguali, ai figli.

Ipotizziamo che il patrimonio lasciato in morte ammonti a 300 e le donazioni effettuate in vita a 150 (poniamo siano state effettuate ad un figlio).

Per il calcolo della legittima sarà necessario: sommare il patrimonio relitto – 300 – a quello donato -150. Totale 450. Si stabilirà, quindi, la quota di spettanza di ogni erede legittimario.

Nel nostro caso al coniuge andrebbe ¼ e ai figli ½, da suddividere in parti uguali.

Si verificherà, quindi, se ad ognuno degli interessati sia stata conferita la quota di spettanza.

Nel nostro caso: alla moglie sarebbero spettati 112,5, ma alla stessa sono stato lasciati in successione (legittima, in assenza di testamento) solo 100. Essa, pertanto, è in credito di 12,5.

La quota di legittima dei figli è ½, quindi 225 (la metà del patrimonio totale che ammontava a 450). Tale importo andrà diviso in parti uguali tra i tre figli: ad ognuno spetterebbe 75, a fronte dei 66,6 conseguiti con la successione. Il credito di ognuno sarà di 8,3.

C’è un figlio che ha conseguito una donazione di 150.

Gli altri legittimari potranno agire per chiedere la riduzione di tale donazione fino ad essere reintegrati della loro quota di legittima.

Come fare testamento
Come fare testamento: lo schema

Per concludere

Questa guida su come fare testamento non ha pretese di esaustività. Esistono, infatti, innumerevoli fattispecie contemplate dal codice per ipotesi più disparate (ad es. se un erede non voglia accettare, se sia premorto al testatore, se questi abbia disposto per tali casi operando sostituzioni…).

Riteniamo che sia utile per tutti un’infarinatura sull’ABC della materia.

Sarà rimesso alla diligenza di ognuno informarsi sul proprio caso specifico.

Per terminare con un sorriso, chiosiamo parafrasando una battuta di Woody Allen: questa guida la proponiamo a tutti, tranne a chi crede nella reincarnazione. Nel qual caso il nostro consiglio è di fare testamento a favore di se stessi.

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Il testamento posteriore revoca quello precedente?

Nel caso vi siano due o più atti di ultima volontà, il testamento posteriore revoca quello precedente?

Dio è morto. Ci ha lasciato due testamenti” osservava lo scrittore svizzero Heinrich Wiesner, forse con intento dissacrante.

Certo è che può ben capitare che il medesimo soggetto confezioni due o più schede testamentarie nel corso della vita.

Talvolta inconsapevolmente, semplicemente per dimenticanza di aver già redatto le proprie ultime volontà.

Altre volte – la vita è bella perché è varia- con l’incedere degli anni si vogliono beneficiare nuovi soggetti che abbiano costellato il proprio cammino o tralasciarne altri che abbiano tradito i propri sentimenti, abbiano fatto un torto o, forse, solo perché si vedano le cose diversamente.

Sono convinto che, nella maggior parte dei casi, il testatore dia per pacifico che sia l’ultimo atto quello valido, quello che dovrà essere tenuto in considerazione alla sua morte.

Ma è sempre così?

Il testamento posteriore revoca quello precedente?

Come abbiamo avuto modo di rilevare in passato (precedente post) la libertà testamentaria è un principio cardine del nostro ordinamento.

Il testatore deve essere assolutamente libero da condizionamenti nel redigere la proprie disposizioni.
Tale libertà comporta che si possano sempre modificare le proprie determinazioni, in tutto o in parte.

libertà testamentaria
Principio cardine del nostro ordinamento: libertà testamentaria. Possibilità di revocare le disposizioni precedenti in qualsiasi momento

Il testamento, infatti, può essere revocato: il codice civile stabilisce che non si possa “in alcun modo rinunziare alla facoltà di revocare o mutare le disposizioni testamentarie: ogni clausola o condizione contraria non ha effetto espressamente o tacitamente” (art. 679).

La revoca potrà essere espressa – con un nuovo testamento o con un atto ricevuto da notaio, in presenza di due testimoni, con cui personalmente si dichiari di revocare, in tutto o in parte, la disposizione anteriore – o tacita, con disposizioni incompatibili con quelle precedenti (ad esempio, se, prima della morte, si venda un bene che era stato assegnato con il testamento).

In caso di atti di ultima volontà che si susseguano, il codice stabilisce che “il testamento posteriore, che non revoca in modo espresso i precedenti, annulla in questi soltanto le disposizioni che sono con esso incompatibili” (art. 682 cc)

Vale a dire che il testatore, con la scheda posteriore, può revocare quelle precedenti con un’espressa dichiarazione in tal senso (di solito è “revoco ogni mia precedente disposizione testamentaria”, ma potrebbe essere qualsiasi formula che esprimesse tale concetto).

Il testamento posteriore revoca quello precedente
Il testamento posteriore revoca quello precedente? occorre effettuare un raffronto per verificare se le due schede siano incompatibili

Si badi bene. Se non intervenga una espressa revoca dei testamenti precedenti si dovrà operare un raffronto tra questi e quello posteriore, analizzando se vi siano disposizioni tra loro incompatibili o sia materialmente impossibile dare contemporanea esecuzione alle volontà contenute in entrambi gli atti.
In tal caso, prevarrà l’atto posteriore rispetto al precedente.

Se, al contrario, il testamento successivo contenga disposizioni integrative ed ulteriori, ma non incompatibili, con le schede anteriori, allora saranno perfettamente validi entrambi e la volontà del de cuius andrà estrapolata da plurimi atti testamentari.

La semplice esistenza di un testamento posteriore, pertanto, non determina di per sé la revoca di quello anteriore, poiché è possibile che le disposizioni si possano perfettamente integrare tra loro o l’eventuale incompatibilità concerna solo alcune delle disposizioni.

Bisogna fare attenzione al fatto che ai fini della revoca espressa del testamento occorre guardare non tanto alla scheda testamentaria in sé, quanto piuttosto alle attribuzioni patrimoniali che essa reca.

Ad esempio, la Corte di Cassazione si è trovata a statuire in ordine a plurimi testamenti redatti dal medesimo soggetto.

Al primo, olografo, ne è susseguito un altro – pubblico – ma col medesimo contenuto (e identico erede universale). Successivamente il de cuius aveva proceduto a revocare, tramite altro, ulteriore, testamento pubblico quello precedente.

Ebbene, a poco sono valsi i tentativi del soggetto che era stato nominato erede nei primi due testamenti ad invocare la sussistenza del primo testamento olografo, che formalmente non era stato mai revocato.
La Corte ha, infatti, osservato come si debba porre attenzione alla volontà in sè espressa nel testamento più che al tipo di scheda testamentaria e ha rinvenuto che l’avvenuta revoca di un atto di ultime volontà, avente disposizioni identiche ad altro precedente, comportasse la revoca anche di quest’ultimo.

La sentenza Cass. civ. 2012, n. 17267

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L’incapacità di disporre per testamento

Incapacità di disporre per testamento: le tre ipotesi previste dalla legge.

Chi è erede per nascita è più sicuro di chi lo è per testamento” (Publilio Sirio)

Sono considerazioni svolte da uno scrittore latino vissuto attorno al 100 A.C.

Validissime tuttora, in quanto parecchie possono essere le insidie che possono minare la validità di un testamento.

Già in passato ci siamo soffermati su alcuni aspetti che debbono essere tenuti in considerazione nel confezionare le proprie ultime volontà (ecco il post).

Oggi verifichiamo in quali casi il nostro codice civile rinvenga un’incapacità di disporre per testamento.

Casi di incapacità: tre ipotesi.

La norma da prendere in considerazione è l’art. 591 cc., il quale stabilisce che sono incapaci di testare:

  • i minorenni;
  • gli interdetti per infermità di mente;
  • coloro i quali abbiano testato in uno stato di incapacità di intendere e di volere, anche transitoria,  sebbene non siano stati dichiarati interdetti.

 

incapacità di disporre testamento
incapacità di disporre testamento: minorenni, interdetti ed incapaci di intendere al momento della redazione della scheda testamentaria.

Testamento di Minorenne

Sul testamento redatto da persona che non abbia raggiunto la maggiore età c’è poco da dire: la capacità di agire – ossia la capacità di disporre dei propri diritti – si acquista al compimento dei 18 anni.  Conseguentemente, è naturale che il legislatore abbia statuito l’invalidità delle disposizioni testamentarie predisposte da un soggetto minorenne, anche se fosse emancipato.
E’ interessante, comunque, notare come non sia rilevante la successiva volontà di confermare le disposizioni testamentarie redatte da un soggetto minorenne una volta conseguita la maggiore età. E’ necessario un nuovo testamento.

Testamento dell’interdetto.

Anche qui, nulla quaestio. Se una persona affetta da abituale infermità di mente viene considerata incapace di provvedere ai propri interessi, può essere interdetta per assicurarsi la sua adeguata protezione.
Conseguentemente è annullabile l’atto di ultime volontà redatto da chi è soggetto a tale misura di protezione.
Di per sè non ricadrebbero nella preclusione le disposizioni redatte prima della sentenza di interdizione, ma sarebbero comunque sottoponibili all’accertamento dell’esame della capacità di intendere e di volere del disponente al momento della loro redazione.
Si considerano sempre annullabili, invece, le volontà consacrate in un atto predisposto dall’interdetto prima di una successiva revoca della misura di protezione.

In relazione al testamento redatto dal soggetto sottoposto alla misura dell’amministrazione di sostegno, fermo quanto considerato in merito alla valutazione della capacità di intendere e di volere, non vi è preclusione di validità, a meno che il decreto che abbia disposto tale tutela non abbia espressamente considerato di estendere quanto previsto per l’interdetto anche al beneficiario di tale protezione.

Al riguardo, va comunque sottolineato che la preoccupazione del legislatore è in linea di massima di tutelare la posizione del soggetto che abbia una ridotta capacità di provvedere ai propri interessi e non già – o non tanto – di preservare i diritti degli eredi legittimari, i quali, pertanto, potranno in ogni caso agire con le opportune azioni di impugnazione in caso di testamento a loro lesivo.

Testamento di chi è incapace di intendere e di volere.

Non è necessario sia stata pronunciata una sentenza di interdizione, che abbia pertanto accertato un’infermità mentale.

L’alterazione mentale può essere anche temporanea e deve sussistere al momento della redazione dell’atto di ultime volontà: il prima ed il dopo non contano.

Certo è che – in caso di malattia abituale,  per la quale siano stati appurati pregressi stati di compromissione delle facoltà psichiche, in modo che non siano paventabili periodi di lucido intervallo – ben potrà il giudicante presumere e dedurre l’incapacità al momento della predisposizione della scheda testamentaria.

Particolarmente degno di nota è come la giurisprudenza non ritenga sufficiente, al fine della pronuncia di annullamento, una semplice alterazione del processo di formazione della volontà del testatore, bensì la  totale compromissione della possibilità di determinarsi liberamente: circostanza da dimostrarsi con rigore.

I soggetti legittimati a chiedere l’annullamento.

L’ultima parte della norma oggi considerata assicura la possibilità di impugnazione a “chiunque vi abbia interesse“.

Si esclude siano abilitati a tale iniziativa i soggetti che sarebbero comunque stati esclusi dall’ordine della successione legittima.

Invalidità testamento dell'incapace
Testamento predisposto da incapace. Può essere impugnato da chiunque vi abbia interesse entro il termine di cinque anni da quando è stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie.

Termine entro cui chiedere l’annullamento.

L’azione si prescrive in cinque anni dal momento di esecuzione delle disposizioni del testamento, ossia dal compimento di attività dirette alla concreta realizzazione della volontà testamentaria (ad esempio la consegna dei beni ereditari), a prescindere pertanto dalla data di pubblicazione del testamento, o da quella in cui è stata effettuata la denuncia di successione.

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Tfr dopo la morte del lavoratore: un caso di successione anomala

TFR (Trattamento di fine rapporto) dopo la morte del lavoratore: un caso di successione anomala.

Partiamo dal dato normativo.

Art. 2122 cc.In caso di morte del prestatore di lavoro, le indennità indicate dagli articoli 2118 e 2120 devono corrispondersi al coniuge  ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado  e agli affini  entro il secondo  grado”.
Le indennità citate in tale articolo sono quelle equivalenti alla retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso nonchè il TFR ovvero il trattamento di fine rapporto.
Alcune particolarità.
E’ la legge stessa che stabilisce a chi spetti il tfr dopo la morte del lavoratore: cioè  al coniuge, figli e (se conviventi) parenti entro il terzo grado e affini di secondo.
Al defunto non è data possibilità di decidere una diversa destinazione del tfr, a meno che non sussistano le riportate categorie di  familiari: in tal caso potrà decidere per testamento i beneficiari.
In difetto di tale indicazione e “In mancanza delle persone indicate nel primo comma, le indennità sono attribuite secondo le norme della successione legittima“.
Altra peculiarità.
La legge, dopo aver stabilito a chi spetterà il tfr dopo la morte del lavoratore, determina anche – seppur in via generica – la relativa distribuzione tra i beneficiari. Lo stesso art. 2122 cc, infatti, prevede che “La ripartizione delle indennità, se non vi è accordo tra gli aventi diritto, deve farsi secondo il bisogno di ciascuno“.
Con una precisazione, valida per ogni patto successorio (questo il link dove se ne è discusso) “È nullo ogni patto anteriore alla morte del prestatore di lavoro circa l’attribuzione e la ripartizione delle indennità”.

Il contrasto

Dottrina e giurisprudenza si sono (come allo stato attuale) a lungo scornate per definire la  natura del diritto nascente del tfr dopo la morte del lavoratore.
Due, infatti, sono gli orientamenti.
1) il diritto a percepire le indennità è un diritto personale dei beneficiari, che non è da considerarsi successorio, ma semplicemente nascente dal decesso (“nascente dal decesso”: ci si scusi per l’accostamento) del prestatore di lavoro. Per cui sarebbe originario, in capo ai familiari, e non derivato per successione.
2) la versione opposta considera tali devoluzioni come diritti ereditari, seppur in un ambito di successione anomala (ossia, disciplinata differentemente dai criteri ordinari) su beni (le indennità) separati dal resto del patrimonio relitto (che seguirà le regole di una successione normale).
Tale prospettazione deriva dalla considerazione che le indennità siano maturate vivente l’originario beneficiario – il lavoratore – e conseguentemente debbano essere trasferite, come un patrimonio già formatosi agli eredi.
Tfr dopo la morte del lavoratore
Tfr dopo la morte del lavoratore. Due contrapposti orientamenti circoscrivono il diritto alle indennità nell’ambito successorio, oppure ad un acquisto proprio dei beneficiari
Non solo.
Il richiamo ad attribuzioni da eseguirsi in base alle norme della successione legittima, in assenza dei soggetti indicati nel primo comma dell’art. 2122 cc., sembrerebbe definirne il contesto operativo e la natura ereditaria della devoluzione di tali indennità.

Le conseguenze

Seguire uno o l’altro orientamento porterebbe a conseguenze   di non poco conto.
Se, infatti, tali emolumenti economici spettino agli indicati familiari come un loro diritto proprio, e non ereditario, allora potrebbero conseguirli anche se avessero rifiutato l’eredità.
Alcune sentenze hanno, conseguentemente stabilito che, nel caso in cui il datore di lavoro vantasse crediti nei confronti del prestatore, poi deceduto, non potrebbe compensarli con le indennità da corrispondere ai nuovi beneficiari, proprio perchè separate dal contesto successorio.
Ragionando di conseguenza, gli importi dovuti a tale titolo non potrebbero essere aggrediti dai creditori del de cuius, proprio perchè appartenenti ad altri soggetti, indipendentemente dallo stato del dante causa.
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Le conseguenze che derivano dai due orientamenti non sono di poco conto nel caso in cui le indennità dovessero essere aggredite dai creditori del lavoratori.
Diversamente ragionando, e seguendo la prospettazione agitata dal secondo orientamento, che incanala il fenomeno nell’ambito successorio, non si giungerebbe alle considerazione ed agli effetti sopra indicati: ma con altre
conseguenze.
Ad esempio, gli ascendenti (non conviventi) del defunto, esclusi dalla menzionata previsione normativa, in assenza dell’esistenza dei richiamati familiari, potrebbero includere nella loro quota di legittima (intoccabile) anche le indennità dovute per la conclusione del rapporto lavorativo, cosicchè, se  fossero state attribuite per testamento ad altri soggetti, così da determinare una lesione della porzione spettante agli eredi legittimari, potrebbero agire in riduzione per essere reintegrati dei loro diritti.

Il coniuge divorziato

Da ultimo,  una considerazione sui diritti spettanti al coniuge divorziato nel merito del tfr dopo la morte del lavoratore.
Come è noto, la legge n 898 del 1978 (legge sul divorzio) riconosce al coniuge divorziato che non sia passato a nuove nozze e che percepisca un assegno divorzile, una quota pari al 40 % dell’indennità di fine rapporto spettante all’ex coniuge, riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso col matrimonio.
Tale attribuzione spetta anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza divorzile.
Bene.
Quidi iuris, nel caso in cui deceda l’ex coniuge?
Secondo la prevalente giurisprudenza, (ex multis Cass. civ. Sez. I, 10/01/2005, n. 285) “L’ex coniuge titolare dell’assegno divorzile che non sia passato a nuove nozze ha diritto ad una percentuale dell’indennità percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, ogni qualvolta il trattamento di fine rapporto sia comunque spettante al lavoratore, anche se non ancora percepito, non assumendo alcun rilievo che il trattamento stesso sia divenuto esigibile per decesso del lavoratore“.

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Revoca del testamento per sopravvenienza dei figli

Revoca del testamento per sopravvenienza dei figli: una recente Sentenza ci aiuta a fare il punto.

Una tutela per il testatore? una tutela per  i figli del defunto?

Probabilmente entrambe.

La ratio dell’istituto della revoca del testamento per sopravvenienza dei figli è quella di privare di efficacia una scheda testamentaria con la quale si sia disposto all’oscuro  di circostanze ritenute determinanti per la validità delle ultime volontà.

La norma

L’art. 687 cc, infatti, stabilisce che “Le disposizioni a titolo universale o particolare, fatte da chi al tempo del testamento non aveva o ignorava di aver figli o discendenti, sono revocate di diritto per l’esistenza o la sopravvenienza di un figlio o discendente del testatore, benché postumo, anche adottivo, ovvero per il riconoscimento di un figlio nato fuori del matrimonio. La revocazione ha luogo anche se il figlio è stato concepito al tempo del testamento“.

Sulla scorta del fatto che il testatore abbia operato senza conoscere circostanze che probabilmente lo avrebbero indotto a disporre diversamente, non interverrà alcuna revocazione nel caso in cui egli “abbia provveduto al caso che esistessero o sopravvenissero figli o discendenti da essi“.
Da ultimo, “Se i figli o discendenti non vengono alla successione” – per impossibilità o rinuncia –  “e non si fa luogo a rappresentazione, la disposizione ha il suo effetto“, ossia, il testamento, altrimenti revocato, continua ad essere valido, non essendo applicabile la norma di cui sopra.

Secondo taluni interpreti, il legislatore, con tale disposizione, avrebbe voluto predisporre una forma di tutela della volontà del testatore che abbia ignorato l’esistenza di figli, o non abbia previsto la loro possibile sopravvenienza, mentre, secondo altri, il legislatore, tramite la norma dell’art. 687 c.c., avrebbe voluto predisporre una speciale forma di tutela degli interessi familiari, e, più precisamente, degli interessi dei più stretti familiari del de cuius, e cioè dei figli, lì dove ignorati o sopravvenuti.

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione privilegia la tesi volta a tutelare la volontà del de cuius.

Come avviene anche per la donazione, che potrà essere revocata nel medesimo caso in cui l’autore dell’atto di liberalità misconoscesse l’esistenza di figli, l’intento è quello di preservare la genuinità del gesto di chi lo ponga in essere senza conoscere tutto ciò che si debba sapere o che comunque rivesta  importanza assorbente, come l’esistenza di prole.

Nel caso in cui, tuttavia, l’autore stesso del testamento o della donazione abbia confezionato le sue volontà prendendo in considerazione l’ipotesi della sopravvenienza di figli, allora tale atto sarà pienamente valido, o se non altro rimarrà tale fino a quando il soggetto leso dalla disposizione non reclami i propri diritti, impugnandola.

Revoca del testamento per sopravvenienza dei figli
Revoca del testamento: la sopravvenienza di un figlio fa presumere che il testatore avrebbe disposto diversamente, tenendone conto

E se il testatore aveva già dei figli?

La Suprema Corte si è trovata a statuire circa un caso di testamento redatto dal de cuius a favore solo di alcuni figli,ma in epoca antecedente alla nascita di un altro discendente, sopravvenuto.

I giudici ermellini non hanno ritenuto applicabile la disposizione richiamata sulla revocazione del testamento, in quanto tale disciplina attiene al caso in cui  il testamento venga redatto da chi  “al tempo del testamento non aveva o ignorava di aver figli” che è ipotesi differente rispetto a quella in cui il de cuius avesse già altri figli (e dei quali era già nota l’esistenza) e ne sopravvengano altri.

A favore della conclusione fatta propria dalla Suprema Corte gioca l’interpretazione letterale della norma che contempla l’ipotesi in cui “il figlio sopravvenga rispetto alla data di predisposizione del testamento, ove la situazione familiare sia connotata dalla assenza ovvero dalla ignoranza assoluta di avere figli“.

Tale norma, volta a comportare conseguenze rilevantissime, quali la revoca di diritto delle disposizioni patrimoniali contenute nel testamento, costituisce una eccezione, in quanto tale non estensibile per analogia ad altre ipotesi simili.

La sentenza: Cass. civ. Sez. II, Ord., (ud. 21-06-2017) 28-07-2017, n. 18893   

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Gli eredi necessari

Gli eredi necessari, ossia la cerchia stretta di parenti ai quali la legge riserva una quota indisponibile del patrimonio del defunto.

Chi sono?

coniuge, i figli, gli ascendenti.

a) il coniuge, anche separato. Non già l’ex coniuge divorziato.
b) i figli: siano essi nati nel matrimonio che fuori dal vincolo coniugale. Anche i figli adottivi.
c) gli ascendenti: i genitori, siano essi biologici che adottivi.

Che cosa spetta ai legittimari?
Una quota definita legittima del patrimonio del defunto. “mobile” in quanto varia a seconda dei soggetti che concorrano all’eredità.
Più in particolare, se il genitore lasciasse un figlio solo, a questi sarebbe riservata la metà del patrimonio.
Se il defunto lasciasse solo due o più figli, a questi spetterà la quota di 2/3 del patrimonio, da suddividersi tra tutti quanti in parti uguali.
Se succedesse solo il coniuge superstite, in assenza di figli, ad esso spetterà metà del patrimonio.
in caso di concorso tra coniuge ed un figlio, ad entrambi spetterà un terzo del patrimonio.
In caso di concorso del coniuge superstite con due o più figli, al primo sarà riservato un quarto, agli altri un mezzo del patrimonio.
Se non vi fossero figli, ma esistessero i genitori del de cuius, ad essi sarebbe riservata la quota di un terzo del patrimonio.
Se gli ascendenti dovessero concorrere solamente col coniuge del defunto, a quest’ultimo spetterebbe metà del patrimonio, mentre ai genitori un quarto.
Al coniuge, in ogni caso, spetterà il diritto di abitazione della casa familiare e di uso dei mobili che la corredano.
Non v’è concorso tra figli e nonni.

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Il testatore dovrà tenere conto che alcune quote del patrimonio sono riservate ai legittimari

Cos’è la quota disponibile?

E’ la porzione del patrimonio del defunto che rientra nella sua libera disponibilità e può essere attribuita a piacimento, sia ad uno dei legittimari che ad altri.
Tale porzione non potrà mai essere inferiore ad un quarto del patrimonio, ma varierà a seconda del numero e della qualifica dei soggetti legittimari concorrenti.

Come si calcola la quota di legittima?
Appurato, pertanto, che una porzione del patrimonio del de cuius è riservata ai legittimari, per verificare se ad essi sia stato attribuito quanto di spettanza occorrerà operare una sorta di riunione fittizia, ossia stabilire quanto il defunto abbia lasciato in morte, detratti i debiti, quanto abbia donato in vita, sommare i valori e su tale risultato finale valutare se ciò che è stato attribuito al singolo legittimario è conforme, superiore o inferiore a quanto gli sarebbe spettato.
Nel caso in cui la quota di riserva fosse lesa, al legittimario competerà l‘azione di riduzione, con cui chiederà, appunto, la riduzione, dapprima, delle disposizioni testamentarie quindi delle donazioni che abbiano intaccato la sua quota di legittima.

Se uno degli eredi legittimari rinunciasse all’eredità, come si calcolerebbe la quota di legittima?
Vi è stata, per qualche tempo una differente valutazione giurisprudenziale tra i tribunali che ritenevano si dovesse valutare la situazione venutasi a creare a seguito della rinuncia di un legittimario, e, pertanto, al numero effettivo dei concorrenti, e i giudici che cristallizzavano la situazione a quella (teorica) risultante al momento dell’apertura della successione.
La Cassazione si è pronunciata per dirimere la questione con una sentenza – risalente ma tutt’ora non contrastata – che ha abbracciato l’ultima delle soluzioni prospettate.

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L’ azione per richiedere la qualifica di erede

Soffermiamoci sulla petizione di eredità, ossia lazione per richiedere la qualifica di erede e l’attribuzione della propria quota di patrimonio ereditario.

Perché li uomini dimenticano più presto la morte del padre che la perdita del patrimonio“, scriveva Nicolò Machiavelli.

Esagerato? Neanche tanto.

Come avremo modo di appurare nel corso del seguente articolo, la legge stabilisce che l’azione per richiedere la qualifica di erede e la restituzione del patrimonio di spettanza sia imprescrittibile, non soggetta a prescrizione. proprio come difficilmente scalfibile dal tempo è la ricerca del patrimonio da parte di chi ne ha diritto.

avvocati eredità vicenza
L’azione per richiedere l’accertamento della propria qualifica di erede è imprescrittibile

Una tutela a 360 gradi a chi – erede che abbia accettato l’eredità o semplicemente chiamato all’eredità, ossia potenziale erede – voglia ottenere la restituzione dei beni ereditari, “contro chiunque possiede tutti o parte “di tali beni, a titolo di erede o senza titolo alcuno (art. 533 cc).

Facciamo un esempio.

Sempronio è padre di due figli, Tizio e Caio.

Morto Sempronio, chiamati all’eredità sono i due discendenti.

Caio, però, sottrae tutti o parte dei beni costituenti il patrimonio lasciato da Sempronio.

Tizio potrà validamente esperire lactio petitio hereditatis, la petizione di eredità, nella quale, per prima cosa dovrà essere accertata la sua qualifica di erede.

In secondo luogo, appurato tale step, e dimostrata lesistenza di beni facente parte del patrimonio ereditario al momento della morte di Sempronio ed il loro possesso da parte di altri, chiederà la restituzione della quota di propria spettanza.

Acrsticok (2)

Tecnicamente l’azione compete all’erede, ossia a chi abbia accettato l’eredità, ma è ritenuto pacifico che l’esercizio dell’azione in esame da parte di chi non abbia provveduto a tale formalità comporti – di per essa – l’accettazione tacita dell’eredità, senza, pertanto, richiedere ulteriori adempimenti.

L’azione potrà essere rivolta contro chiunque abbia il possesso dei beni.

Chiunque: sia erede (coerede) o no, senza alcun titolo.

La giurisprudenza non richiede debbano essere chiamati in giudizio tutti gli eredi, bensi solo colui il quale possegga il bene contestato.

L’azione, lo abbiamo rilevato in apertura, è imprescrittibile.

Tuttavia, a chi non abbia previamente accettato l’eredità e non vi abbia provveduto entro i 10 anni dal momento in cui avrebbe potuto farlo, potrà essere eccepita la prescrizione del diritto ad accettare l’eredità, quella sì da esercitarsi tempestivamente per poter ottenere la qualifica di erede.

Altra circostanza, significativa: l’art. 533 cc fa salvi gli effetti dell’usucapione rispetto ai singoli beni.

Tizio, pertanto, potrà agire senza temere in qualsiasi momento per ottenere, previo riconoscimento della qualifica di erede, l’attribuzione del patrimonio ereditario, tuttavia, mettiamo caso, abbia richiesto la condanna alla restituzione del singolo terreno agricolo paterno e siano trascorsi oltre 20 anni dacchè il fratello, o chiunque altro, abbia continuato ad utilizzarlo esclusivamente, come se ne fosse proprietario, i suoi diritti ereditari saranno destinati a soccombere innanzi all’avvenuta usucapione di quel singolo bene.

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L’accordo sull’eredità prima della morte del de cuius

Se tra i futuri eredi – o lo stesso testatore – interviene un accordo sull’eredità prima della morte del de cuius  si configura un patto successorio, dichiarato nullo dalla legge.

Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco, recita un antico motto.

Il codice civile è dello stesso avviso in punto di patti successori, ossia quegli accordi con cui, prima della morte di un soggetto, i futuri – eventuali – eredi contrattino la spartizione del patrimonio del defunto prima ancora che il proprio caro passi a miglior vita.

La scure della nullità si abbatte tanto sui cosiddetti patti dispositivi, quelli poc’anzi esaminati, con cui gli eredi (o presunti tali) contrattino un’eredità non ancora divenuta attuale, quanto i patti abdicativi, tramite i quali uno dei futuri chiamati all’eredità si accorda preventivamente di rinunciare alla stessa, in favore di altri successibili.
Da ultimo, alla medesima sorte, sarà sottoposto il cd patto istitutivo, dove è il soggetto la cui morte darà luogo all’apertura della successione che negozi con chissà chi  il contenuto della proprie disposizioni testamentarie.

La ragione è semplice: tutelare la libertà testamentaria. Principio cardine in ambito successorio.
Un soggetto, qualsiasi soggetto, nel momento in cui disponga dei propri beni per il tempo in cui avrà cessato di vivere, deve essere assolutamente sciolto da qualsiasi vincolo, tanto diretto, quanto indiretto e, quindi, anche deve essere sempre nelle condizioni di cambiare idea e revocare quanto disposto in precedenza.

Non solo.

Vi sono esigenze anche di ordine pubblico: a tutti deve essere dato di poter decidere con avvedutezza in merito alla possibile accettazione dell’eventuale chiamata ereditaria, in base agli elementi attuali che avrà a disposizione in quel momento, senza obbligarsi, ex ante, ad accettare, privarsi, cedere o ricevere posizioni giuridiche vincolanti e si dovranno, pertanto, impedire atti di prodigalità o atti abdicativi di rilevanza economica troppo avventati e senza la possibilità di un’adeguata e concreta valutazione della loro effettiva portata.

eredità vicenza
I patti successori possono essere istitutivi, dispositivi o abdicativi

Alcuni casi in cui si è rinvenuto patto successorio sono stati:
– L’intestazione di alcuni beni ad un soggetto, dandogli mandato di trasferirne ad altri la proprietà una volta intervenuto l’evento morte del primo disponente ( Trib. Roma Sez. VIII, 29/10/2016)
– l’accordo, intervenuto prima della morte del genitore, con cui quest’ultimo, assieme ai suoi due figli, avevano stabilito modalità divisorie riguardanti sia beni oggetto di una futura vendita in loro favore, sia il patrimonio che i medesimi avrebbero ricevuto alla morte del padre (Cass. civ. Sez. II, 15/07/2016, n. 145669.
– l’accordo col quale i contraenti si attribuiscono le quote di proprietà di un immobile oggetto dell’altrui futura successione “mortis causa”, pattuendo di rimanere in comunione (Cass. civ. Sez. II, 15/07/2016, n. 14566)
– la rinuncia preventiva alla quota di comproprietà derivante da una futura eventuale successione ( Cass. civ. Sez. II, 25/02/2015, n. 3819)
– la rinuncia da parte del legittimario e dei suoi eredi il suo erede al diritto di chiedere la riduzione delle donazioni finché vive il donante, nemmeno se effettuata con dichiarazione espressa, né prestando il proprio assenso alla donazione (Trib. Treviso Sez. I, 01/04/2010)
– una convenzione con la quale alternativamente si istituisce un erede o un legato ovvero ci si impegna a farlo in un successivo testamento (Cass. civ. Sez. II, 03/03/2009, n. 5119)

avvocati eredità vicenza
Il codice ha inteso tutelare al massimo la libertà testamentaria

Per altro verso, si è ritenuto non configurino patti successori:
– L’assunzione tra fratelli dell’obbligo di conguaglio per la differenza di valore dei beni loro donati in vita dal genitore, non concernendo i diritti spettanti sulla futura successione “mortis causa” del genitore (Cass. civ. Sez. II, 27/11/2015, n. 24291).
– La clausola, contenuta in un contratto di mutuo, ove si preveda che il mutuatario sia liberato dall’eventuale debito residuo alla data della morte del mutuante,trattandosi di un negozio inter vivos di remissione di debito immediatamente produttivo di effetti e non di un negozio mortis causa (Trib. Udine, 20/10/2014)
– la clausola statutaria di società a responsabilità limitata che sancisca il divieto del trasferimento delle quote per causa di morte se non a favore del coniuge e dei discendenti in linea retta dei soci fondatori e il subentro dei soci superstiti ( in quanto il vincolo che ne deriva a carico reciprocamente dei soci è destinato a produrre effetti solo dopo il verificarsi della vicenda successoria e dopo il trasferimento (per legge o per testamento) della partecipazione agli eredi, con la conseguenza che la morte di uno dei soci costituisce soltanto il momento a decorrere dal quale può essere esercitata l’opzione per l’acquisto suddetto, senza che ne risulti incisa la disciplina legale della delazione ereditaria o che si configurino gli estremi di un patto di consolidazione delle azioni fra soci) Cass. civ. Sez. I, 12/02/2010, n. 3345

Un’ interessantissima sentenza del Tribunale di Vicenza, Sez. II, 02/02/2016, ci indica quali criteri si debbano tenere in considerazione per l’individuazione di un patto successorio:

1) se il vincolo giuridico creato con la pattuizione abbia avuto la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta;

2) se la cosa o i diritti formanti oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entità della futura successione o debbano comunque essere compresi nella stessa;

3) se il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, privandosi, così, dello ius poenitendi;

4) se l’acquirente abbia contrattato o stipulato come avente diritto alla successione stessa;

5) se il convenuto trasferimento, dal promittente al promissario, debba aver luogo mortis causa, ossia a titolo di eredità o di legato

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Impugnazione del testamento: i termini da rispettare

impugnazione del testamento
Impugnazione del testamento: occorre distinguere la tipologia di invalidità….

Cosa non deve sfuggire per l’impugnazione del testamento.

Tutti possono sbagliare: anche il testatore nel momento del confezionamento delle sue ultime volontà.


I vizi che possono colpire il testamento possono essere più o meno gravi, dando luogo a diverse fattispecie di invalidità.

 

Tralasciando questioni che attengono alla capacità mentale del disponente, (per le quali ci soffermiamo in questo post)  avremo  un testamento olografo nullo se – ad esempio – battuto a macchina o scritto da mano terza, o ancora privo di sottoscrizione o contenente condizioni illecite, che sono state l’unico motivo che abbia determinato la redazione di tale atto.


Il testamento sarà annullabile se, ad esempio, privo di data, oppure se stilato da soggetto che fosse incapace di intendere al momento in cui lo ha scritto, o per vizio del volere.
Da ultimo, anche se tecnicamente non è corretto parlare di invalidità, il testamento potrebbe contenere delle disposizioni lesive dei diritti di alcune categorie di eredi, denominati legittimari, e potrebbe dar luogo ad una iniziativa volta a richiedere il ristoro delle ragioni successorie di questi soggetti.

 

Impugnazione  del testamento: termini di prescrizione

impugnazione del testamento termini
… e i termini di decorrenza per agire.

Bene, si tengano in considerazione tre termini.


1. L’azione per impugnare un testamento nullo non è soggetta a prescrizione.
Si potrà sempre invocare tale suprema invalidità, salva l’eventuale eccezione da parte del soggetto avvantaggiato dall’atto nullo di rivendicare l’usucapione di quanto ricevuto, qualora ve ne fossero i presupposti.

2. Per impugnare un testamento annullabile occorre agire entro 5 anni.
La decorrenza di tale termine varia a seconda delle circostanze, e può partire, ad esempio, dal momento in cui è stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie (nel caso di testamento redatto da incapace, o per uno  con data difettosa), oppure dal momento in cui si è avuta notizia della violenza, del dolo o dell’errore in caso di vizio del volere.


3. Il termine per l’impugnazione del testamento lesivo dei diritti spettanti ai legittimari, vuoi perchè disponente quote inferiori a quelle di legge, vuoi perchè totalmente escludente taluni soggetti aventi diritto, è di dieci anni e decorre – in base alle pronunce più attestate in merito – dal giorno dell’apertura della successione, ossia dalla morte del testatore.

 

 

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