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Bocciatura per troppe assenze: è sempre legittima?

Bocciatura per troppe assenze: talora è consentita una deroga

Un proverbio tedesco recita “Coloro che si perdono sulla strada per la scuola non potranno mai trovare la loro strada attraverso la vita”.

Deve averla pensata così anche il nostro legislatore quando ha stabilito come essenziale la partecipazione e la frequenza dell’alunno alle lezioni scolastiche, tanto che ha disposto che “per procedere alla valutazione finale di ciascuno studente, è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato”: art 14 DPR 22/06/2009, n. 122.

Frequenza scolastica
Bocciatura per troppe assenze: art. 14 DPR 122/2009

Bene. Bisogna aver frequentato almeno i tre quarti delle lezioni per poter essere ammessi all’anno successivo.

Ciò che ci chiediamo oggi è: se non fossero raggiunti questi limiti di frequenza dovrà sempre intercorrere la bocciatura per troppe assenze?

Una recente pronuncia del Tar Puglia ci aiuta a fare il punto.

Nel caso in esame si verteva sulla mancata ammissione alla classe successiva da parte di un ragazzo che non aveva raggiunto il minimo delle frequenze stabilite dalla legge.

Purtroppo l’alunno non aveva potuto partecipare alle lezioni per problematiche in ambito familiare. Tuttavia, il suo rendimento scolastico non era stato compromesso dalle assenze: testimoni i buoni voti riportati nelle verifiche.

Ciò nonostante, la bocciatura per troppe assenze.

Ricorso della famiglia del ragazzo, di qui la pronuncia dei giudici amministrativi.

Il rilievo del Tribunale pugliese è che, a ben vedere, l’art. 14 del DPR 22/06/2009, n. 122 stabilisce anche la possibilità di una “straordinaria” deroga alla severa statuizione della mancata ammissione alla classe successiva per non raggiunto limite minimo di frequenza, che può essere stabilita dalle istituzioni scolastiche in casi eccezionali “per assenze documentate e continuative, a condizione, comunque, che tali assenze non pregiudichino, a giudizio del consiglio di classe, la possibilità di procedere alla valutazione degli alunni interessati”.

Nel caso in esame, si era appurato non sussistessero elementi da cui potesse desumersi che le assenze dell’alunno avessero influito negativamente sulla possibilità di procedere al suo scrutinio; al contrario, avuto riguardo al profitto scolastico complessivo e alle valutazioni intermedie, si evinceva che lo stesso, sotto tale profilo, appariva idoneo al passaggio alla classe successiva.

Era quindi possibile e opportuno, anche alla luce della normativa vigente, che la presenza scolastica fosse valutata quale mero presupposto per un proficuo apprendimento; in altri termini, qualora l’alunno, sebbene avesse riportato numerose assenze, non evidenziasse tuttavia problemi sul piano del profitto, tale presupposto non avrebbe dovuto essere interpretato con eccessiva severità, dal momento che una bocciatura motivata solo dal numero delle assenze avrebbe potuto ingiustificatamente compromettere lo sviluppo personale ed educativo di colui che, dal punto di vista dell’apprendimento e dei risultati conseguiti rispetto agli insegnamenti impartiti, sarebbe stato altrimenti idoneo al passaggio alla classe successiva.

Bocciatura va motivata
Bocciatura per troppe assenze: necessaria una motivazione rafforzata per non compromettere lo sviluppo personale ed educativo dell’alunno

In presenza di tali elementi” ha rilevato il TAR Pugliese,” l’ipotesi di una bocciatura andava valutata con particolare attenzione e avrebbe necessitato di una motivazione rafforzata, anche alla luce delle possibili azioni che la scuola avrebbe potuto porre in essere nel caso specifico oltre a quelle consuete (ad esempio mediante comunicazioni alla famiglia o la convocazione dei genitori al fine di rendere noti i rischi di una non ammissione), nell’ambito di un rapporto improntato a reciproca e fattiva collaborazione”.

La sentenza: Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce – Sezione Seconda, n. 899/2018. 

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Impugnazione bocciatura scolastica:la mancata promozione non deve avvenire sulla base della sola media aritmetica dei voti

Impugnazione bocciatura scolastica: no a calcoli meramente matematici

Con l’introduzione del registro elettronico è invalso l’uso di ricavare la valutazione intermedia e finale dei risultati quadrimestrali degli alunni solo dalla media matematica fornita da tale dispositivo.

Un modo di operare che non appare corretto in quanto la valutazione finale di uno studente non può essere soltanto il risultato di una media matematica.

Secondo la giurisprudenza, infatti, il consiglio di classe in sede di scrutinio deve svolgere una valutazione complessiva del grado di preparazione dello studente e sulle sue capacità di recupero.

impugnazione bocciatura scolastica
La decisione di respingere l’alunno deve essere frutto di una valutazione complessiva e non di un calcolo matematico

 

Il consiglio di classe, quindi, non può limitarsi a recepire acriticamente i voti proposti dagli insegnanti, ma dovrebbe

fare compiuta applicazione del principio secondo cui la valutazione ha ad oggetto il processo d’apprendimento e il rendimento scolastico complessivo dell’alunno, e non s’arresta, senza approfondita motivazione, di fronte al giudizio negativo sulla singola materia.

Tale principio trova il suo riferimento normativo nell’art. 79 del del R.D. n.653 del 1925 il quale dispone che i voti si assegnano, su proposta dei singoli professori, in base ad un giudizio brevemente motivato desunto da un congruo numero di interrogazioni e di esercizi scritti, grafici o pratici fatti in casa o a scuola, corretti e classificati durante il trimestre o durante l’ultimo periodo delle lezioni. Se non siavi dissenso, i voti in tal modo proposti s’intendono approvati; altrimenti le deliberazioni sono adottate a maggioranza, e, in caso di parità, prevale il voto del presidente.

voto negativo
Impugnazione bocciatura scolastica: no a semplici conteggi senza una motivazione

Come si legge nell’articolo, i voti si assegnano, su proposta dei singoli professori, sulla base di un giudizio brevemente motivato e ciò viene a confermare che, al momento della valutazione, la sola indicazione del voto numerico, espressione di una media matematica, in difetto di motivazione viene ad inficiare l’operato del consiglio di classe.

Le decisioni  assunte dagli insegnanti devono, pertanto, riportare giudizi ed espressioni sul profilo della valutazione assegnata per ogni alunno che non può ridursi ad una mera elencazione dei voti su una tabella riepilogativa, così come risulta dai tabulati del registro elettronico che calcola automaticamente la media matematica.

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entrata in vigore del Regolamento Edilizio Tipo in Veneto

entrata in vigore del Regolamento Edilizio Tipo in Veneto

La Giunta Regionale del Veneto, con deliberazione n. 1896 del 22 novembre 2017, ha recepito il Regolamento Edilizio Tipo adottato dalla Conferenza Unificata Governo, Regioni ed Autonomie locali nella seduta del 20 ottobre 2016.

Il regolamento è costituito dallo schema di regolamento edilizio tipo e dai relativi allegati, recanti le definizioni uniformi e la raccolta delle disposizioni sovraordinate in materia edilizia.

La delibera regionale n. 1896 ha stabilito che il termine entro il quale i Comuni adeguano i propri regolamenti edilizi allo schema di regolamento edilizio tipo e relativi allegati, recepiti dal presente provvedimento, è di  centottanta giorni decorrenti dalla data della presente deliberazione (22 novembre 2017);

I Comuni quindi hanno tempo fino al 21 maggio 2018 per adeguare i propri regolamenti: ma cosa accade dopo?

entrata in vigore del regolamento edilizio tipo in Veneto
entrata in vigore del regolamento edilizio tipo in Veneto: entro il 21 maggio i comuni dovranno adeguarsi

La Regione ha previsto una normativa transitoria, stabilendo che, al fine di limitare i possibili effetti dell’adeguamento sui procedimenti in itinere “le definizioni uniformi non si applicano ai procedimenti in corso alla data di approvazione del provvedimento comunale, ovvero allo scadere del termine assegnato per provvedere all’adeguamento”.

In particolare, viene precisato che per procedimento in corso si intendono i seguenti casi:

titoli abilitativi edilizi, i cui procedimenti siano stati avviati con la presentazione allo sportello unico della domanda di permesso di costruire ovvero delle comunicazioni o segnalazioni, comunque denominate, corredate dagli eventuali elaborati richiesti dalla vigente normativa;

piani urbanistici attuativi, i cui procedimenti siano stati avviati con la presentazione al Comune della proposta corredata dagli elaborati necessari ai sensi dell’articolo 19, comma 2, della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11;

nel caso di opere abusive, i cui procedimenti siano già stati avviati con la con la presentazione allo sportello unico della domanda di sanatoria, corredata dagli eventuali elaborati richiesti dalla vigente normativa.

Che cosa succede se i Comuni non si adeguano entro il termine stabilito dalla Regione?

La Conferenza Unificata che ha adottato il regolamento edilizio tipo ha previsto che, decorso il termine fissato nell’atto regionale di recepimento entro il quale i Comuni sono tenuti ad adeguare i propri regolamenti edilizi, le definizioni uniformi e le disposizioni sovraordinate in materia edilizia trovano diretta applicazione prevalendo sulle disposizioni comunali con esse incompatibili;

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piano casa e deroga agli strumenti urbanistici

Piano casa e deroga agli strumenti urbanistici.

Quali previsioni dello strumento urbanistico comunale possono essere derogate con il Piano casa?

A questa domanda ha  risposto il  TAR Veneto che, in una recente sentenza (la numero 219 del 2018), ha chiarito quali previsioni della normativa edilizia comunale possono essere derogate con il piano casa.

Come noto, l’art. 6 della LR 14/2009 prevede che “le disposizioni della presente legge di carattere straordinario prevalgono sulle norme dei regolamenti degli enti locali e sulle norme tecniche dei piani e regolamenti urbanistici contrastanti con esse.

piano casa e deroga dagli strumenti urbanistici
Piano casa e deroga agli strumenti urbanistici: possibile solo per i parametri edilizi di superficie, volume, altezza e distanza, anche dai confini

Nel caso preso in esame dal TAR i ricorrenti avevano presentato ad un Comune un progetto che, in applicazione della normativa sul piano casa, prevedeva delle deroghe al piano degli interventi. Piano che indicava esattamente il sedime dell’edificio da realizzare e dell’area da destinare a standard ammettendo solo modeste modifiche alla localizzazione della sagoma prevista.

In particolare, il progetto presentato dai ricorrenti prevedeva una maggiore volumetria e l’occupazione di gran parte dell’area che il piano degli interventi destinava a servizi pubblici.

Il TAR ha chiarito che le norme del piano casa sono di stretta interpretazione nel senso che la deroga ha ad oggetto esclusivamente i parametri di regolamento o di piano che fissano la quantità di volume o di superficie. Altre tipologie di deroga sono astrattamente possibili solo se siano specificamente previste dalla legge regionale”

Lo stesso articolo delle legge regionale 30 dicembre 2016, n. 30, chiarisce sempre il TAR Veneto, che reca un’interpretazione autentica della legge regionale sul piano casa, rafforza tale conclusione. Infatti, tale articolo indica espressamente quale debba intendersi per il legislatore l’oggetto e la latitudine della deroga (riferita “ai parametri edilizi di superficie, volume, altezza e distanza, anche dai confini, previsti dai regolamenti e dalle norme tecniche di attuazione di strumenti urbanistici e territoriali).

Così il TAR ha respinto il ricorso rilevando che, in mancanza di norma nella legge sul piano casa che consenta di derogare alle destinazioni d’uso e alle funzioni impresse a singole aree dal piano degli interventi non è possibile ipotizzare una loro derogabilità.

Andrea Berto

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Quando il militare ha diritto all’indennità di trasferimento?

Quando il militare ha diritto all’indennità di trasferimento?

La funzione dell’indennità di trasferimento è quella di sopperire alle maggiori necessità derivanti da un trasferimento e di compensare “forfettariamente” le maggiori spese sostenute dal militare.

La legittimità  della relativa corresponsione presuppone, quindi, l’adozione di un formale provvedimento dell’amministrazione che modifichi la sede di servizio del dipendente.

Presupposto indispensabile per ottenere l’indennità è il trasferimento d’autorità

L’art. 1 della Legge 29 marzo 2001, n. 86 stabilisce, in sostanza, che per il personale delle Forze armate gli elementi costitutivi dell’indennità in oggetto siano: a) un provvedimento di trasferimento d’ufficio; b) l’ubicazione della nuova sede in un comune diverso; c) una distanza fra la vecchia e la nuova sede di oltre

Presupposto indefettibile per l’erogazione del trattamento economico è, quindi, che il dipendente venga trasferito d’autorità da una ad altra sede permanente di servizio.

L’indennità, tuttavia, non spetta, come chiarisce la Legge n. 86, al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni.

Così, per esempio, è stato negato il diritto all’indennità a personale militare che è stato trasferito in quanto la sede giudiziaria ove prestava servizio era stata soppressa (così TAR Friuli Venezia Giulia, n. 74 del 2017)

Il Tar Lazio, in una recente sentenza (Tar Lazio Sentenza n 4400 del 2018 ) ha avuto modo di sottolineare che, secondo la pacifica giurisprudenza amministrativa, rientrano nel concetto di “trasferimento d’autorità”, non solo i trasferimenti d’ufficio per esigenze di servizio, relativamente ai quali lo spostamento di sede implica una valutazione discrezionale dell’Amministrazione disponente, ma tutte le ipotesi in cui il trasferimento del militare prescinda dalla sua volontà ed appaia il risultato di una determinazione autoritativa dell’Amministrazione militare, non rilevando la domanda, seppur presentata a seguito dell’invito diramato.

Andrea Berto

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Procedimento edilizio delle sale da gioco

Procedimento edilizio delle sale da gioco.

Le Regioni, al fine di contrastare la dipendenza dal gioco d’azzardo patologico, hanno in vario modo reso più complesso l’iter procedurale per aprire una nuova sala giochi.

Così, ad esempio, la Regione Veneto (e altre Regioni, come l’Emilia Romagna) ha introdotto una normativa speciale riguardante i procedimenti edilizi per trasformare un edificio o parte di esso in sala da gioco.

La disciplina speciale è prevista dall’art. 54 della L.R.30/2016  che reca innanzitutto la definizione di sala gioco. Per tale si intende, “un luogo pubblico o aperto al pubblico o un circolo privato in cui siano accessibili e presenti, in forma prevalente, apparecchiature per il gioco di azzardo lecito previste dalla normativa vigente”

La Regione Veneto, al fine di consentire un’omogenea applicazione in tutto il territorio, avrebbe dovuto entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge, individuare le tipologie degli esercizi da considerarsi assimilati alle sale da gioco e quindi soggette alla procedura edilizia che fra poco verrà illustrata.

Tale ulteriore attività di identificazione sarebbe stata particolarmente importante anche perchè avrebbe potuto specificare la portata dell’inciso “in forma prevalente” che, essendo generico, può portare a diversi dubbi interpretativi.

Il Veneto, tuttavia, non ha ancora provveduto e pertanto spetta ai Comuni, così come previsto dalla stessa disposizione regionale, individuare le tipologie di esercizi, comunicandole alla Regione.

Per quel che concerne il procedimento edilizio, la LR 30 del 2016 ha stabilito che gli interventi di ristrutturazione o di semplice mutamento di destinazione d’uso, con o senza opere, per trasformare un’unità immobiliare in sala da gioco, siano subordinati al rilascio del permesso di costruire.

Procedimento edilizio delle sale da gioco
Procedimento edilizio delle sale da gioco: gli interventi di ristrutturazione o di semplice mutamento di destinazione d’uso, con o senza opere, per trasformare un’unità immobiliare in sala da gioco sono subordinati al rilascio del permesso di costruire.

Ciò costituisce un notevole aggravamento della procedura in quanto, da un punto di vista generale, la ristrutturazione edilizia è subordinata al rilascio di permesso di costruire soltanto se l’intervento comporta un mutamento radicale del fabbricato (si parla di organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente), mentre nei casi di ristrutturazione non così radicale è sufficiente la presentazione di una Scia.

Così anche il mutamento di destinazione d’uso, con o senza opere, è generalmente subordinato a permesso di costruire soltanto se il mutamento è destinato ad incidere sul carico urbanistico (per esempio si passa dalla destinazione residenziale a quella commerciale), mentre negli altri casi è subordinato a semplice scia.

Nel caso delle sale gioco si prescinde dal grado di complessità dell’intervento in quanto il legislatore ha voluto subordinare a permesso di costruire qualsiasi tipo di ristrutturazione edilizia o di cambio di destinazione d’uso.

La Regione ha previsto anche un inasprimento delle sanzioni, in quanto ha stabilito che, in deroga alla vigente normativa regionale, non possa essere irrogata la sanzione pecuniaria in alternativa alla demolizione.

In sostanza, nei casi di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire o in totale o in parziale difformità dallo stesso, gli abusi sono rimossi o demoliti e gli edifici sono resi conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed edilizi entro un termine congruo stabilito dal comune, comunque non superiore a sessanta giorni.

Da notare infine che il termine per il rilascio del permesso di costruire è stato raddoppiato rispetto alla norma: il che significa che si passa da 90 giorni a 180, quindi ben 6 mesi.

Andrea Berto

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Le limitazioni di orario alle sale per il gioco d’azzardo

Le limitazioni di orario alle sale per il gioco d’azzardo.

La riduzione degli orari di apertura delle sale da gioco è una delle misure delle quali le autorità pubbliche si avvalgono più frequentemente per contrastare il fenomeno della ludopatia.

Su tale tema è accesso lo scontro tra gestori delle sale giochi e Comuni ai quali spetta in concreto il potere di regolamentare l’orario di apertura delle sale slot nel loro territorio.

Generalmente, la magistratura, chiamata sempre più spesso a pronunciarsi, ritiene legittima la limitazione dell’orario in quanto si tratterebbe di un accorgimento che disincentiverebbe dal gioco, sopratutto le fasce più giovani.

riduzione orario sale gioco
limitazione orario sale gioco: il fine è quello di disincentivare l’accesso ad alcune fasce di utenti più sensibili agli effetti negativi di tale attività

Sotto tale profilo va notato che le Amministrazioni Comunali tendono a spezzettare l’orario di apertura, facendo spesso coincidere un periodo di chiusura (dalle 13 alle 15) con il ritorno a casa dei ragazzi da scuola.

La giurisprudenza ha anche sottolineato che la limitazione dell’orario di apertura non costituisce una restrizione alla libertà di iniziativa economica.

Infatti, per i giudici amministrativi la normativa nazionale in tema di liberalizzazione delle attività economiche e degli orari dei pubblici esercizi consente alle autorità pubbliche di porre limiti e restrizioni all’attività economica per evitare danni alla salute, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l’utilità sociale.

I giudici hanno, tuttavia, affermato ( si veda parere del Consiglio di Stato n. 449 del 2018 )che i motivi di interesse generale che consentono le limitazioni di orari debbono coincidere con ragioni specifiche, da documentare in modo puntuale.

In particolare, deve risultare dimostrata la correlazione tra l’utilizzo degli apparecchi da gioco e gli affermati rischi per la sicurezza e la quiete pubblica

limitazione orario sale gioco
Limitazione orario sale gioco: la restrizione deve essere motivata da una concreta correlazione con il rischio sociale

E’ dunque necessario che qualora un’amministrazione comunale intenda porre limitazioni all’orario delle sale gioco proceda sulla scorta di approfondite indagini sulla realtà sociale comunale, previa acquisizione di dati ed informazioni il più possibile dettagliati.

Se invece il Comune si limitasse ad affermare – senza dimostrare in concreto – la violazione di interessi pubblici, rischierebbe di veder annullati i suoi provvedimenti per carenza di motivazione.

Andrea Berto

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Sulla modalità di calcolo della distanza tra sale giochi e luoghi sensibili

Sulla modalità di calcolo della distanza tra sale per il gioco d’azzardo e luoghi sensibili.

Questo  è uno degli aspetti che sta creando più contenzioso tra Comuni e gestori delle sale gioco .

Le Regioni italiane, in mancanza di una normativa statale di riferimento, stanno  cercando di predisporre interventi finalizzati alla prevenzione, al contrasto e alla riduzione del rischio dalla dipendenza da gioco d’azzardo patologico (GAP).

Gli interventi

In particolare, gli interventi messi in campo riguardano principalmente i seguenti aspetti:

– l’individuazione di una congrua distanza dai luoghi cosiddetti sensibili entro la quale è vietato autorizzare nuove sale giochi o la nuova collocazione di apparecchi per il gioco d’azzardo.

Per luoghi sensibili generalmente si intendono gli istituti scolastici di qualsiasi ordine e grado, i centri giovanili e gli impianti sportivi, i luoghi di culto e di aggregazione;

– individuazione di orari di apertura delle sale giochi e la relativa sanzione amministrativa in caso di mancato rispetto degli stessi, tenendo conto dell’impatto sul contesto, sulla sicurezza e sul decoro urbano, nonché dei problemi connessi alla viabilità, all’inquinamento acustico e alla quiete pubblica;

Spetta poi all’autonomia dei singoli Comuni stabilire in concreto la distanza dai luoghi sensibili e la regolamentazione dell’orario d’apertura.
E ciò ha determinato parecchio contenzioso, in quanto i Comuni, spesso, hanno posto dei limiti che, di fatto, hanno quasi impedito ai gestori delle sale giochi di insediarsi nel territorio comunale.

E’ capitato, ad esempio, che molti Comuni abbiano previsto nei propri regolamenti che le sale giochi debbano trovarsi ad almeno 500 metri dai luoghi sensibili.
Notevoli discussioni sono sorte in ordine alla modalità di calcolo di detta distanza, in quanto diverse Amministrazioni Comunali hanno previsto che vada calcolata “in modo lineare”.

calcolo della distanza tra sale per il gioco d'azzardo e luoghi sensibili
calcolo della distanza tra sale per il gioco d’azzardo e luoghi sensibili: nei paesi piccoli imporre una distanza, seppur contenuta, potrebbe isolare l’attività

E’ evidente che, specie nei piccoli comuni, prevedere il rispetto di 500 metri in modo lineare significa di fatto impedire qualsiasi sala giochi nel territorio comunale.
Sulla modalità di calcolo delle distanze si è recentemente pronunciato il TAR Toscana che, con la sentenza n 23/10/2017 n° 1268, ha fornito alcuni chiarimenti.

In particolare il giudice amministrativo ha precisato che “per determinare la distanza fra sala giuoco e luogo sensibile non va considerato un raggio; invece, vanno presi in esame tutti i percorsi pedonali possibili ed esistenti di collegamento fra il luogo dell’attività commerciale e il luogo sensibile di interesse, per tali intendendosi tutti i percorsi composti da marciapiedi, attraversamenti pedonali e altri dispositivi di formale identificazione del “percorso pedonale” ai sensi del Codice della Strada”.

Di questo elenco di percorsi, poi, è necessario che il percorso più breve sia di dimensioni superiori a 500 metri.

Andrea Berto

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Appalti: termine per deposito cauzione definitiva

Appalti: termine per deposito cauzione definitiva

L’art. 103 Codice degli appalti stabilisce che “l‘appaltatore per la sottoscrizione del contratto deve costituire una garanzia, denominata “garanzia definitiva” a sua scelta sotto forma di cauzione o fideiussione pari al 10 per cento dell’importo contrattuale e tale obbligazione è indicata negli atti e documenti a base di affidamento di lavori, di servizi e di forniture”.

Anche se il disciplinare di gara non ha previsto un termine per la presentazione della cauzione definitiva, il Responsabile unico del procedimento (RUP) dell’ente appaltante ben può imporre un termine perentorio, a pena di decadenza, per l’invio della documentazione necessaria ai fini della stipula del contratto.

E’ quanto ha stabilito recentemente il Consiglio di Stato nella sentenza n. 738 del 5 febbraio 2018 evidenziando come rientri tra i compiti del RUP – Responsabile unico del procedimento, la cura del “corretto e razionale svolgimento delle procedure”: e, secondo il giudice amministrativo, la procedura si svolge in modo “razionale” se sviluppata mediante fasi logicamente correlate che conducono alla realizzazione dell’obiettivo perseguito (l’acquisizione dell’opera, del servizio o della fornitura).

Sempre il Consiglio di Stato rileva che la cauzione,ai sensi dell’art 103 sopra citato, è necessaria per la sottoscrizione del contratto (comma 1) tanto che la mancata costituzione della suddetta garanzia determina la decadenza dall’affidamento (comma 3) e pertanto la cauzione deve essere costituita, a pena di decadenza (essendo già intervenuta l’aggiudicazione), antecedentemente alla stipulazione del contratto (ed anzi è condizione per la stipulazione).

Il rispetto della norma impone pertanto al RUP di ottenere la prova dell’avvenuta costituzione della garanzia definitiva per poter fissare la data della stipulazione del contratto. Solo la fissazione di un termine perentorio può evitare l’indefinito protrarsi della fase aperta dall’aggiudicazione provvisoria e permettere la stipula del contratto definitivo.

 

 

Piano casa ed edifici crollati

Piano casa ed edifici crollati: possibile l’applicazione?  A questa domanda il TAR Veneto ha recentemente risposto di .

Secondo il giudice amministrativo (sentenza n. 1063 dell’8 novembre scorso) per la normativa regionale sul piano casa un edificio crollato può essere considerato come esistente.

Il giudice, al riguardo, ha osservato che “la problematica relativa alla nozione di nella prospettiva del legislatore regionale del piano casa rileva ai fini dell’applicabilità agli edifici in corso di realizzazione, perché la legge piano casa si applica agli edifici esistenti alla data del 31 ottobre 2013”.

In quest’ottica, la circolare regionale n. 1 del 13 novembre 2014, ha precisato che, in mancanza di una definizione nella legge della nozione di “edificio esistente” alla quale riferirsi, è possibile in via analogica riferirsi all’elaborazione giurisprudenziale intervenuta in materia di condono che ha precisato che, per considerarsi esistente, l’edificio deve essere perlomeno caratterizzato dalla presenza delle strutture portanti e della copertura, mentre non è richiesta l’agibilità”.

Tuttavia, come visto, tutti questi aspetti attengono in modo espresso all’applicabilità della legge sul piano casa rispetto agli immobili in corso di realizzazione: mentre mancano specifiche previsioni inerenti la diversa problematica attinente all’eventuale utilizzabilità di edifici crollati o demoliti”.

Rispetto a questi ultimi, in mancanza di disposizioni regionali di segno diverso, è pertanto condivisibile la tesi che ritiene applicabile agli edifici crollati o demoliti il medesimo regime previsto dall’art. 3, comma 1, lett. d), del DPR 6 giugno 2001, n. 380 e successive modificazione che, in via generale, qualifica come interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, a condizione che “sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.

piano casa ed edifici crollati
Piano casa ed edifici crollati: possibile l’applicazione se ne è appurabile la precedente consistenza.

Nel caso di specie, osserva il TAR, che “dalla documentazione fotografica allegata alla pratica edilizia che rappresenta il manufatto come era in origine e dalle mura perimetrali e dai pilastri rimasti, trattandosi di un edificio adibito a magazzino dalla struttura regolare essendo a pianta rettangolare con unica falda inclinata di copertura, è stato possibile ricostruire con esattezza la sagoma, la superficie ed il volume originari, e pertanto l’immobile, alla luce del combinato disposto tra la normativa statale sopravvenuta che ha ridefinito la nozione di ristrutturazione e quella regionale sul piano casa legittimamente è stato considerato come “esistente” ai fini dell’applicazione della normativa sul piano casa”.

In conclusione, secondo il TAR, bisogna distinguere tra edifici in corso di realizzazione che si considerano come “esistenti” se hanno almeno le strutture portanti e la copertura ed edifici crollati o demoliti che, ai fini dell’applicazione del piano casa, sono considerati esistenti se è possibile accertarne la preesistente consistenza.

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