Skip to main content

Assegnazione della casa familiare: chi paga le spese?

Dopo l’assegnazione della casa familiare chi paga le spese per le utenze e per la manutenzione dell’immobile?

Uno degli aspetti che i coniugi debbono valutare attentamente in sede di separazione è l’assegnazione della casa familiare.

In assenza di accordo, il giudice potrà disporla nel “preminente interesse dei figli”.

Bene, diamo per scontato questo passaggio, su cui ci eravamo soffermati in precedenza, e andiamo ad esaminare un’altra problematica, ricorrente nella fase successiva alla separazione.

Chi sopporterà le spese della casa?

Bollette, rifiuti, tasse, imposte, manutenzione ordinaria, lavori straordinari.

C’è da far girare la testa a pensarci, specie in un ambito assai convulso quale quello che impera durante la crisi coniugale, dove si debbono valutare mille aspetti e quelli di contorno non trovano sempre spazio. E poi la “coperta” è spesso troppo corta per far combaciare tutto.

Teniamo conto che l’assegnazione della casa è un indubbio vantaggio, oltre che per i figli, anche per il coniuge che debba esserne beneficiato, ma è indubbio che mantenere un immobile, spesso di dimensioni consistenti, utilizzato da più persone che consumano, eccome se consumano, e usurano ambienti ed accessori, può essere assai oneroso.

Andiamo con ordine.

Le bollette.

assegnazione casa familiare bollette

Acqua, luce, gas, rifiuti, andranno ascritti al solo coniuge assegnatario della casa.

Come ha rilevato una recentissima pronuncia della Cassazione “L’assegnazione della casa coniugale esonera l’assegnatario esclusivamente dal pagamento del canone, cui altrimenti sarebbe tento nei confronti del proprietario esclusivo dell’immobile assegnato, sicché la gratuità dell’assegnazione dell’abitazione ad uno dei coniugi si riferisce solo all’uso dell’abitazione medesima (per la quale, appunto, non deve versarsi corrispettivo) ma non si estende alle spese correlate a detto uso (ivi comprese quelle che riguardano l’utilizzazione e la manutenzione delle cose comuni poste a servizio anche dell’abitazione familiare) le quali, son di regola a carico del coniuge assegnatario”. (Cass Civ. 10927/2018)

La porzione di utenze addebitabile ai figli sarà, infatti, da ascrivere al contributo al mantenimento ordinario versato mensilmente dal genitore non assegnatario.

E’ vero che, specie nei mesi invernali, i costi sono destinati a lievitare considerevolmente, ma è altrettanto appurato che durante gli altri mesi, in cui le spese saranno più contenute, sarà buona cura dell’altro genitore risparmiare e mettere fieno in cascina (lo so, in sede di separazione è pressochè impossibile utilizzare la parola “risparmio”).

Spese di manutenzione ordinaria.

Si tratta di pulire la caldaia? Sostituire il lavandino? Tinteggiare i muri interni?

Ci pensa il coniuge che abbia il beneficio dell’abitazione.

Come è stato rilevato da alcune pronunce, il diritto dell’assegnatario corrisponde al diritto reale di abitazione di cui all’art. 1022 c.c., in base al quale nella ripartizione degli oneri di ordinaria e straordinaria manutenzione valgono i medesimi criteri stabiliti in materia di usufrutto.

Per cui: le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa (art. 1004 cc) saranno a carico del coniuge assegnatario.

Spese di manutenzione straordinaria.

assegnazione casa familiare spese straordinarie
assegnazione della casa familiare chi paga le spese ? Spese ordinarie all’assegnatario, straordinarie al proprietario

Rifacimento del tetto, cappotto termico, rinnovamento o manutenzione di infissi, impianti, scale, muri maestri, travi, solai, muri di sostegno o di cinta: sono spese straordinarie che, facendo propri i concetti di cui sopra, andranno ascritti al proprietario dell’abitazione, anche se non sia assegnatario.

Spese condominiali

Seguiranno la ripartizione sopra indicata, in base alla quale alcuni capitoli di spesa andranno addebitati all’inquilino, altri al proprietario.

Piuttosto, è ipotesi frequente che determinate spese condominiali vengano deliberate in un momento e sostenute in epoca successiva.

Se al momento della loro approvazione la famiglia era unita sotto lo stesso tetto e, poi, al momento in cui debbano essere pagate la separazione sia avvenuta ed un solo coniuge, con i figli, dimori nella casa familiare, chi dovrà sostenerle?

Anche qui la Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi, rilevando che “l’obbligazione di ciascun condomino di contribuire alle spese per la conservazione dei beni comuni nasce nel momento in cui è’ necessario eseguire le relative opere, mentre la delibera dell’assemblea di approvazione della spesa rende liquido il debito”.

Per cui l’anteriorità della delibera condominiale sulle spese che debbano sostenersi rispetto all’assegnazione della casa esclude che l’assegnatario sia tenuto al pagamento delle stesse a prescindere che sia poi quest’ultimo l’effettivo soggetto che benefici dell’esecuzione dei lavori.

Dovrà provvedervi il coniuge proprietario.

Con un’altra interessante precisazione.

Allorquando l’altro coniuge, non proprietario, abbia contribuito a far fronte a tali spese, questi, in sede di separazione, non potrà chiederne il rimborso, essendo tali oneri stati sostenuti per contribuire ai bisogni della famiglia e, pertanto, non rimborsabili (vedasi apposito post)

Per una consulenza in materia di Assegnazione della casa familiare e relative spese da parte degli avvocati Berto, clicca qui

 

 

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Litigare davanti ai figli può costituire reato?

Litigare davanti ai figli: la violenza assistita, se ripetuta ed idonea a ledere la stabilità emotiva della prole, può realizzare il reato di maltrattamenti in famiglia.

Ne stanno parlando pure Di Maio e Salvini, in questo periodo così tumultuoso per le sorti del nostro paese: gli effetti negativi delle crisi familiari debbono essere arginati, soprattutto a tutela dei figli, specie minori, tanto è che nel loro “contratto di governo” i due esponenti politici stanno “valutando l’introduzione di norme volte al contrasto del grave fenomeno dell’alienazione parentale”. 

In attesa di capire quali possano essere gli interventi legislativi promessi e, soprattutto, di appurarne la loro eventuale – ma auspicabile – efficacia, ci soffermiamo a riflettere su un altro fenomeno, purtroppo, assai diffuso: quello delle liti accese tra genitori cui sono testimoni inermi i figli.

Litigi davanti ai figli: è reato?

Arriva l’estate, la bella stagione. Col caldo si aprono le finestre, anche a notte inoltrata. Capita di sovente che la brezza della sera si accompagni al rumore di urla, insulti, pianti e frastuoni provenienti da abitazioni vicine, che prima non si udivano, perché col freddo ci si rinchiudeva in casa, ma ora non si riescono ad ignorare.

Il pensiero degli astanti correrà, allora, ai figli dei litiganti, spettatori inermi di un spettacolo a cui chiunque vorrebbe essere esentato ad assistere.

Può essere ammessa una condotta simile? E’ giuridicamente lecito mantenere comportamenti che potrebbero ledere la stabilità emotiva di bambini o adolescenti in età evolutiva, con gravi ripercussioni, appurabili anche in età adulta?

La risposta è, ovviamente, negativa, ma il percorso per arrivarci non è così agevole.

Non c’è, infatti, una norma che espressamente venga a punire – di per se stessa – la cd “violenza assistita”, che attualmente è una semplice circostanza aggravante di altri reati commessi in presenza o in danno di un minore di anni 18 (art. 61, n 11 quinquies cp). 

maltrattamenti in famiglia
Chiunque, maltratta una persona della famiglia … è punito con la reclusione da due a sei anni.

Maltrattamenti in famiglia

Un’interessante – quanto recentissima – Sentenza della Corte di Cassazione ha inserito la fattispecie nell’ambito del delitto di “maltrattamenti in famiglia” (Art. 572 cp)

Come accennato, l’approdo non è stato così scontato ed il motivo è presto detto.

Il reato di maltrattamenti riguarda colui che, appunto, maltratta una persona della famiglia.

I maltrattamenti sembrano presupporre una condotta attiva di atteggiamenti vessatori – fisici e/o psicologici – rivolti alla persona offesa. Ma se tali comportamenti non siano diretti verso i figli ma alla persona del coniuge e i minori si limitino ad essere spettatori passivi di tali condotte violente e offensive potrebbe sorgere qualche dubbio in ordine alla integrazione del reato nei confronti della prole.

La Cassazione non ha questi dubbi.

Il caso in esame riguardava due genitori, animati da un’accesissima ostilità e disaccordo, che – ben guardandosi dal simulare le loro liti ai figli minori – li costringevano “a presenziare alle reiterate manifestazioni di reciproca conflittualità realizzate nell’ambito del rapporto di convivenza (….) mediante ripetuti episodi di aggressività fisica e psicologica, con condotte vessatorie e continui litigi, minacce e danneggiamenti di suppellettili”.

Ebbene, non si trattava di verificare se tali comportamenti avrebbero potuto legittimare la configurazione del reato di maltrattamenti di un genitore nei confronti dell’altro – rispetto al quale ben si sarebbe potuta invocare l’aggravante della violenza assistita dai minori (per un reato, lo si ripete, avente come persona offesa il coniuge) – bensì si doveva vagliare se la fattispecie criminosa si sarebbe potuta richiamare nei confronti dei figli, nelle loro vesti di spettatori loro malgrado alle invettive di mamma e papà.

La Corte di Cassazione ha propeso per considerare integrato il reato di maltrattamenti nei confronti dei figli.

Maltrattattare è anche far assistere ai litigi

Litigare davanti ai figli
Litigare davanti ai figli può integrare il reato di maltrattamenti

Per gli ermellini “non è revocabile in dubbio che il delitto di maltrattamenti possa essere configurato anche nel caso in cui i comportamenti vessatori non siano rivolti direttamente in danno dei figli minori, ma li coinvolgano (solo) indirettamente quali involontari spettatori delle feroci liti e dei brutali scontri fra i genitori che si svolgano all’interno delle mura domestiche, cioè allorquando essi siano vittime di c.d. violenza assistita. La condotta di chi costringa minore, suo malgrado, a presenziare – quale mero testimone – alle manifestazioni di violenza, fisica o morale, è certamente suscettibile di realizzare un’offesa al bene tutelato dalla norma (la famiglia), potendo comportare gravi ripercussioni negative nei processi di crescita morale e sociale della prole interessata”.

La Cassazione, ancora, rileva come costituisca “approdo ormai consolidato della scienza psicologica che anche bambini molto piccoli, persino i feti ancora nel grembo materno, siano in grado di percepire quanto avvenga nell’ambiente in cui si sviluppano e, dunque, di comprendere e di assorbire gli avvenimenti violenti che ivi si svolgano, in particolare le violenze subite dalla madre, con ferite psicologiche indelebili ed inevitabili riverberi negativi per lo sviluppo della loro personalità.”.

Da ultimo, e per precisione, va sottolineato come sia stato evidenziato dai Supremi Giudici come il reato di maltrattamenti imponga, per la sua realizzazione, non già un isolato od occasionale comportamento vessatorio, ma “una condotta abituale che si estrinseca con più atti, delittuosi o no, che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi ma collegati da un nesso di abitualità ed avvinti nel loro svolgimento da un’unica intenzione criminosa di ledere l’integrità fisica o il patrimonio morale del soggetto passivo”.

La Sentenza: Cass., VI pen., sent. n. 18833/2018 

Per una consulenza in materia di violenza assistita da figli minori, clicca qui.

 

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione

Rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione: cosa fare?

La casa dei genitori è la casa dei figli. Nella casa dei figli i genitori sono ospiti(Fausto Melotti, artista)

Gran verità.

Ed infatti il codice civile stabilisce che in caso di separazione il godimento della casa familiare sia attribuito tenendo conto prioritariamente dell’interesse dei figli (art. 337 sexies).

Ora, poniamo caso che il Giudice abbia già statuito a quale dei coniugi debba essere assegnata l’abitazione familiare, cosa succede se il coniuge non assegnatario rifiutasse di lasciarla?

Non è ipotesi infrequente, soprattutto quando un coniuge subisca la separazione come una scelta unilaterale del compagno, rispetto alla quale ritenga di non doversi assumere le conseguenze, specie quelle dolorose di abbandonare il tetto di una vita e, pratiche, di doversi cercare un’altra sistemazione.

Rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione: il provvedimento che assegna l’abitazione è titolo esecutivo.

Rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione
Rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione: il provvedimento di assegnazione costituisce titolo esecutivo per conseguire il rilascio

La statuizione – provvisoria o definitiva – con cui il Giudice assegna la casa familiare comporta implicitamente il precetto per il coniuge non assegnatario di doverla abbandonare, altrimenti la “separazione” si svuoterebbe di significato che è, appunto, quello di recidere l’obbligo di convivere sotto lo stesso tetto.

Il provvedimento giudiziale di assegnazione costituisce titolo esecutivo, idoneo cioè ad essere azionato, fatto valere in via esecutiva, con la forza pubblica se necessario.

Il coniuge a cui, in sede di separazione, sia stata assegnata la casa può, pertanto, rivolgersi al giudice dell’esecuzione – e non già allo stesso giudice che abbia pronunciato la separazione – dando luogo ad un procedimento del tutto analogo a quello con il quale si aziona qualsiasi altro titolo esecutivo.

Non solo.

Il rifiuto di abbandonare la casa potrebbe configurare anche un reato.

Due sono le ipotesi che potrebbero realizzarsi.

La violazione del domicilio domestico (art. 614 cp) commessa da chi “chi si trattiene” nei luoghi di privata dimora o nell’abitazione “contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo”: la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni.

In secondo luogo, la condotta esaminata – a fronte dell’assegnazione della casa familiare nel preminente interesse dei figli – potrebbe concretizzare violazione degli obblighi di natura economica, sanzionati con le medesime pene stabilite dal codice penale per la violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione (570 cp).

Riassumendo.

A fronte del rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione il coniuge assegnatario, escluso che possa farsi giustizia da se’, cambiando il lucchetto dell’abitazione o impedendo con la forza che l’altro possa entrare (si tratterebbe di rimedi che potrebbero legittimare un’azione possessoria da parte del consorte), si dovrà ricorrere ad un avvocato che notifichi copia conforme del provvedimento di assegnazione, munito di formula esecutiva, unitamente al precetto contenente l’intimazione ad abbandonare l’abitazione.

Se il coniuge non lascia la casa familiare
Rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione: può configurare molteplici reati, cui possono conseguire anche provvedimenti cautelari

Trascorso il termine assegnato per il rilascio si dovrà chiedere l’intervento dell’ufficiale giudiziario, eventualmente assistito da agenti della pubblica sicurezza, al fine di procedere allo sgombero.

In caso di urgenza o necessità potrà rivolgersi alle autorità di polizia o giudiziarie penali nell’ipotesi in cui la condotta dell’occupante senza titolo integrasse una fattispecie di reato tra quelle sopra indicate.

Qualora, inoltre, il coniuge che non intendesse lasciare la casa desse luogo a comportamenti ulteriori, di minaccia, violenza fisica,morale etc… potrebbe essere richiesto un ordine di protezione contro gli abusi familiari, con l’imposizione dell’allontanamento dalla casa familiare del coniuge che abbia tenuto la condotta pregiudizievole.

Per una consulenza in materia di rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione da parte degli Avvocati Berto clicca qui 

 

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Il marito frequenta siti di incontri? addebito della separazione

Se il marito frequenta siti di incontri è configurabile la violazione dell’obbligo di fedeltà.

Fedeli sono coloro cui manca l’occasione di non esserlo.” (M. Morandotto).

La Cassazione aggiunge: anche cercare di non essere fedele può costituire infedeltà.

Tra gli obblighi che il nostro codice civile fa sorgere con il matrimonio in capo ai coniugi v’è quello di fedeltà (art. 143 cc.)

La violazione di tale precetto potrebbe comportare la pronuncia di addebito della separazione.

Lasciamo stare che, da alcune parti, vi sia la richiesta di eliminare tale obbligo tra quelli che nascono con il matrimonio

Concentriamoci sui fatti

Cosa è la fedeltà in ambito coniugale?

Ci ho messo un po’ a capire che è più importante che una donna sia felice che fedele. Perchè una donna felice non tradisce. (F. Volo)

Dedizione fisica e spirituale, recita alcuno.

Impegno reciproco di devozione, precisa un altro.

Ed ancora lealtà, non tradire la fiducia del coniuge.

Per la giurisprudenza il concetto è abbastanza elastico.

Un dato certo è che non si riduce al semplice astenersi da rapporti sessuali con altri.

Animo et corpore, per dirla in latino.

E’ imposto un ampio obbligo di dedizione fisica e spirituale tra i coniugi, la cui declinazione, ovviamente, può variare col mutare dei tempi.

Siamo nell’era tecnologica e oramai su internet si fa tutto: si compra, si legge, si comunica, si conosce.

Brulicano siti sempre più numerosi e disomogenei volti a favorire incontri tra persone allo scopo di favorire conoscenze, incontri, passioni.

L’occasione fa l’uomo ladro.

Il quesito odierno è questo: se un coniuge fosse scoperto a frequentare siti di incontri sarebbe configurabile una condotta contraria all’obbligo di fedeltà?

Secondo una recentissima pronuncia della Cassazione la risposta è affermativa.

marito frequenta siti di incontri
Il marito frequenta siti di incontri: violazione dell’obbligo di fedeltà

Nel caso di specie i coniugi nel procedimento di separazione giudiziale erano a chiedere, reciprocamente, la pronuncia di addebito.

Il marito si doleva che la moglie avesse abbandonato il tetto coniugale senza giusta causa.
La moglie che il marito frequentasse siti volti a favorire la “ricerca di compagnie femminili”.

In primo grado e secondo grado di giudizio era stata pronunciata la “colpa” del marito.

La decisione è stata confermata dalla Suprema Corte.

 Ricercare  “relazioni extraconiugali tramite internet è circostanza oggettivamente idonea a compromettere la fiducia tra coniugi e a provocare l’insorgere della crisi matrimoniale all’origine della separazione“.

marito frequenta siti di incontri
Fedeltà non è solo astenersi da rapporti sessuali con terzi ma avere un comportamento leale col coniuge

In sostanza, come ogni pronuncia di addebito bisogna verificare se la condotta che abbia violato gli obblighi matrimoniali sia stata il motivo determinante dell’arenarsi del rapporto coniugale.

Ove si consolidi nel solco di una crisi in atto andrà valutata con minor rigore (ne avevamo parlato a questo link).

In ogni caso, si è ritenuto che la navigazione in cerca di compagnia costituisca, potenzialmente, un comportamento idoneo a ledere la fiducia tra i coniugi e, pertanto, capace di far naufragare il rapporto.

 L’ordinanza della Corte di Cassazione: n. 9384/2018.

Per una consulenza in materia di addebito della separazione da parte degli avvocati Berto, clicca qui.

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Rimborso spese ristrutturazione casa familiare: una sentenza isolata o un cambio di orientamento?

Rimborso spese ristrutturazione casa familiare: una recente Sentenza della Corte di Cassazione scompiglia il precedente consolidato orientamento.

Solidarietà coniugale.

L’art. 143 cc impone che entrambi i coniugi siano tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo , a contribuire ai bisogni della famiglia.

Si è nella stessa barca, ognuno ci metta il suo.

Conseguenze?

Per quanto concerne eventuali spese sostenute da un coniuge per la sistemazione, ristrutturazione, miglioramento della casa familiare, appartenente in esclusiva proprietà all’altro coniuge, la giurisprudenza più che consolidata stabiliva la non rimborsabilità degli importi versati quando “le opere realizzate risultino finalizzate a rendere l’abitazione più confacente ai bisogni della famiglia e, quindi, l’esborso si riveli sostenuto in adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art. 143 c.c.” (ex multis, Cass. Civ. 10942/2015).

Rimborso spese ristrutturazione casa familiare
Rimborso spese ristrutturazione casa familiare. Entrambi i coniugi sono tenuti a concorrere ai bisogni della famiglia. Gli importi versati non dovranno essere restituiti.

La Cassazione spariglia le carte

Una recente Sentenza della Cassazione – n. 20207/2017 – scombussola tale prospettazione, ponendo rilievo ad altri aspetti che, tuttavia, portano a risultati sideralmente differenti.

L’accento, infatti, è stato posto su un altro articolo del codice civile, attinente i diritti che spettano al possessore di un bene ( di proprietà altrui ) per le migliorie apportatevi (art. 1150 cc.).

Tale disciplina riconosce il diritto al rimborso per le spese fatte per le riparazioni straordinarie e ad una indennità per i miglioramenti recati alla cosa, purchè sussistano ai tempi della restituzione.

Sulla scorta di tale disposizione, la Corte è giunta a riconoscere al coniuge non proprietario, nella sua veste di possessore della casa coniugale, il diritto al rimborso delle spese sostenute per migliorarla.

Due particolarità di non poco conto.

  • Il riconoscimento della qualifica di possessore” del coniuge che non sia titolare del diritto di proprietà dell’immobile.
    La giurisprudenza aveva sempre rinvenuto in tale fattispecie un ambito di semplice detenzione (seppur “qualificata”) del bene, in quanto tale non rientrante nella disciplina del possesso, specie con riferimento all’ipotesi di cui al menzionato art. 1150 cc (vedasi, ad esempio,Cass. civ. Sez. II, 28/11/2017, n. 28379).
Rimborso spese ristrutturazione casa familiare
Rimborso spese ristrutturazione casa familiare Il possessore ha diritto al rimborso delle spese sostenute per le migliorie del bene. Ma il coniuge non proprietario è possessore della casa familiare?
  • In secondo luogo, è stata riconosciuta la natura di credito di valore del rimborso dovuto al coniuge che abbia contribuito ai miglioramenti dell’immobile appartenente all’altro consorte, in quanto tale da rivalutarsi secondo gli indici ISTAT e da considerarsi produttivo di interessi al tasso legale sulle somme via via rivalutate.

Per verità si era assistito in precedenza ad alcuni arresti della giurisprudenza di merito volti a percorrere il medesimo filone argomentativo seguito oggi dalla Cassazione, ma il diritto al rimborso alle spese sostenute per le migliorie era stato riconosciuto per ipotesi nelle quali l’impiego di somme era avvenuto per investimenti esclusi dall’ambito solidaristico delineato dall’art. 143 cc.

Staremo a vedere se si tratterà di una pronuncia isolata o di un nuovo solco destinato ad aprire scenari diversi rispetto a quelli precedentemente consolidati.

La sentenza: Cass. Civ. 20207/2017 

Per una consulenza in materia di rimborso spese ristrutturazione casa familiare da parte degli avvocati Berto, clicca qui .

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Assegnazione della casa familiare: l’acquisita indipendenza economica dei figli giustifica la revoca.

Può essere revocata l’assegnazione della casa familiare una volta che i figli siano divenuti autosufficienti.

Poniamo il caso: abitazione familiare, di proprietà esclusiva di un coniuge.

In assenza di figli, in linea di massima, non sarà data al giudice la possibilità di assegnare la casa al coniuge non proprietario in caso di separazione.

Se vi siano figli, il discorso cambia.

L’art.  337-sexies c.c. stabilisce che “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli“.

La tutela muove dal riconoscimento dell’esigenza di preservare la prole dalle conseguenze negative della separazione dei genitori, cercando di conservare l’habitat, le abitudini di vita, il consorzio sociale nel quale i figli sono inseriti e che lo sradicamento comprometterebbe.

Fino a quando opera tale tutela per l’assagnazione della casa familiare?E’ possibile sostenere che l’assegnazione della casa familiare segua le sorti dell’obbligo al mantenimento dei figli da parte dei genitori: dovuto fino al raggiungimento dell’indipendenza economica dei discendenti.Lo ha – indirettamente – ribadito una recente ordinanza della corte di Cassazione, che ha respinto l’impugnazione avverso un provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa familiare, originariamente attribuita ad una madre convivente con la figlia, non economicamente autosufficiente.

 

assegnazione della casa familiare
L’acquisita indipendenza economica dei figli giustifica il provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa familiare
A seguito del reperimento di occupazione da parte della ragazza – evidentemente connotata da stabilità ed adeguata redditività  –  il padre chiedeva la modifica delle condizioni di divorzio e, appunto, di rientrare in possesso dell’abitazione di sua proprietà esclusiva.Domanda accolta, in virtù del fatto che era venuto meno l’originario presupposto di tutela del principale interesse della prole con il conseguimento dell’indipendenza economica.Principio fatto proprio dalla Suprema Corte: con l’autosufficienza verrà meno tanto l’obbligo di mantenimento, quanto l‘assegnazione della casa familiare.Il provvedimento: Cassazione civile, ordinanza 22 gennaio 2018, n. 1546

 

Per una consulenza in materia di “assegnazione della casa familiare” da parte degli avvocati Berto, clicca qui.

 

 
Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Assegno di mantenimento: la nascita di un nuovo figlio può legittimarne la riduzione

La nascita di un nuovo figlio è un evento sopravvenuto che può legittimare la riduzione dell’assegno di mantenimento.

Torniamo su un argomento di concreto interesse.

Ce ne eravamo già occupati in altro post, allorquando si evidenziava che per chiedere la revisione delle condizioni di separazione o di divorzio, anche per quanto riguarda la contribuzione al mantenimento dei figli, fosse necessario allegare giustificati e sopravvenuti motivi, tali da comportare una significativa mutazione del quadro complessivo delle circostanze tenute in considerazione al momento della pronuncia.

assegno di mantenimento nascita di un nuovo figlio
La nascita di un nuovo figlio, dopo la separazione o il divorzio, è evento nuovo che potrebbe legittimare la revisione dell’assegno di mantenimento.

Assegno di mantenimento e nascita di un nuovo figlio

La Suprema Corte già aveva avuto modo di rinvenire nella nascita di un nuovo figlio, per il coniuge tenuto alla corresponsione dell’assegno di mantenimento, un evento peggiorativo delle condizioni economiche tale da legittimare la revisione di tale obbligo.

La conferma dell’orientamento avviene con una recentissima pronuncia, con la quale gli ermellini hanno statuito su un caso riguardante il ricorso promosso da un padre (ex coniuge) volto ad ottenere la riduzione della contribuzione da corrispondere all’ex moglie per il mantenimento dei figli, sul presupposto della nascita di un nuovo figlio.

In prima battuta l’istanza era stata rigettata, giacchè era emerso che il ricorrente all’epoca dell’emissione della sentenza di divorzio, avesse già avuto altri due figli dalla donna con la quale aveva intrecciato una nuova relazione e che aveva di seguito sposato e, pertanto, la circostanza della sopravvenuta nascita di prole non fosse sopravvenuta, ma già eccepibile e proponibile al momento della pronuncia che statuiva le condizioni divorzili.

Il giudice di prime cure aveva appurato, altresì, che le condizioni economiche del richiedente la revisione non fossero peggiorate, ma, anzi, implementate di qualche centinaio di euro, tenuto conto, altresì, del reddito percepito dalla nuova moglie, a titolo di pensione di invalidità.

La corte ha cassato tale pronuncia, rilevando come fosse errato arrestarsi alla considerazione che “il fatto preesistente (la nascita delle due figlie) precludesse l’esame del fatto sopravvenuto la cui ricorrenza avrebbe dovuto accertare (il mutamento in peius della complessiva condizione economica dell’obbligato rispetto alla data del divorzio, che non gli consentiva più di far fronte agli obblighi assunti verso E.), erroneamente considerando il primo nella sua sola dimensione statica, anzichè in quella dinamica, che gli imponeva di tener conto delle accresciute esigenze materiali delle altre figlie del ricorrente, indubitabilmente connesse alla loro crescita“.

Non solo.

La Cassazione ha sottolineato come fosse stata operata “una non consentita parcellizzazione del reddito”  del ricorrente  (il cui modesto aumento era stato ritenuto idoneo a “neutralizzare” i costi del mantenimento dell’ultimogenito)” e si fosse “sostanzialmente omesso di effettuare l’indagine dovuta, che consisteva nel verificare globalmente se, ed in che misura, le circostanze sopravvenute avessero alterato l’equilibrio economico raggiunto fra le parti alla data di emissione della sentenza di divorzio, e nell’adeguare eventualmente l’importo alla nuova situazione patrimoniale riscontrata“.

 

Il provvedimento: Cassazione civile, ordinanza 2 febbraio 2018, n. 2620

Per una consulenza in materia di assegno di mantenimento, clicca qui

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Matrimoni, separazioni e divorzi a Vicenza: i dati del 2017

Alcuni dati statistici pubblicati sul sito del Comune indicano il trend di matrimoni, separazioni e divorzi a Vicenza.

Stabile, tendente al ribasso.

La potremmo definire così la situazione  nell’anno appena terminato, se fosse possibile compendiare con terminologia “meteo” il “tempo” delle famiglie nel nostro comune di Vicenza.

Matrimoni, separazioni e divorzi a Vicenza: al volgere del 2016 avevamo segnalato un minimo incremento dei matrimoni celebrati rispetto all’anno precedente, (ecco il post ).

Ora assistiamo a un leggero decremento: 270 matrimoni celebrati nel 2017 rispetto ai 290 contratti nel 2016.

dati matrimoni separazioni e divorzi a Vicenza
Matrimoni, separazioni e divorzi a Vicenza. Consultabili sul sito del Comune di Vicenza i dati delle famiglie 2017

Costante è invece la differenza significativa relativa al rito prescelto: i matrimoni civili più che doppiano quelli religiosi (185 a 85). Così era stato anche nel 2016, con risultati di poco differenti (193 a 97). Nel 2015, invece, il divario era stato più contenuto, (197 a 125). Bisogna risalire al 2007 per appurare il periodo in cui è avvenuta l’inversione di tendenza, prima ad appannaggio del matrimonio religioso.

Età matrimoni separazioni e divorzi VicenzaMatrimoni, separazioni e divorzi a Vicenza: Circa l’età media degli sposi, si apprende un aumento rispetto all’anno precedente: i neo mariti 40,2 anni (nel 2016 l’età era di 38,6) mentre le spose 37 anni (35,1 l’anno prima).

I dati sono significativamente differenti a seconda che il rito sia stato civile (m 42,5 f 39,4) o religioso (m 35,1 e f 31,9). E’ logico dedurre che la maggiore età riportata nei coniugi celebrati civilmente sia dovuta anche, e soprattutto, alle seconde nozze, inglobate nei primi. Sostanzialmente stabile il rapporto tra matrimoni di cittadini italiani (185 nel 2017 contro i 188 del 2016), di stranieri (56 nel 2017, 71 nel 2016), e misti (rispettivamente 56 e 71).

Unioni civili a Vicenza: Le unioni civili nel 2017 sono state 30: 27 tra maschi e 7 tra femmine.

Non si hanno ancora i dati ufficiali circa il trend di separazioni e divorzi a Vicenza. Gli unici conteggi a disposizione riguardano il numero totale di divorziati, che nel 2017 è aumentato di circa 250 unità rispetto all’anno precedente (4.447 a 4.223, confermando una tendenza sempre in crescita.

Per una consulenza in materia di matrimonio, separazione o divorzio  da parte degli avvocati Berto clicca qui.

Mancato versamento assegno di mantenimento: quando è reato

Mancato versamento assegno di mantenimento e violazione degli obblighi di assistenza familiare.

 

Ai figli non far mancare il pane: questo motto, di uso popolare, si traduce in una precisa disposizione del codice penale, che viene a sanzionare la violazione degli obblighi di assistenza familiare.

Di cosa si tratta?

Entrambi i genitori sono tenuti a contribuire a mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli.

Analogo obbligo i coniugi si assumono contraendo il matrimonio, allorquando si impegnano reciprocamente all’assistenza materiale.

Mancato versamento assegno di mantenimento
Mancato versamento assegno di mantenimento. E’ reato fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro

Ebbene, l’art. 570 cp viene a sanzionare la condotta di “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale  o alla qualità di coniuge“.

La pena comminata è la reclusione fino ad un anno o la multa  da 103 fino a 1032 euro. Tuttavia, dette pene si applicheranno congiuntamente a chi, tra l’altro, faccia ”  , agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa“.

 

Il precetto è chiaro, la sanzione è severa e resa ancora più disincentivante la condotta del mancato versamento assegno di mantenimento, punita tramite la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena, all’esito del procedimento penale, alla corresponsione di un importo da versare a titolo provvisionale.

Ciò nonostante, le aule dei Tribunali sempre più frequentemente si trovano ad occuparsi di casi relativi a questa fattispecie, resa ulteriormente ricorrente dall’acuirsi della crisi che ha colpito l’economia ed il mercato del lavoro negli ultimi anni.

Una recente Sentenza della Corte di Cassazione è tornata, però, a ribadire, una considerazione già più volte fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità, ossia che per andare assolto dall’incriminazione in oggetto il genitore (o coniuge) inadempiente rispetto all’obbligo di assistenza materiale non sarà sufficiente che dimostri il proprio stato di perdurante disoccupazione e quindi la propria assenza di reddito.

assegno mantenimento vicenza
Se lo stato di disoccupazione non sia dovuto ad impossibilità assoluta ed incolpevole a trovare lavoro, il mancato versamento assegno di mantenimento potrebbe costituire reato

E’ necessario, semmai, dar prova dell’assoluta impossibilità di far fronte alle obbligazioni attraverso la dimostrazione di una fruttuosa attivazione in tal senso.

Si noti, l’impossibilità deve essere assoluta ed incolpevole.

Da ultimo, sarà irrilevante allegare che il figlio minore non versi in condizioni di indigenza, perchè lo stato di bisogno è insito proprio in tale situazione.

La sentenza: Cassazione Penale n. 39411/2017   

Per una consulenza in materia di mancato versamento assegno di mantenimento, clicca qui.

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Assegno di mantenimento del coniuge: nulla è dovuto se il matrimonio è durato un soffio.

Presupposto essenziale per poter ottenere un assegno di mantenimento è l’instaurarsi della comunione materiale e spirituale tra i coniugi.

Green card: matrimonio di convenienza.
Era il titolo di un film del 1990 che narrava la storia di una coppia in cui lui, cittadino francese sposava un’americana per poter ottenere la green card ed avviarsi al lavoro negli Stati uniti e lei convolava a nozze per poter ottenere in  affitto un alloggio, assegnabile solo a coppie sposate.

C’è da chiedersi: nel caso in cui la coppia di sposi, poco dopo le nozze, si fosse separata, sarebbe spettato un assegno di mantenimento al coniuge economicamente più debole.

La risposta è no, e non è parere del sottoscritto ma parola dei giudici della Corte di Cassazione, che con una pronuncia di pochi giorni fa, hanno statuito su un identico caso: un alto ufficiale statunitense convola con una cittadina italiana per beneficiare di gratifiche economiche conseguenti al matrimonio.
Alla moglie non va peggio, perchè il marito le riconosce vari assegni post datati per l’importo di 110 mila dollari.
Dopo appena 28 giorni di matrimonio, la richiesta di separazione da parte della signora, che richiede una pronuncia di addebito in capo al marito e la corresponsione di un assegno di mantenimento come coniuge economicamente debole.
La Corte Suprema ha negato tali istanze.

separazione addebito vicenza (1)
No affectio coniugalis? No money

Non si è instaurata una comunione materiale o spirituale tra i coniugi : questo il succo della pronuncia degli ermellini.
Senza tale comunione non derivano – tra i nubendi –  gli obblighi che nascono col matrimonio, tra i quali, segnatamente, quello di assistenza materiale – per cui non andrà riconosciuto il mantenimento -e neppure gli altri obblighi di fedeltà, coabitazione, collaborazione e assistenza morale, la cui violazione legittimerebbe la pronuncia di addebito.
La Cassazione ha riscontrato esclusivamente la realizzazione di accordi economici tra le parti senza che vi sia stata alcuna condivisione di vita e instaurazione di un vero rapporto affettivo qualificabile come affectio coniugalis.

Possiamo davvero dire che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.

La pronuncia : Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., (ud. 10-10-2017) 10-01-2018, n. 402

Per una consulenza in materia di assegno di mantenimento, clicca qui.

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto