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Pagamento retta casa di riposo da parte del comune: sì se l’anziano ha reddito limitato

Pagamento retta casa di riposo da parte del Comune: la semplice esistenza di familiari tenuti agli obblighi alimentari o che abbiano firmato un impegno contrattuale con la casa di riposo in presenza di condizioni di reddito limitato non esclude, di per sè, l’obbligo per il Comune.

Grazie alla collega Stefania Cerasoli per il prezioso contributo.

Con sentenza num. 1625 del 27.06.2018 il Tribunale di Vicenza ha condannato un Comune al pagamento in favore dell’IPAB della somma di Euro 8.876,89 a titolo di integrazione economica delle rette di ricovero presso l’rsa di un anziana.

L’IPAB aveva ospitato un’anziana, affetta da morbo di Alzheimer e che al momento del ricovero risultava residente, appunto, presso il Comune in causa.

Nonostante il figlio avesse sottoscritto con la casa di riposo un impegno personale a pagamento della retta, non vi era stata alcuna possibilità di ottenere dallo stesso qualsivoglia forma di pagamento.

L’IPAB, quindi, procedeva alla notifica di decreto ingiuntivo nei confronti dell’ente comunale, decreto ingiuntivo al quale il Comune si opponeva prontamente con atto di citazione.

Tesi del Comune era, tra l’altro, che nella fattispecie non fossero sussistenti i presupposti di legge per l’insorgere dell’obbligo assistenziale in capo allo stesso “posto che gli unici soggetti tenuti al pagamento delle rette sarebbero la stessa ospite nonché il figlio sia a norma di legge (Art. 433 c.c.), che di Regolamento comunale sia in forza dell’impegno assunto dal familiare con l’IPAB”.

Secondo la RSA opposta, invece, l’obbligo del Comune di pagare l’insoluto maturato discendeva dalle previsioni degli artt. 6, IV comma, del della Legge 08.11.2000, n. 328, secondo il quale “Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all’eventuale integrazione economica”.

Il Tribunale di Vicenza, dopo un’attenta istruttoria, ha ritenuto di dover accogliere le tesi dell’IPAB, vicentina confermando il decreto ingiuntivo.

In particolare, secondo il Tribunale l’anziana aveva diritto alla prestazione socio assistenziale da parte del Comune essendo persona in stato di bisogno:

-in quanto soggetto in condizioni di reddito limitato che non consentivano di far fronte al pagamento della retta di ricovero;

-in quanto soggetto per il quale si era necessario il ricovero stabile preso RSA perché soggetto ultrasessantacinquenne non autosufficiente e , quindi, rientrante nella fattispecie di cui all’art. 3, comma II ter, del D.Lgs. n. 109/1998.

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Si ritiene doveroso evidenziare che la fattispecie oggetto del giudizio è antecedente alla riforma dell’ISEE avvenuta con D.P.C.M. n. 159/2013.


Come noto, in conseguenza di tale riforma, ai fini dell’integrazione della retta di ricovero di un anziano non autosufficiente da parte del Comune, è necessaria la presentazione dell’ISEE socio sanitario uso residenziale che risponde a criteri diversi rispetto a quelli evidenziati nella sentenza oggetto del presente articolo.


Più precisamente, il calcolo dell’ISEE terrà conto anche della condizione economica dei figli del beneficiario non inclusi nel nucleo familiare, integrando l’indicatore con una componente aggiuntiva per ciascun figlio.

Al di là di questa doverosa precisazione, resta ferma, a parere di chi scrive, la legittimazione della casa di riposo ad agire nei confronti del Comune in caso di rette non pagate, e questo data la natura del Comune di soggetto “previamente informato” del ricovero ex art. 6, IV comma, della Legge n. 328/2000.


Sarà poi il Comune a valutare se vi siano gli estremi per agire in regresso verso l’eventuale firmatario dell’impegno di pagamento o altri componenti del nucleo familiare.

Per una consulenza da parte degli Avvocati Berto in materia di

Pagamento retta casa di riposo da parte del comune

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Consenso al vaccino ospite casa di riposo: chi lo presta se non vi è capacità del diretto interessato?

Consenso al vaccino ospite casa di riposo: a fronte dell’attuale emergenza pandemica vi è un decreto ad hoc.

Si ringrazia la collega, Stefania Cerasoli, per il prezioso contributo.

Come noto, nel nostro ordinamento il diritto di decidere a quali trattamenti sanitari sottoporsi è tutelato a livello costituzionale (cfr. artt. 13 e 32) e internazionale (cfr. Convenzione di Oviedo del 1997) e con apposita legge (n 219/2017).

Non solo.

Il paziente ha il diritto di ricevere una specifica informazione sul trattamento medico a cui deve sottoporsi in modo da poter esprimere un consenso, o un dissenso, consapevole.

Come si pongono questi principi nell’ambito delle case di riposo dove, troppo, spesso, sono ricoverate persone non in grado di esprimere una volontà consapevole?

 

 

licenziamento-lavoro-senza-vaccino.

 

Si tratta di un problema di estrema attualità.

Mi riferisco, infatti, alla somministrazione dei vaccini, trattamenti sanitari a tutti gli effetti, relativamente agli ospiti delle case di riposo spesso soggetti incapaci di esprimere una volontà libera e consapevole.

In tale scenario si colloca il Decreto Legge n. 1 del 05.01.2021 che, per l’attuazione del piano di somministrazione del vaccino contro il contagio da COVID-19, individua specifiche procedure per l’espressione del consenso alla somministrazione del trattamento, proprio per gli ospiti di residenze sanitarie assistite (o altre strutture analoghe).

L’Art. 5 del Decreto Legge n. 1 del 05.01.2021, ponendosi in continuità con la disciplina sul testamento biologico , viene ad assegnare un ruolo pressoché chiave ai direttori sanitari e ai responsabili medici delle Rsa.

Più precisamente, il citato articolo prevede che le persone incapaci ricoverate presso strutture sanitarie assistite esprimano il consenso al trattamento sanitario per le vaccinazioni anti Covid tramite il loro rappresentante legale (tutore, curatore, amministratore di sostegno o fiduciario di cui all’articolo 4 Legge n. 219/2017).

Nel caso in cui il soggetto si trovi in una situazione d’incapacità naturale e sia privo di un rappresentante legale , il direttore sanitario o, in difetto, il responsabile medico della residenza, “ne assume la funzione di amministratore di sostegno, al solo fine della prestazione del consenso”.

Analoga procedura è prevista nel caso in cui il rappresentante legale esista ma risulti irreperibile per almeno 48 ore.

 

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Si precisa, inoltre, che i soggetti incaricati di esprimere il consenso alla vaccinazione debbano, in ogni caso, sentire il parere del “coniuge, della persona parte di unione civile o convivente o, in mancanza, del parente più prossimo entro il terzo grado dell’incapace”.

Qualora questi soggetti acconsentano, il medico provvederà ad inviare una comunicazione al dipartimento di prevenzione sanitaria competente per territorio.

In ogni caso, il consenso non potrà essere espresso in difformità dalla volontà dell’interessato o, se lui non è in grado, dei parenti indicati. In quest’ultimo caso, il medico potrà richiedere, con ricorso al giudice tutelare, l’autorizzazione a fare comunque la vaccinazione.

Qualora non sia possibile procedere per mancanza di disposizioni di volontà dell’interessato, anticipate o attuali, o per irreperibilità o indisponibilità dei parenti, il consenso dato dal medico-amministratore di sostegno deve essere comunicato immediatamente al giudice tutelare che, nelle 48 ore successive, dovrò procedere alla sua convalida.

Si precisa che, qualora la convalida venga negata, il consenso sarà privo di effetti.

Nel caso in cui, invece, non pervenga alcuna comunicazione, il silenzio del giudice tutelare nelle successive 48 ore sarà da considerare un assenso alla vaccinazione.

È evidente a tutti la necessità di regole snelle dato l’alto numero di ospiti presenti nelle RSA e dall’estrema comorbilità che caratterizza gli ospiti stessi (si veda a tale proposito l’interessante studio posto in essere dall’Istituto Superiore di Sanità in merito ).

A parere di chi scrive, però, il decreto in esame non ha raggiunto l’obiettivo sperato venendo, invece, a creare appesantimenti e complicazioni.

Che senso ha, ad esempio, imporre all’amministratore di sostegno di sentire i famigliari quando, normalmente lo stesso amministratore di sostegno può prestare il consenso informato senza necessità di confrontarsi con i familiari del beneficiario?

Prima di concludere si segnala il documento redatto dall’VIII Sezione del Tribunale di Milano che, sempre nell’ottica di semplificare, per quanto possibile, il lavoro degli operatori sanitari, dei rappresentanti legali delle persone incapaci impegnati nell’applicazione delle nuove disposizioni, individua dieci situazioni tipo e la relativa disciplina.

 

 

Per una consulenza da parte degli Avvocati Berto in materia di

Consenso al vaccino ospite casa di riposo

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Impegno al pagamento della retta della casa di riposo: si può ritirare?

 

 

 

Impegno al pagamento della retta della casa di riposo: una volta dato è per sempre?

 

 

Grazie alla collega Stefania Cerasoli per il prezioso contributo

 

 

Ce ne eravamo già occupati in un post ad hoc. 

Oggi troviamo conferma da una recentissima pronuncia della Corte d’appello di Venezia: è possibile revocare l’impegno al pagamento della retta della casa di riposo da parte dei familiari.

 

La Corte lagunare, con sentenza dello scorso 22 Settembre 2020, ha confermato il provvedimento di primo grado con cui il Tribunale di Padova aveva revocato il decreto ingiuntivo che era stato notificato al figlio di un’anziana ricoverata in una casa di riposo e notificatogli in quanto aveva interrotto di integrare la retta di ricovero, integrazione resa necessaria dall’insufficienza della pensione della madre.

 

 

 

Come noto, per accedere alle strutture residenziali l’anziano che si trova in condizione di bisogno deve presentare apposita domanda presso il distretto socio-sanitario di residenza al fine di richiedere la convocazione dell’Unità valutativa multidimensionale distrettuale (Uvmd).

 

Tale UVMD ha il compito di valutare la situazione dell’anziano sotto il profilo sanitario, assistenziale e sociale attraverso la compilazione della cd. scheda Svama.

La scheda Svama è, infatti, una scheda di valutazione che riassume tutte le informazioni utili a descrivere, sotto il profilo sanitario e socio-assistenziale nonché delle abilità residue, le condizioni dell’anziano.

 

Se l’équipe valuta l’inserimento in residenza per anziani come il progetto di assistenza che meglio risponde alle esigenze della persona, questa, sulla base di un punteggio di gravità determinato dalla condizione sanitaria, sociale e dall’assenza di alternative all’istituzionalizzazione, viene inserita in una “graduatoria” unica per tutta l’Ulss (Registro unico della residenzialità).

Nel momento in cui, presso una delle strutture indicate dall’utente tra quelle presenti nell’elenco sottoposto al momento della UVMD, dovesse rendersi disponibile un posto convenzionato, sarà cura della struttura contattare l’utente al fine di valutare l’inserimento.

 

È doveroso evidenziare che, anche una volta ottenuto l’inserimento nel Registro Unico di Residenzialità, non è affatto detto che il beneficiario riesca ad accedere immediatamente ad un posto letto in regime convenzionato. A fronte di tante richieste, solo alcune vengono evase, e non per assenza di posti letto ma per disponibilità di “quote” regionali sanitarie.

In altre parole, l’anziano verrà ad essere contattato dalle varie strutture prescelte solo nel momento in cui la sua posizione rientrerà nei limiti della programmazione di bilancio già stimata.

 

In ogni caso, nell’ipotesi in cui l’ingresso in struttura avvenga in regime convenzionato ossia in virtù dell’impegnativa di residenzialità , la casa di riposo, operando come una Pubblica Amministrazione, non potrà vantare somme in base ad accordi privati con l’utente e con i parenti di quest’ultimo, invocando di essere un soggetto privato.

Né tantomeno potrà subordinare l’ingresso in struttura alla prestazione di garanzia, come effettuato dalla RSA di cui al giudizio che ci occupa.

 

Questo principio, affermato in I grado dal Tribunale di Padova è stato confermato anche dalla Corte di Appello che, però, è andata oltre dichiarando la legittimità di un eventuale recesso da parte dei familiari relativamente al contratto sottoscritto ed avente ad oggetto l’integrazione della retta di ricovero.

 

termine impugnazione testamento per incapacità

 

 

La Corte, infatti, uniformandosi all’orientamento giurisprudenziale che ha avuto inizio con la sentenza n. 26863/2008 della Corte di Cassazione, III Sezione Civile, ha stabilito che nulla sia dovuto da parte del parente che si era obbligato qualora questi abbia esercitato il diritto di recesso.

 

E questo in primo luogo perchè l’impegno assunto dai familiari con la sottoscrizione del contratto è qualificato come assunzione di un’obbligazione di garanzia per futuri possibili debiti dell’obbligato, garanzia in relazione alla quale la facoltà di recesso è riconosciuta dalla giurisprudenza.

 

In secondo luogo perchè il parente che si è precedentemente obbligato avrà la “facoltà del recesso unilaterale, prevista dall’art.1373 c.c. per i contratti ad esecuzione continuata o periodica e che rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, rispondendo all’esigenza di evitare la perpetuità del vincolo obbligatorio, in sintonia con i principi di buona fede nell’esecuzione del contratto” (cfr. Sentenza n.26863/2008 Corte di Cassazione, III Sezione Civile).

 

 

Gli impegni assunti dai parenti dei ricoverati in una Rsa o altra struttura a titolo di integrazione della retta di degenza sarebbero, quindi, sempre revocabili tramite l’invio alla struttura di una lettera a mezzo raccomandata con la quale si comunica la propria volontà di risolvere/recedere/revocare l’impegno economico.

 

 

 

 

Per una consulenza da parte degli Avvocati Berto in materia di

Impegno al pagamento della retta della casa di riposo

Si tiene conto dell’indennità di accompagnamento per la compartecipazione alla retta della casa di riposo?

 

 

Si tiene conto dell’indennità di accompagnamento per la compartecipazione alla retta della casa di riposo? 

 

 

Un grazie alla collega Stefania Cerasoli per il prezioso contributo

 

 

 

Con la sentenza n. 682 del 24.06.2020, il Tar Veneto ha accolto il ricorso presentato dall’amministratore di sostegno di una persona in condizioni di handicap grave ed avente ad oggetto il ricalcolo effettuato dal Comune della quota a carico dell’utente della retta di residenzialità della struttura in cui lo stesso era accolto.

 

Il Comune aveva, infatti, rideterminato la quota “alberghiera” di residenzialità a carico della persona con disabilità  in base ai criteri fissati dal regolamento comunale impugnato, senza attenersi all’ISEE presentato dal ricorrente per gli anni in questione.

 

In particolare, il Tar Veneto ha evidenziato l’illegittimità del regolamento comunale nella parte in cui prevede, valutando la condizione economica dell’assistito in modo del tutto avulso dall’ISEE, che “ l’utente compartecipi al costo della retta utilizzando le proprie “risorse economiche a qualsiasi titolo percepite al netto delle ritenute (pensioni, rendite…), ivi compresa l’indennità di accompagnamento”.

 

 

Più precisamente, l’art. 9 del Regolamento comunale, nella parte in cui disciplina l’entità della prestazione economica “per le persone con disabilità” venendo a conteggiare nelle sue disponibilità “le risorse economiche a qualsiasi titolo percepite al netto delle ritenute (pensioni, rendite…), ivi compresa l’indennità di accompagnamento”, è da considerare illegittimo “per evidente contrasto” con la vigente normativa in materia di ISEE e deve essere, di conseguenza, annullato.

 

soccorso-istruttorio-appalti-pubblici
Si tiene conto dell’indennità di accompagnamento per la compartecipazione alla retta della casa di riposo?

 

Del resto, la giurisprudenza è ormai unanime nell’affermare che l’ISEE “resta l’indefettibile strumento di calcolo della capacità contributiva dei privati in conformità alle prescrizioni delle indicate norme costituzionali e dei trattati internazionali sottoscritti dall’Italia per la tutela delle persone con disabilità gravi, e deve pertanto scandire le condizioni e la proporzione di accesso alle prestazioni agevolate”.

 

 

In particolare, il TAR Veneto, con la sentenza n. 303/2019 (poi confermata dal Consiglio di Stato, Sezione III, con la sentenza n. 1505/2020), aveva già ribadito il principio “secondo cui non può essere riconosciuta ai Comuni una potestà di deroga alla legislazione statale e regionale, nell’adozione del regolamento comunale, in violazione della disciplina statale dell’ISEE, così come prevista dal DPCM n. 159/2013”.

 

 

 

 

 

Per una consulenza da parte degli Avvocati Berto in materia di

Isee retta casa di riposo

Guida all’ingresso in casa di riposo

 

 

 

Ci siamo.


Tante volte nel corso della vita abbiamo pensato “ e se dovessi perdere le mie capacità, la mia autosufficienza, l’attitudine a svolgere le mansioni di vita quotidiana?”. O semplicemente, “ se mi trovassi solo? Senza nessuno che si occupasse di me, dei miei bisogni, delle mie necessità?”.


Ci siamo.


E’ arrivato il momento, per sé o per un proprio caro. Abbiamo bisogno di aiuto. Di assistenza alla nostra cura. Di un soccorso per la nostra salute che ci fa vacillare. Quotidianamente.


I nostri familiari – beati coloro che ci possono contare – non sono più in grado di darci una mano.
Hanno il loro lavoro, la loro famiglia. La loro vita.


Farebbero di tutto per noi. Ma non ce la fanno più.


Le nostre esigenze sono diventate soverchianti. E loro non sono medici, nemmeno infermieri.
Neanche badanti, verrebbe da dire, ma quello ormai hanno imparato a farlo, mossi dal loro amore e affetto.

Sono persone come tutti. Non hanno la competenza e la professionalità per affrontare la moltitudine di risvolti e sfaccettature che la nostra età avanzata o la malattia prospettano ogni giorno.


La soluzione che abbiamo individuato, per quanto sofferta, è l’ingresso in casa di riposo.


Già aver assunto una determinazione in merito è molto.
Il percorso per entrare in una RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) potrebbe rivelarsi ingarbugliato ed accidentato.

Questa guida è per te, che non sai da dove partire.


Qui puoi trovare le informazioni base che cerchi.


Per il resto… siamo a Tua disposizione.

 


Avv. Paolo Giovanni Berto                                   Avv. Stefania Cerasoli

 

 

Per scaricare gratuitamente

la GUIDA ALL’INGRESSO IN CASA DI RIPOSO

Chi paga la retta della casa di riposo ed altre preziose informazioni

 

Chi paga la retta della casa di riposo? quali capitoli di spesa sobbarcarsi? il reddito dei familiari fa testo? quale procedura si deve seguire?

 

La guida, preziosa, redatta dalla collega Stefania Cerasoli

 

INDICE

1.COME ENTRARE IN CASA DI RIPOSO
2.COSA PAGO IN CASA DI RIPOSO
3.IL PROBLEMA DELLE LISTE DI ATTESA
4.LA CASA DI RIPOSO MI CHIEDE LA FIRMA DI UN CONTRATTO, POSSO RIFIUTARMI?
5.HO FIRMATO MA ORA NON SONO PIU’ IN GRADO DI PAGARE LA RETTA, POSSO TIRARMI INDIETRO?
6.E SE LA PENSIONE NON BASTA, CHI PAGA LA RETTA DELLA CASA DI RIPOSO?

 

 come entrare in casa di riposo

 


1. COME ENTRARE IN CASA DI RIPOSO ?

Come abbiamo già avuto modo di spiegare (LINK), per entrare in casa di riposo l’anziano che si trova in condizione di bisogno (o chi per esso) deve presentare apposita domanda presso il distretto socio-sanitario di residenza al fine di richiedere la convocazione dell’Unità valutativa multidimensionale distrettuale (Uvmd).


La UVMD, composta da un’équipe di operatori sociali (assistente sociale comunale) e sanitari (medico di famiglia, infermiere, medico di distretto, ecc.), ha il compito di valutare la situazione dell’anziano sotto il profilo sanitario, assistenziale e sociale attraverso la compilazione della cd. scheda Svama.


La scheda Svama è, infatti, una scheda di valutazione che viene compilata dal medico di famiglia, dall’infermiere e dall’assistente sociale del Comune, che riassume tutte le informazioni utili a descrivere, sotto il profilo sanitario e socio-assistenziale nonché delle abilità residue, le condizioni dell’anziano.


Se l’équipe valuta l’inserimento in residenza per anziani come il progetto di assistenza che meglio risponde alle esigenze della persona, questa, sulla base di un punteggio di gravità determinato dalla condizione sanitaria, sociale e dall’assenza di alternative all’istituzionalizzazione, viene inserita in una “graduatoria” unica per tutta l’Ulss (Registro unico della residenzialità).

 

quota sanitaria

 


2. COSA PAGO IN CASA DI RIPOSO ?


Le prestazioni che l’anziano non autosufficiente riceve in una RSA (oggi non si parla più di case di riposo bensì di Residenze Sanitarie Assistenziali) sono qualificate come socio-sanitarie integrate e sono disciplinate dall’art. 3, septies, del Decr.Leg,ivo n. 502/1992.


In particolare, tali prestazioni si distinguono in:


– prestazioni sanitarie a rilevanza sociale di competenza e a carico delle aziende sanitarie locali;


– prestazioni sociali a rilevanza sanitaria sono di competenza ed a carico dei comuni con la compartecipazione alla spesa dell’utenza;


– prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria erogate ed a carico del Fondo Sanitario nazionale.


Chiarito questo aspetto, è chiaro cosa debba intendersi per retta e di cosa si componga.


In particolare, la retta nel caso di ricovero in regime convenzionato si compone


della cd. QUOTA SANITARIA a carico del Sistema sanitario regionale ed erogata tramite l’ASL di appartenenza direttamente alla casa di riposo


e da una QUOTA SOCIALE/ALBERGHIERA a carico dei Comuni con la compartecipazione del beneficiario della prestazione.


Nel caso in cui, invece, il ricovero avvenga in regime privato, a carico dell’ utente sarà non solo la quota alberghiera ma anche quella sanitaria.

 

soccorso-istruttorio-appalti-pubblici

 

3. IL PROBLEMA DELLE LISTE DI ATTESA

 

Nel momento in cui, presso una delle strutture indicate dall’utente, tra quelle presenti nell’elenco sottoposto al momento della UVMD, dovesse rendersi disponibile un posto convenzionato, sarà cura della struttura contattare l’utente al fine di valutare l’inserimento.

 

In caso di ricovero in regime convenzionato, quindi, la parte sanitaria della retta sarà riconosciuta e corrisposta direttamente alla struttura dal Sistema sanitario regionale tramite le Asl di appartenenza rimanendo a carico dell’utente e dei Comuni la parte sociale o alberghiera della retta.


È importante precisare, però, che, anche una volta ottenuto l’inserimento nel Registro Unico di Residenzialità, non è detto che il beneficiario riesca ad acquisire immediatamente la cd. impegnativa di residenzialità e, quindi, ad accedere immediatamente ad un posto letto in regime convenzionato.


A fronte di tante richieste, infatti, solo alcune vengono accolte e questo per mancanza di disponibilità delle cd. “quote” regionali sanitarie: il riconoscimento dell’impegnativa di residenzialità avviene, infatti, nei limiti della programmazione di bilancio già stimata dalla Regione in sede di programmazione dei posti letto (anche se si può discutere della legittimità di tali liste di attesa LINK).


Quindi, per intenderci, se l’utente viene ad essere contattato dalle strutture prescelte è perché si trova in posizione utile in graduatoria per l’ottenimento dell’impegnativa di residenzialità rientrando, quindi, nei limiti della predetta programmazione di bilancio.


Da quanto detto si deduce che potrebbero trascorrere anche diversi mesi prima dell’ottenimento dell’impegnativa di residenzialità.


E che fare nell’attesa?


Se la famiglia non può attendere, e sempre che ne abbia la disponibilità economica, potrebbe procedere ad un inserimento dell’anziano in via privata e, quindi, facendosi carico sia della quota sociale che della quota sanitaria della retta.

 

dimissioni anziano ospedale


4. LA CASA DI RIPOSO MI CHIEDE LA FIRMA DI UN CONTRATTO, POSSO RIFIUTARMI ?

 


Capita che, una volta contattati dalla struttura perché utilmente collocati in graduatoria, ci si senta dire che l’accoglimento del nostro familiare in struttura sia condizionato alla prestazione di una garanzia.


È importante precisare che, ogni qualvolta l’accesso alla struttura da parte dell’anziano non autosufficiente avvenga in quanto lo stesso si trovi in posizione utile in graduatoria per l’ottenimento dell’impegnativa di residenzialità, il rapporto tra l’utente e la struttura stessa troverà la propria fonte giuridica nelle leggi e nei regolamenti e non in eventuali contratti di ricovero privatistici.


La struttura, quindi, non potrà vantar somme in base ad accordi privati con l’utente e con i parenti di quest’ultimo, invocando di essere un soggetto privato.


Né tantomeno potrà subordinare l’ingresso in struttura alla prestazione di garanzia come si è già avuto modo di chiarire (LINK).


Ovviamente stiamo parlando dell’inserimento in regime convenzionato perché, nel caso di ricovero in regime privato, tutto cambia potendo la struttura, in questo caso, apporre tutte le condizioni possibili all’ingresso in struttura.

 

Risarcimento danni per mancato pagamento assegno di mantenimento


5. HO FIRMATO MA ORA NON SONO PIU’ IN GRADO DI PAGARE, POSSO TIRARMI INDIETRO ?


In ogni caso, anche volendo considerare valido il contratto eventualmente firmato al momento dell’ingresso in regime convenzionato del nostro familiare in struttura, si precisa che è sempre possibile “tornare indietro”.


La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26863/2008, ha statuito, infatti, che gli impegni assunti dai parenti dei ricoverati in una Rsa o altra struttura a titolo di integrazione della retta di degenza sono sempre revocabili.


In particolare, secondo la Corte di Cassazione, tale impegno può configurarsi giuridicamente come obbligazione di garanzia per futuri possibili debiti dell’obbligato, in relazione alla quale la facoltà di recesso è pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza. 

In secondo luogo, per i contratti ad esecuzione continuata o periodica,  la facoltà di recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, rispondendo all’esigenza di evitare la perpetuità del vincolo obbligatorio, in sintonia con il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, spetta al terzo che assume l’obbligazione altrui.


Sarà, quindi, sufficiente l’invio alla struttura di una lettera a mezzo raccomandata con la quale si comunica la propria volontà di risolvere/recedere/revocare l’impegno economico.


Ovviamente questa scelta va valutata con attenzione in quanto espone il soggetto sottoscrittore al rischio, tutt’altro che remoto, della notifica di un decreto ingiuntivo da parte della struttura ospitante.

 

figli casa di riposo

 

6. E SE LA PENSIONE NON BASTA, CHI PAGA LA RETTA DELLA CASA DI RIPOSO ?

 


Nel caso in cui la pensione del nostro familiare non sia sufficiente a coprire la retta, è possibile presentare istanza di integrazione retta al comune in cui l’anziano risiedeva prima dell’ingresso in struttura.


La Legge n. 328/2000, all’art. 6, IV comma, prevede che “per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all’eventuale integrazione economica”.


Ovviamente la domanda di integrazione dovrà essere corredata dall’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (meglio noto come ISEE) avente lo scopo di calcolare la capacità reddituale e patrimoniale di un nucleo familiare chiarendo chi può avere diritto ad una prestazione assistenziale gratuita o ad un costo ridotto.


In particolare, l’Isee dovrà essere di tipo “socio sanitario residenze assistenziale” che, alla luce della riforma intervenuta con il DPCM n. 159 del 05.12.2013, oltre a permettere di scegliere il nucleo familiare più ristretto, prevede, in ogni caso, di tenere in considerazione anche la condizione economica dei figli del beneficiario anche se non facenti parte del nucleo familiare.


Precisiamo subito una cosa.


L’art. 2 del D.P.C.M. 159/20139 prevede che “la determinazione e l’applicazione dell’indicatore ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”.


Quindi, non sono ammessi ISEE “fai da te”, predisposti a livello regionale o, addirittura, comunale, giacché la competenza a disciplinare i contenuti dell’ISEE è riconducibile, in via esclusiva, in capo allo Stato.


L’unica autonomia che hanno le Regioni e i Comuni è di tipo migliorativo nel senso che potranno garantire un trattamento migliorativo rispetto all’ISEE nazionale, ma non certamente peggiorativo rispetto ad esso e questo proprio perché, come già detto, questo rappresenta un “livello essenziale”.

 

chi paga la retta della casa di riposo?


Come già evidenziato, “il nucleo familiare del beneficiario è composto dal coniuge, dai figli minori di anni 18, nonché dai figli maggiorenni” (cfr. art. 6, II comma, del D.P.C.M. n. 159/2013).


Dato il carattere modulare dell’indicatore ISEE, sorge spontanea una domanda: cosa succede nel caso in cui il figlio, non convivente e nelle disponibilità economiche per integrare la retta, si dichiari comunque indisponibile a tale integrazione?


Chi è il soggetto direttamente legittimato ad agire nei suoi confronti? Il Comune o il ricoverato?

Occorre precisare che unico soggetto debitore nei confronti del Comune è il beneficiario della prestazione e, quindi, l’anziano ricoverato.


I parenti dell’anziano non sono direttamente obbligati al pagamento di alcuna quota della retta sociale né verso i Comuni né verso le Rsa, a meno che non si siano autonomamente impegnati.

 

Non solo.


Unicamente il ricoverato, e mai il Comune e tantomeno la struttura, potrà, da solo se ne ha la capacità o tramite un rappresentante legale, chiedere ai figli il pagamento di una somma a titolo di alimenti (art.433 e ss.).


I figli, effettuando spontaneamente (non essendovi alcun obbligo) la consegna del proprio ISEE nei termini che seguono, aiutano il proprio genitore a richiedere un beneficio economico alla prestazione, altrimenti irricevibile, nel senso che se il paziente ha un figlio, in assenza di detta sua componente aggiuntiva, si avrà come conseguenza che la quota sociale della retta sarà posta interamente a carico dell’anziano.

 

 

 

 

 

Per una consulenza da parte degli Avvocati Berto in materia di

chi paga la retta della casa di riposo?

Isee familiari casa di riposo: no, se si sono persi i contatti con chi chiede l’inserimento in Rsa

 

Isee familiari casa di riposo: di quali soggetti si deve tener conto?

di Stefania Cerasoli

 

Come abbiamo già avuto modo di chiarire (LINK 1), l’Isee ha l’obiettivo di determinare la quota di compartecipazione dell’utente alla retta alberghiera senza incidere in alcun modo sul diritto alla prestazione di cura e alla presa in carico da parte della sanità.


Quindi, in parole povere, l’ISEE non inciderà sull’ottenimento dell’impegnativa di residenzialità e, quindi, del posto letto in casa di riposo in regime convenzionato.


Sarà, pertanto, obbligatorio, presentare l’ISEE solo nel caso in cui l’anziano intenda presentare richiesta di integrazione retta data l’insufficienza delle proprie disponibilità economiche rispetto all’importo della stessa.


In questo caso, la riforma dell’ISEE, intervenuta con il Decreto n. 159 del 05.12.2013, prevede che, in presenza di figli del beneficiario non inclusi nel nucleo familiare, l’ISEE sia integrato di una “componente aggiuntiva per ciascun figlio, calcolata sulla base della situazione economica dei figli medesimi, avuto riguardo alle necessità del nucleo familiare di appartenenza” (cfr. Decreto n. 159 del 05.12.2013, art. 6, comma III, lett. b).

 familiari casa di riposo


Tale componente aggiuntiva non sarà calcolata, tra gli altri casi, qualora “risulti accertata in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali, la estraneità del figlio in termini di rapporti affettivi ed economici” (cfr. Decreto n. 159 del 05.12.2013, art. 6, comma III, lett. b).


Quindi, il figlio che ritenga di trovarsi in tale situazione, potrà richiedere alla “pubblica autorità competente in materia di servizi sociali” di accertare la sua estraneità, in termini di rapporti affettivi ed economici, nei confronti del genitore che richieda prestazioni erogate in ambiente residenziale a ciclo continuativo.

 

 

isee familiare
Isee familiari casa di riposo: non si tiene conto di chi non abbia avuto contatti con il richiedente l’inserimento

 


In particolare, l’istanza dovrà essere presentata al Dirigente/Responsabile dei Servizi Sociali del Comune avendo cura di allegare tutta la documentazione in grado di dimostrare tale situazione di “estraneità” quali, ad esempio, la denuncia/querela per il reato di cui all’art. 570 C.P. (Violazione degli obblighi di assistenza familiare) o per maltrattamenti e/o violenze perpetrati dal genitore richiedente nei confronti del figlio.

 


Qualora il procedimento amministrativo si concluda con l’accertamento della sussistenza della cd. “estraneità” l’ISEE non sarà integrato della componente aggiuntiva di tale figlio.

 

 

 

 

 

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Isee casa di riposo: se non viene presentato si perde l’accesso in regime convenzionato?

 

Isee casa di riposo: se non viene presentato si perde l’accesso in regime convenzionato?

 

Ringraziamo la collega Stefania Cerasoli per il prezioso contributo.

 

 

Come abbiamo già avuto modo di rilevare (Link 1), per poter essere accolti in una casa di riposo è necessario presentare richiesta di valutazione (tecnicamente si parla di UVMD) al competente distretto socio-sanitario, in modo tale che una commissione (composta da medici ed assistenti sociali) possa valutare il grado di non autosufficienza del nostro familiare.


Al termine di tale valutazione, l’anziano sarà inserito in una graduatoria unica per tutte le Ulss del territorio.

 


Nel momento in cui, presso una delle strutture indicate dall’utente tra quelle presenti nell’elenco sottoposto al momento della UVMD, dovesse rendersi disponibile un posto convenzionato, i familiari saranno contattati dalla casa di riposo al fine di valutare l’inserimento.

 

 casa di riposo regime convenzionato isee

 

Come noto, le prestazioni ricevute in una Residenza Sanitaria Assistenziale (d’ora in poi RSA) sono qualificate come socio-sanitarie integrate e sono disciplinate dall’art. 3 del Decr. Leg.ivo n. 502/1992 ss.mm.


La retta di ricovero, quindi, si compone di una quota sanitaria (generalmente corrispondente al 50% dell’intero ed a carico del Sistema sanitario regionale) e da una quota alberghiera a carico dei Comuni con la compartecipazione dell’utente e determinata in base all’Isee socio-sanitario.


La percentuale di suddivisione economica fra la quota sanitaria/quota alberghiera segue la tipologia di prestazioni erogate (DPCM, 14 febbraio 2011).


Per quanto si ritenga che le liste di attesa relative al Registro unico della residenzialità siano illegittime (Link), è evidente che fino a quando il punteggio dell’anziano non permetterà di accedere all’accoglimento in regime convenzionato, tutta la retta (e non solo la parte alberghiera) sarà a carico dello stesso e della sua famiglia.


Quello che, invece, con questo articolo si vuole evidenziare è che l’ottenimento della quota sanitaria (e, quindi, del ricovero in regime convenzionato) non ha alcun legame con l’Isee presentato.

 

isee rsa
Isee casa di riposo: se non viene presentato si perde il diritto all’integrazione per la quota alberghiera, non per quella sanitaria.

 


Anzi a voler essere più precisi, l’Isee potrebbe anche non essere presentato avendo l’unico fine di stabilire in che modo suddividere la quota alberghiera fra Comune ed utente nel caso in cui quest’ultimo intenda avvalersi del beneficio dell’integrazione comunale.


Chi non presenta l’Isee, quindi, ha lo stesso diritto di essere ricoverato in una RSA di chi lo presenta con l’unica differenza che non godrà dell’integrazione comunale al pagamento della quota alberghiera.

 

 

 

 

 

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Recesso impegno di pagamento casa di riposo da parte dei familiari

 

Recesso impegno di pagamento casa di riposo da parte dei familiari

 

Un ringraziamento alla collega Stefania Cerasoli per il prezioso contributo.

 

Il tribunale di Biella è intervenuto sull’annoso tema relativo alla legittimità o meno del recesso unilaterale da parte del familiare relativamente all’impegno di pagamento sottoscritto al momento dell’inserimento dell’anziano parente in casa di riposo.

 

Del resto, l’impatto sociale ed economico della non autosufficienza sulla famiglia è a dir poco devastante.


Il Tribunale  piemontese, con la sentenza n. 118 del 01.03.2019, ha annullato un decreto ingiuntivo di circa 11.000 Euro notificato alla figlia di un’anziana ricoverata in una RSA e che non riusciva più a pagare la retta per il ricovero del genitore.

Questa signora, dopo aver comunicato alla RSA di voler recedere dall’impegno di pagamento sottoscritto al momento dell’inserimento della madre in struttura, si era vista notificare un decreto ingiuntivo al quale, ovviamente, si era opposta.

 

Recesso impegno di pagamento casa di riposo da parte dei familiari
Recesso impegno di pagamento casa di riposo da parte dei familiari

 


Il Tribunale di Biella, uniformandosi all’orientamento giurisprudenziale che ha avuto inizio con la sentenza n. 26863 del 10.11.2008 della Corte di Cassazione, III Sezione Civile, ha stabilito che nulla è dovuto da parte del parente che si era obbligato qualora questi abbia esercitato il diritto di recesso.

 

In primis, infatti, l’impegno assunto dai familiari con la sottoscrizione del contratto è qualificato come assunzione di un’obbligazione di garanzia per futuri possibili  debiti dell’obbligato, garanzia in relazione alla quale la facoltà di recesso è pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza.

 

Secondo la Cassazione, inoltre, il parente che si è precedentemente vincolato avrà la “facoltà del recesso unilaterale, prevista ex art.1373 c.c. per i contratti ad esecuzione continuata o periodica, che rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, rispondendo all’esigenza di evitare la perpetuità del vincolo obbligatorio, in sintonia con i principi di buona fede nell’esecuzione del contratto”.

 

 

 

 

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Pagamento retta casa di riposo: no a criteri difformi da ISEE

Pagamento retta casa di riposo: non sono ammessi calcoli di reddito non conformi alle previsioni ISEE.

Un grazie alla collega Avv. Stefania Cerasoli per il prezioso contributo.

È illegittima la scelta dei Comuni di determinare la quota della propria compartecipazione alla retta relativa al ricovero di una persona con disabilità facendo riferimento a parametri economici ulteriori rispetto a quelli che già rientrano nel calcolo dell’Isee.

Questo è quanto ha stabilito il TAR Veneto con la sentenza n. 303/2019.

La fattispecie riguardava una persona con disabilità in condizione di handicap grave ed invalida al 100% che, tramite i servizi socio-sanitari locali, era stata inserita presso una comunità alloggio per poi essere trasferita, a causa dell’aggravarsi della sua condizione e dell’aumento del bisogno assistenziale, in una RSA.

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Se inizialmente il Comune aveva disposto l’integrazione parziale della retta, con successivo provvedimento aveva comunicato la chiusura del contributo economico motivando il tutto sulla base dell’assunto che “dal modello ISEE 2018” sarebbero risultati “provvidenze e disponibilità di beni mobili che gli permettono di provvedere autonomamente al pagamento della retta alberghiera per l’ospitalità presso la RSA.

Occorre precisare, infatti, che nel frattempo la persona con disabilità aveva ereditato dal padre la quota di 1/6 del patrimonio mobiliare ed immobiliare motivo per cui il suo ISEE nel 2018 era passato da Euro 1.195,13 ad Euro 11.324,27.

Ai sensi del regolamento comunale impugnato, quindi, dal 1 giugno 2018 veniva disposta la chiusura del contributo in favore dell’utente “essendo questi in grado di provvedervi autonomamente senza pregiudicare la sua permanenza in RSA.”.

Pertanto il Comune, che prima si era accollato parte della retta, viene ad azzerare la propria quota di compartecipazione accollando in toto all’utente il costo della retta di residenzialità.

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pagamento retta casa di riposo: no a criteri avulsi da Isee

Il TAR Veneto, con la sentenza in commento, ha riconosciuto che il Regolamento del Comune sia illegittimo nella parte in cui contiene criteri avulsi dall’ISEE, in contrasto con la normativa in materia ed, in particolare, poichè:

  • conteggia nelle disponibilità economiche del disabile tutti i beni mobili, tra le quali le somme depositate sul conto corrente che, invece, sono già considerate come componente di calcolo dell’ISEE, secondo i parametri stabiliti dal DPCM n. 159/2013;
  • conteggia in toto nelle disponibilità economiche del disabile anche le somme riconosciute a titolo di pensione di invalidità civile e indennità di accompagnamento, che, invece, l’art. 2-sexies del Decreto Legge n. 42/2016 esclude dal calcolo dell’ISEE;
  • determina in maniera del tutto astratta, nella misura di 150 euro mensili l’importo forfettario per quelle che vengono definite “piccole spese personali”, senza riconoscere, invece, la possibilità di considerare anche le spese effettivamente sostenute dalla persona con disabilità

Alla luce di quanto esposto è stata ritenuta ricorrente l’illegittimità del regolamento del Comune (e, quindi, del provvedimento di chiusura del contributo comunale che ne costituisce attuazione) nella parte in cui l’ente, “se pure ha tenuto conto dell’ISEE nella fissazione del tetto per l’accesso alla contribuzione, ha, poi, individuato i criteri per la determinazione dell’entità del contributo comunale (e, quindi, per differenza, della parte di retta che resta a carico del disabile) in maniera del tutto avulsa dall’ISEE, in contrasto con il quadro normativo di riferimento”.

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