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Autore: Studio Legale Berto

Separazioni e divorzi a Vicenza: i dati dell’anno scorso

Separazioni e divorzi a Vicenza…qualche dato.

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Separazioni e divorzi a Vicenza..qualche dato

Anche quest’anno il sito del Comune di Vicenza ha pubblicato i dati anagrafici della popolazione relativi al 2015, nell’ambito del quale si possono scorgere alcune interessanti notizie relative alle vicende legate ai nuclei familiari del territorio.

Un primo dato confortante è che, seppur minimamente, i nuovi matrimoni hanno avuto un leggero aumento rispetto al 2014:  dai 302 del 2014 ai 322 del 2015.
Le nozze celebrate con rito civile hanno superato quelle religiose: nel 2015 le prime sono state 197, le seconde 125.
In relazione all’età media in cui avviene lo sposalizio, i dati riportano una tendenza a convolare sempre più tardi (almeno due anni in più rispetto al 2014), e si attesta attorno ai 40,2 anni per gli uomini e 36,5 per le donne.
Interessante è notare come l’eta media dei nubendi sia sensibilmente superiore in caso di nozze celebrate con rito civile (42,9 maschi e 38,7 femmine) rispetto a quelle celebrate con rito religioso (rispettivamente 35,8 e 33,1)
Relativamente alle separazioni, si assiste ad una lieve diminuzione rispetto all’annata precedente: 142 rispetto alle 158 del 2014.

In controtendenza i divorzi, decisamente superiori nel 2015 rispetto all’anno prima (155 contro 133): ciò probabilmente è dovuto all’iter accelerato che la recente riforma del diritto di famiglia ha favorito, riducendo il periodo di separazione necessario per accedere allo scioglimento del matrimonio.

 

Scuola: niente risarcimento per abuso del precariato

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Precari della scuola…è previsto un risarcimento danni?

Precari scuola risarcimento danni

La Corte di Cassazione si è appena pronunciata con sette sentenze pilota in merito al risarcimento derivante dall’abuso dei contratti a termine nella scuola.

E si è pronunciata in senso negativo nonostante sia la Corte di Giustizia UE nel 2014 sia la Corte Costituzionale nel 2016 avessero ritenuto incostituzionale il sistema di reclutamento italiano.

Con le sentenze – numeri da 22552 a 22558 – la Suprema Corte ha dunque stabilito che ai lavoratori assunti a qualunque titolo, prima o dopo, il piano straordinario di assunzioni in ruolo per effetto della Legge 107 spetta solo la ricostruzione della carriera con i relativi scatti retroattivi (se richiesta in sede giudiziale), ma non il risarcimento.

Per quanto riguarda i docenti non ancora assunti e che hanno prestato servizio per oltre 36 mesi, la Corte ritiene illegittimi quelli al 31 agosto se reiterati per oltre 36 mesi, mentre i contratti al 30 giugno sono da considerare legittimi a meno che non si provi che di fatto ci sia stata una reiterazione abusiva.

In tal caso ci sarebbe soltanto il risarcimento, fino a 12 mensilità, ma non il diritto alla stabilizzazione per via giudiziale.

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Il diritto dei nonni ad avere rapporti significativi con i nipoti

Nonni hanno diritto a frequentare i nipoti…

Può capitare che, a seguito del matrimonio, la coppia scelga di “blindare” la propria famiglia neo costituita, lasciando fuori qualsiasi possibilità di ingerenza o intromissione da parte dei rispettivi genitori, specie per quanto attiene l’educazione e la crescita dei figli.

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I  nonni hanno diritto a frequentare i nipoti?

Più frequentemente, tale circostanza avviene con la crisi matrimoniale, a seguito della quale, da un lato i coniugi riverberano le loro incomprensioni facendole ricadere sui rispettivi suoceri, dall’altro proprio gli influssi delle famiglie d’origine possono rendere  ancora più accentuati i rapporti all’interno della coppia, sottolinenando dissidi e disarmonie, anche per quanto attiene l’educazione dei bambini.

Conscio che tali situazioni avrebbero potuto minare in maniera consistente le relazioni nonni/figli, il nostro legislatore ha introdotto, di recente, una normativa che ha sancito in maniera esplicita  il diritto dei nonni ad avere rapporti significativi con in nipoti minorenni: art 317 bis cc.
Non solo.

Quasi in contrapposizione, nel tentativo di rafforzare tale inclinazione, il codice, laddove aveva sancito chiaramente gli obblighi dei genitori nei confronti dei figli – art. 147 cc – ha sottolineato con una nuova norma, l’art. 315 bis, che tali obblighi si concretizzano in un vero e proprio diritto dei figli, tra cui, anche, il diritto di mantenere rapporti significativi con i parenti.

Di qui la lettura, secondo molto interpreti, che non si sia voluto, con tale disciplina, stabilire un diritto incondizionato e assoluto dei nonni medesimi. Al contrario tale «diritto» è espressamente riconosciuto quale interesse strumentale alla piena realizzazione della personalità del nipote, atteso che facendo valere codesto diritto, i nonnii, «fanno valere il diritto dei nipoti, che in tal modo risulta più fortemente tutelato».

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I diritti dei nonni…ma soprattutto dei nipoti.

In buona sostanza: i nonni hanno diritto di frequentare i nipoti solamente allorquando tale attività corrisponda all’interesse preminente dei nipoti stessi.

Una freschissima pronuncia del Tribunale dei Minorenni di Venezia ha avuto modo di ribadire tale concetto, percorrendo il consolidato solco giurisprudenziale secondo cui “l’azione in giudizio dei nonni può trovare origine nella piena realizzazione dell’interesse del minore a mantenere rapporti significativi con gli ascendenti”, ma offre una lettura ulteriore.
In buona sostanza, secondo il menzionato ufficio giudiziario, il diritto dei nonni merita tutela solamente se la mancata significativa relazione con i nipoti sia “effettivamente, concretamente e realmente pregiudizievole per il minore ed imponga di addivenire ad una limitazione della responsabilità dei genitori“, che, altrimenti, sono liberi di decidere se far frequentare i figli agli ascendenti oppure no.

A sommesso parere di chi scrive, affermato il principio di diritto secondo cui anche i nonni hanno diritto a frequentare i nipoti, una cosa è stabilire, giustamente, che tale facoltà non debba essere tutelata allorquando la visita potrebbe essere pregiudizievole per i minori – ci mancherebbe! – altra cosa è sancire che tale tutela possa essere percorribile solo allorquando l’omessa visita dei nonni potrebbe recare loro danno.

Il legislatore, con il menzionato art. 317 bis cc,  ha fissato una sorta di presunzione sulla preziosità della frequentazione nonni/figli, che non deve essere di volta in volta dimostrata, ma può essere semmai superata nel caso contrario in cui possa risultare dannosa per i minori.

Restiamo in attesa di assistere alle prossime evoluzioni giurisprudenziali.

La Sentenza: Tribunale per i Minorenni di Venezia,  decreto 7 novembre 2016

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Avvocato separazione Vicenza

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Durata mandato agenzia immobiliare: L’agenzia ha diritto alla provvigione per la vendita dell’immobile pubblicizzato anche dopo la scadenza del suo incarico

Durata mandato agenzia immobiliare…

Tizio decide di vendere il suo immobile e, per reperire possibili acquirenti, affida l’incarico all’agenzia Alfa affinchè ne procuri la vendita ad un prezzo determinato per un certo periodo.

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Quanto è la durata mandato agenzia immobiliare?

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Qualche tempo dopo la scadenza del termine convenuto per la durata dell’incarico, Tizio conclude un contratto di compravendita con Caio, cui l’Agenzia aveva in passato mostrato l’appartamento.

A seguito di tale circostanza, la mediatrice convenne in giudizio sia Tizio che Caio per vederli condannati al pagamento delle provvigioni spettanti per la conclusione positiva dell’affare.
Questi ultimi si costituivano chiedendo il rigetto delle pretese avversarie, sul presupposto che la stipula del contratto era avvenuta a notevole lasso di tempo dalla scadenza dell’incarico affidato all’Agenzia e che pertanto l’affare non poteva considerarsi concluso per effetto dell’intervento di quest’ultima, considerati il lungo periodo di tempo trascorso dopo la visita all’immobile di Caio, la differenza del prezzo di compravendita rispetto a quello indicato nella lettera di incarico e la diversa persona (la figlia di Caio in luogo di quest’ultimo) cui era stata poi intestata la proprietà dell’appartamento al momento dell’acquisto.
All’esito del giudizio di secondo grado , la corte d’appello di Lecce ha statuito come dovuta la provvigione all’agenzia, considerato dirimente che l’appartamento offerto in vendita fosse stato visitato su iniziativa del mediatore, il quale pertanto aveva reso edotta la parte acquirente della possibilità della compravendita e del soggetto proprietario, il quale, tra l’altro aveva presenziato alla visita.
A nulla valevano le circostanze che fosse intervenuto un consistente periodo di tempo trascorso prima dell’acquisto, il fatto che fosse stato formalizzato qualche decina di giorni dopo la scadenza dell’incarico, la differenza fra il prezzo inizialmente richiesto e quello successivamente indicato nell’atto di compravendita: tutti elementi che non hanno di per sé rilevanza ai fini dell’esclusione del rapporto di causalità fra l’intervento del mediatore e la conclusione dell’affare.
La Corte ha avuto modo di ribadire che … “Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta, senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative, fino all’accordo definitivo, con la conseguenza che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nella indicazione dell’altro contraente, o nella segnalazione dell’affare, legittima il diritto alla provvigione, sempre che la descritta attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, e poi valorizzata dalle parti; né, una volta concluso l’affare, assume rilevanza, sotto il profilo della incidenza sulla efficienza causale esclusiva o concorrente dell’opera di detto mediatore, la assoluta identità delle condizioni alle quali la trattativa sia stata portata a termine solo successivamente “.

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Del pari non ha rilevanza il fatto che l’acquisto dell’immobile sia stato fatto a nome della figlia e non del genitore, trattandosi di scelta, effettuata dalla parte acquirente, in base alle proprie convenienze soggettive, che a sua volta non interrompe il rapporto di causalità fra l’intervento del mediatore e la conclusione dell’affare “…Il diritto del mediatore alla provvigione, ex art. 1755 c.c., deve essere riconosciuto in relazione alla conclusione dell’affare e non già in relazione alla conclusione del relativo negozio giuridico tra le stesse parti, cosicché il mediatore ha diritto alla provvigione anche se le parti dell’affare sostituiscano altri a se stesse nella stipulazione del contratto”
Il diritto del mediatore al compenso, infatti, “va ricollegato all’utilità dell’opera da lui svolta nel favorire la conclusione dell’affare, non già alle forme giuridiche mediante le quali l’affare medesimo sia stato concluso, né alla circostanza che la formalizzazione finale coincida in tutto e per tutto con le modalità di gestione del rapporto nella fase delle trattative; in altri termini, la realizzazione del risultato economico perseguito dalle parti prevale su ogni altra considerazione, qualora il suddetto risultato sia stato raggiunto per effetto dell’intervento del mediatore; sicché il diritto al compenso spetta a quest’ultimo quali che siano le modalità formali con cui l’affare si realizzi e finanche se le parti originarie sostituiscano altri a sé nell’intestazione giuridica del bene”
La Sentenza: Corte d’Appello di Lecce, 28-06-2016

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Padre che non si occupa dei figli può essere condannato al risarcimento del danno

Padre che non si occupa dei figli

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Padre che non si occupa dei figli: la sentenza.

Una recente pronuncia del Tribunale di Cassino: un padre, riconosciuto tale dopo una sentenza di accertamento della sua paternità, si era sempre disinteressato della figlia, non solo corrispondendo, a sprazzi, quota parte degli importi dovuti a titolo di contributo al mantenimento della stessa, ma anche – e soprattutto – rendendosi latitante rispetto ai suoi obblighi genitoriali, omettendo di frequentarla, di informarsi sulla sua crescita, di partecipare ad incontri con lei, di frequentarla, insomma, lasciandola in stato di abbandono morale e materiale.

Ebbene, il Tribunale ha riconosciuto che il disinteresse dimostrato da un genitore nei confronti di un figlio determina un’ immancabile ferita di quei diritti nascenti dal rapporto di filiazione, che trovano nella nostra  carta costituzionale (in part., artt. 2 e 30),  un elevato grado di riconoscimento e di tutela .
La privazione della figura genitoriale paterna, quale punto di riferimento fondamentale soprattutto nella fase della crescita, integra “un fatto generatore di responsabilità … c.d. endofamiliare”  la cui prova può essere desunta sulla base di semplici elementi presuntivi,  già di per se’ insiti  “nella integrale perdita del rapporto parentale che ogni figlio ha diritto di realizzare con il proprio genitore e che deve essere risarcita per il fatto in sé della lesione”.
Il Tribunale ha pertanto condannato il padre assente ad un risarcimento nei confronti della figlia pari alla somma di € 52.000, determinata in via equitativa.
La pronuncia: Trib. Cassino, Sent., 15-06-2016

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Dichiarazione di Usucapione

Dichiarazione di Usucapione

Si può usucapire un diritto anche con la consapevolezza dell’espresso disaccordo del titolare formale del bene.

Andiamo per gradi.

Come si sa, l’usucapione è un modo di acquisto della proprietà o di altri diritti reali tramite il possesso continuato, pubblico (non clandestino), pacifico (non violento) ed ininterrotto per un periodo di tempo che – salvo alcuni casi particolari – per i beni immobili deve protrarsi per 20 anni.

A quel punto si può fare dichiarazione di usucapione.

Il possessore deve svolgere tale attività come se il bene o il diritto esercitato gli appartenesse.

I latini definivano tale contegno “animus rem sibi habendi”: tradotto, mi comporto come se il bene fosse mio.

dichiarazione di usucapione.
Usucapione: se il proprietario del fondo si oppone al passaggio?

Ebbene, i Giudice della Suprema Corte, in una recente Sentenza, hanno precisato che il possesso, per essere pacifico, non necessariamente deve avvenire col benestare del titolare del diritto che si intende usucapito.

Il caso sottoposto all’attenzione della Cassazione verteva in ordine all’acquisto per usucapione della servitù di passaggio su un fondo i cui titolari avevano contestato, nel tempo, l’esercizio del possesso, con cartelli, lettere e diffide.

In primo e secondo grado di giudizio, si era negato potesse essere configurato acquisito il diritto, in quanto il comportamento non certo inerte dei proprietari del fondo precludeva la sussistenza dei requisiti della continuità (non interruzione) e pacificità dell’attività avversaria.

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Dichiarazione di usucapione?

Il giudizio di legittimità ha ribaltato tali provvedimenti: per escludere la sussistenza del possesso utile all’usucapione non è sufficiente il riconoscimento o la consapevolezza del possessore circa l’altrui proprietà del bene, occorrendo, invece, che il possessore, per il modo in cui questa conoscenza è rivelata o per i fatti in cui essa è implicita, esprima la volontà non equivoca di attribuire il diritto reale al suo titolare, atteso che l’animus possidendi non consiste nella convinzione di essere titolare del diritto reale, bensì nell’intenzione di comportarsi come tale, esercitando le corrispondenti facoltà.

Un possesso, poi, potrà considerarsi pacifico, seppur avvenuto nonostante la contraria volontà del titolare del bene: quel che rileva è, infatti, il contegno del possessore e non già la volontà contraria del proprietario.

Tale ultima circostanza, poi, affinchè possa considerarsi interruttiva della continuità del possesso, dovrà essere avvenuta secondo criteri tassativamente imposti dalla legge, tra i quali non rientrano di certo quelli considerati nel caso di specie.

La Sentenza: Cass. civ. Sez. II, Sent., 18-10-2016, n. 21015

Affidamento dei figli: la scelta di una dieta “vegana” deve essere concordata

Affidamento dei figli:

In caso di separazione, “il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.

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Affidamento dei figli

Per realizzare tale finalità, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa.
Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi spetti l‘affidamento dei figli, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori.
Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.
In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.
Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente.

“Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento.” (art 337 ter cc).

Nel nostro ordinamento, pertanto, in caso di separazione, l’affidamento condiviso dei figli deve rappresentare la regola, mentre quello esclusivo una eventualità da prendere in considerazione solamente quando il primo possa cozzare con i preminenti interessi dei figli stessi.

Affidamento condiviso non significa eguaglianza di tempo di frequentazione e di vita con i genitori: il collocamento prevalente presso la mamma o il papà è un dato di fatto che spesso contribuisce a preservare i minori dall’essere sballottati da un luogo ad un altro, perdendo i riferimenti abituali, sociali, affettivi che caratterizzano la loro vita abituale (scuola, parrocchia, amichetti, vicini, il proprio cortile, la propria cameretta etc..).

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Dieta vegana del figlio senza chiedere il consenso?

Tale forma di esercizio della responsabilità genitoriale conferisce pari dignità ai coniugi/genitori nell’assumere le scelte di vita più importanti che riguardano i figli (es salute, scuola, formazione religiosa…) . Quelle di ordinaria amministrazione rimangono conferite all’autonoma, ma auspichevolmente non contrastante, iniziativa di ciascun genitore.
Laddove dovessero emergere disaccordi in ordine alle questioni di maggior rilevanza, a ciascuno dei genitori sarà data facoltà di adire il Giudice affinchè redima i contrasti.
Ebbene, un recente provvedimento del Tribunale di Roma si è pronunciato sulla gestione delle abitudini alimentari dei figli minori.
In sostanza, la madre – contro il parere del coniuge – avrebbe imposto un regime nutrizionale vegano ai figli.
Il padre ha presentato ricorso, sul presupposto che tale contestata iniziativa avrebbe dovuta essere assunta con l’accordo di entrambi i genitori e non già a seguito di una imposizione unilaterale della madre.
Il Tribunale, dopo ampia istruttoria, anche consistente in idonea ed approfondita relazione dei servizi sociali, ha statuito che le decisioni riguardanti il regime alimentare del figlio minore rientrino a pieno titolo tra quelle di “maggior interesse” che, ai sensi dell’art. 337-ter c.c., qualora sussista, come nella fattispecie in esame, un regime di affidamento condiviso, devono essere prese di comune accordo da entrambi i genitori. Solo in caso di disaccordo, la decisione su tali questioni è rimessa al giudice.

Nel caso di specie, il Tribunale non ha ravvisato particolari ragioni che giustificassero un così rigido regime alimentare, essendo le condizioni di salute della figlia minore assolutamente normali.
Di tal che la statuizione del Giudice, in assenza di un accordo dei genitori sul punto, è stata quella di prediligere una dieta improntata alla “normalità statistica”, priva, pertanto, di particolari restrizioni.

Il provvedimento: Tribunale di Roma, 19 ottobre 2016

 

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Impugnare il testamento. Se il testatore dichiara di aver già soddisfatto in vita i diritti ereditari del figlio..

Impugnare il testamento. A chi spetta?

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Quando impugnare il testamento?

Ci sono determinate categorie di parenti, i più prossimi al defunto (cd. legittimari: coniuge e discendenti, ed in assenza di questi ultimi, gli ascendenti), che hanno diritto ad una quota minima  (cd di riserva), indefettibile, del patrimonio del de cuius, che va calcolata su quanto egli ha lasciato in morte e quanto abbia donato in vita.

Come è noto, nel nostro ordinamento non si considera legittimo l’istituto della diseredazione per alcuni soggetti.
O meglio: il testatore può lasciar fuori dalle sue ultime volontà un parente tra i più prossimi, oppure può conferirgli una minima parte delle proprie sostanze, ma verrà concessa a tale soggetto la prerogativa di impugnare il testamento, chiedendo la riduzione di quanto lasciato agli altri eredi, financo impugnare le donazioni fatte in vita dal defunto, per veder reintegrata la propria quota di spettanza.
Ovviamente tale facoltà non spetterà a chi abbia già ricevuto dal defunto – tramite donazioni – più di quanto la legge gli abbia riservato come diritto ereditario.
E’ ipotesi frequente che il testatore, nel giustificare le proprie disposizioni, menzioni le donazioni fatte in vita a taluni soggetti, giustificando così una assente o minore attribuzione testamentaria nei loro confronti.

Circostanza corretta, se veritiera.
Sul punto, una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito alcuni paletti.

  • In primis, se non vi sia prova  delle donazioni enunciate nel testamento, ben sarà consentita al soggetto leso dalle ultime volontà di agire per veder ristorati i suoi diritti ereditari.
    Il legislatore, infatti, si è preoccupato di far sì che ad ognuno del legittimari considerati venga garantita una porzione del patrimonio del defunto, anche contro la volontà di quest’ultimo e pertanto, così come non è consentito al testatore sottrarre al legittimario la quota di riserva, allo stesso modo non gli è consentito ottenere lo stesso risultato attraverso la mera enunciazione di avere già tacitato il legittimario per la quota di riserva.
  • In secondo luogo, la Suprema Corte si è soffermata su chi incomba l’onere di provare la veridicità o

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    Ci sono circostanze in cui è possibile impugnare il testamento.

    meno delle dichiarazioni effettuate dal defunto nel testamento.

  • Al riguardo – sottolineando in prima battuta che la dichiarazione del testatore di avere già soddisfatto il legittimario con donazioni costituisce dichiarazione che non può essere assimilata ad una confessione stragiudiziale, opponibile al soggetto leso,  in quanto nell’azione di riduzione il legittimario è terzo e tale dichiarazione sarebbe invece favorevole al testatore e ai suoi eredi e, invece, sfavorevole al legittimario –  una volta provato che le disposizioni testamentarie fossero lesive della legittima, è onere di chi abbia interesse a negare la violazione dei diritti del legittimario, provare l’esistenza di donazioni idonee ad escluderla.

Cass. civ. Sez. II, Sent., 15-05-2013, n. 11737

Costruzione Altana – lastrico solare: il singolo condomino non può asservirlo a proprio esclusivo uso e consumo.

Costruzione Altana – lastrico solare

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Costruzione Altana: le sentenze

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Lastrico solare…si può?

E’ una fattispecie abbastanza ricorrente: specie in Veneto e nella bella Venezia dove si usa godere il bel panorama sulla città, posizionando sulle parti più alte di edifici delle “altane“, ossia delle sorti di loggette in legno, che consentono la sosta “belvedere” ed il riparo dal sole.
Tutto lecito – salve eventuali considerazioni di carattere urbanistico in ordine alla natura di dette costruzioni – per chi dimori in un edificio esclusivamente personale; non più se ci si trovi in ambito condominiale e l’assemblea abbia già manifestato parere contrario alla posa del manufatto.
Sul punto è tornata a pronunciarsi la Corte di Cassazione con una recente pronuncia, con la quale ha sottolineato l’interpretazione del principio secondo cui è consentito al singolo condomino l’utilizzazione della cosa comune con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione, nonchè la possibilità di effettuare un uso più intenso della cosa stessa purchè siano combinati  al rispetto delle concorrenti utilizzazioni – attuali o potenziali – da parte degli altri condomini e senza che sia alterato l’equilibrio nella possibilità di accedere al godimento del bene.
Per converso deve qualificarsi come illegittima la trasformazione della terrazza ad uso esclusivo del singolo condomino, risultando così alterata la destinazione della cosa comune a detrimento della possibile sua utilizzazione da parte degli altri inquilini.
Posizionando un manufatto così ingombrante, il singolo partecipante asservirebbe a proprio utilizzo esclusivo un bene – la terrazza – che anche gli altri condomini hanno diritto di utilizzare, vuoi, ad esempio, per posizionarvi antenne, stendere i panni, effettuare riparazioni del tetto,eccetera.
Non si verterebbe, infatti, nell’ipotesi di un migliore godimento della cosa comune da parte del singolo comproprietario – fattispecie consentita dalla legge (art. 1102 cc) – bensì nell’appropriazione di una parte di un bene condominiale che verrebbe così sottratto alla disponibilità degli altri.
La sentenza : Cass. Civ. n. 23243/2016

Separazioni e divorzi a Vicenza: qualche dato

Separazioni e divorzi a Vicenza.

E’ notizia di questi giorni che i coniugi che abbiano intrapreso procedure di separazioni e divorzi a Vicenza siano stati nel 2014 un numero molto consistente rispetto ai matrimoni celebrati.

I dati indicano 148 separazioni e 133 divorzi a Vicenza, “contro” solo 302 matrimoni.Nel 2015 pare vi sia addirittura un superamento delle separazioni e divorzi a Vicenza, contro i secondi, i matrimoni.
Dal sito del Comune di Vicenza, infatti, si apprende che dall’inizio dell’anno siano stati celebrati 189 matrimoni a fronte di 191 separazioni e 176 divorzi.Separazioni e divorzi a VicenzaAl di là del lato allarmante, desta interesse verificare come stia via via prendendo piede tanto la definizione delle separazioni e divorzi a Vicenza, innanzi all’ufficiale di stato civile.
Ambito percorribile , con l’assistenza facoltativa di un avvocato, nel caso in cui non ci siano figli minori, incapaci o portatori di grave handicap  o maggiorenni economicamente non autosufficienti, (57 i divorzi e 36 le separazioni con tale sistema) quanto il procedimento di negoziazione assistita (14 separazioni e 12 divorzi a Vicenza da inizio anno).In relazione al procedimento di Negoziazione assistita per separazioni e divorzi a Vicenza, si ricorda che può essere intrapreso al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nonchè di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.
Le parti dovranno essere necessariamente assistite da un avvocato (uno per coniuge) e non sarà motivo ostativo per il procedimento – a differenza della procedura innanzi l’ufficiale di stato civile – il fatto che vi siano figli minori o non autosufficienti.In tale ultimo, caso sarà necessario che l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita venga essere trasmesso, entro il termine di dieci giorni, al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritenga che l’accordo risponda all’interesse dei figli, lo autorizza.