Skip to main content

Rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione

Rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione: cosa fare?

La casa dei genitori è la casa dei figli. Nella casa dei figli i genitori sono ospiti(Fausto Melotti, artista)

Gran verità.

Ed infatti il codice civile stabilisce che in caso di separazione il godimento della casa familiare sia attribuito tenendo conto prioritariamente dell’interesse dei figli (art. 337 sexies).

Ora, poniamo caso che il Giudice abbia già statuito a quale dei coniugi debba essere assegnata l’abitazione familiare, cosa succede se il coniuge non assegnatario rifiutasse di lasciarla?

Non è ipotesi infrequente, soprattutto quando un coniuge subisca la separazione come una scelta unilaterale del compagno, rispetto alla quale ritenga di non doversi assumere le conseguenze, specie quelle dolorose di abbandonare il tetto di una vita e, pratiche, di doversi cercare un’altra sistemazione.

Rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione: il provvedimento che assegna l’abitazione è titolo esecutivo.

Rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione
Rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione: il provvedimento di assegnazione costituisce titolo esecutivo per conseguire il rilascio

La statuizione – provvisoria o definitiva – con cui il Giudice assegna la casa familiare comporta implicitamente il precetto per il coniuge non assegnatario di doverla abbandonare, altrimenti la “separazione” si svuoterebbe di significato che è, appunto, quello di recidere l’obbligo di convivere sotto lo stesso tetto.

Il provvedimento giudiziale di assegnazione costituisce titolo esecutivo, idoneo cioè ad essere azionato, fatto valere in via esecutiva, con la forza pubblica se necessario.

Il coniuge a cui, in sede di separazione, sia stata assegnata la casa può, pertanto, rivolgersi al giudice dell’esecuzione – e non già allo stesso giudice che abbia pronunciato la separazione – dando luogo ad un procedimento del tutto analogo a quello con il quale si aziona qualsiasi altro titolo esecutivo.

Non solo.

Il rifiuto di abbandonare la casa potrebbe configurare anche un reato.

Due sono le ipotesi che potrebbero realizzarsi.

La violazione del domicilio domestico (art. 614 cp) commessa da chi “chi si trattiene” nei luoghi di privata dimora o nell’abitazione “contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo”: la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni.

In secondo luogo, la condotta esaminata – a fronte dell’assegnazione della casa familiare nel preminente interesse dei figli – potrebbe concretizzare violazione degli obblighi di natura economica, sanzionati con le medesime pene stabilite dal codice penale per la violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione (570 cp).

Riassumendo.

A fronte del rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione il coniuge assegnatario, escluso che possa farsi giustizia da se’, cambiando il lucchetto dell’abitazione o impedendo con la forza che l’altro possa entrare (si tratterebbe di rimedi che potrebbero legittimare un’azione possessoria da parte del consorte), si dovrà ricorrere ad un avvocato che notifichi copia conforme del provvedimento di assegnazione, munito di formula esecutiva, unitamente al precetto contenente l’intimazione ad abbandonare l’abitazione.

Se il coniuge non lascia la casa familiare
Rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione: può configurare molteplici reati, cui possono conseguire anche provvedimenti cautelari

Trascorso il termine assegnato per il rilascio si dovrà chiedere l’intervento dell’ufficiale giudiziario, eventualmente assistito da agenti della pubblica sicurezza, al fine di procedere allo sgombero.

In caso di urgenza o necessità potrà rivolgersi alle autorità di polizia o giudiziarie penali nell’ipotesi in cui la condotta dell’occupante senza titolo integrasse una fattispecie di reato tra quelle sopra indicate.

Qualora, inoltre, il coniuge che non intendesse lasciare la casa desse luogo a comportamenti ulteriori, di minaccia, violenza fisica,morale etc… potrebbe essere richiesto un ordine di protezione contro gli abusi familiari, con l’imposizione dell’allontanamento dalla casa familiare del coniuge che abbia tenuto la condotta pregiudizievole.

Per una consulenza in materia di rifiuto di abbandonare la casa familiare dopo la separazione da parte degli Avvocati Berto clicca qui 

 

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Quando matura il diritto a quota di Tfr in caso di divorzio?

Quando matura il diritto a quota di Tfr in caso di divorzio?

Stanno a dieta tutta la vita e appena le lasci vogliono decine di milioni per gli alimenti, diceva un noto autore televisivo per scimmiottare le problematiche patrimoniali che sorgono al termine di un matrimonio.

E’ noto a tutti che in sede divorzile debbano essere affrontate una serie di condizioni d’ambito economico, tra le quali il contributo al mantenimento dei figli, l’eventuale corresponsione di un assegno divorzile, la suddivisione dell’indennità di fine rapporto.

In relazione al TFR la Legge sul divorzio stabilisce che  “Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’art. 5, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio“.

Andando per ordine.

A chi spetta

Solo in caso di divorzio, all’ex coniuge. Pertanto non è possibile una statuizione nell’ambito di una separazione, che non comporta lo scioglimento del vincolo.

La giurisprudenza ha, tuttavia,  ritenuto che la percezione del TFR possa legittimare la revisione dell’assegno di mantenimento statuito in sede di separazione, incidendo sulla situazione economica del coniuge che lo abbia conseguito.
Non solo. L’indennità può essere riconosciuta solo al (ex) coniuge che non sia passato a nuove nozze e a cui spetti un assegno divorzile.

Occorre, in buona sostanza, che vi sia stato un provvedimento che abbia disposto la corresponsione dell’assegno, non essendo sufficiente l’esistenza delle condizioni che ne legittimino il riconoscimento in assenza di una statuizione.

Ancora, si rileva che la quota di indennità debba essere riconosciuta a chi vanti il diritto alla corresponsione periodica dell’assegno, mentre non potrà avere ulteriori pretese, anche relativamente al tfr, il coniuge che abbia accettato di conseguire l’intero assegno divorzile in un’unica soluzione.

 

Quota di tfr in caso di divorzio
Quota di TFR: 40% di quanto percepito all’esito del rapporto di lavoro, riferibile agli anni in cui il rapporto è coinciso con il matrimonio

Quanto spetta

Il 40% dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

Non viene menzionato se nel calcolo debbano essere inclusi ulteriori benefici conseguenti la fine del rapporto di lavoro, come l’indennità per mancato preavviso o quella di buona uscita per i dipendenti statali o per giusta causa. 

Un’interpretazione più elastica fa rientrare nel novero anche queste entrate, in quanto incluse nell’ampio ambito del rapporto di lavoro cui la norma si riferisce.

 

 

 

 

Quando matura il diritto a quota di Tfr in caso di divorzio 

Quando matura il diritto a quota di Tfr in caso di divorzio? occorre che il diritto all’indennità sia maturato dopo la domanda divorzio.

Vi deve essere una pronuncia di divorzio e la norma stabilisce che il diritto alla quota va riconosciuto anche se l’indennità venga a maturare dopo la sentenza.

Pacifico che la domanda possa essere presentata solo dopo che il coniuge obbligato abbia cessato il rapporto di lavoro, meno chiaro è il momento che debba essere preso a riferimento per veder maturato tale diritto.

La giurisprudenza ormai consolidata, e per ultima la recentissima ordinanza n 7239/2018, statuisce che la quota di indennità possa essere richiesta anche se il trattamento di fine rapporto sia  stato percepito prima della pronuncia di divorzio, purché dopo il deposito del ricorso introduttivo.

Secondo la Suprema Corte, infatti, “ poichè la “ratio” della norma è quella di correlare il diritto alla quota di indennità, non ancora percepita dal coniuge cui essa spetti, all’assegno divorzile, che in astratto sorge, ove spettante, contestualmente alla domanda di divorzio, ancorchè di regola venga costituito e divenga esigibile solo con il passaggio in giudicato della sentenza che lo liquidi, ne deriva che, indipendentemente dalla decorrenza dell’assegno di divorzio, ove l’indennità sia percepita dall’avente diritto dopo la domanda di divorzio, al definitivo riconoscimento giudiziario della concreta spettanza dell’assegno è riconnessa l’attribuzione del diritto alla quota di T.F.R“.

E se il diritto al TFR sia stato maturato prima della domanda di divorzio?

Nulla sarà dovuto all’ex coniuge, dovendosi individuare “nella data di cessazione del rapporto di lavoro… quella nella quale è sorto il diritto” e dovendosi negare quando sia “stato proposto il ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio in un arco cronologico successivo alla maturazione del diritto al TRF” in capo all’altro consorte.

 

Per una consulenza in materia di assegno divorzile e tfr da parte degli avvocati Berto, clicca qui

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Il marito frequenta siti di incontri? addebito della separazione

Se il marito frequenta siti di incontri è configurabile la violazione dell’obbligo di fedeltà.

Fedeli sono coloro cui manca l’occasione di non esserlo.” (M. Morandotto).

La Cassazione aggiunge: anche cercare di non essere fedele può costituire infedeltà.

Tra gli obblighi che il nostro codice civile fa sorgere con il matrimonio in capo ai coniugi v’è quello di fedeltà (art. 143 cc.)

La violazione di tale precetto potrebbe comportare la pronuncia di addebito della separazione.

Lasciamo stare che, da alcune parti, vi sia la richiesta di eliminare tale obbligo tra quelli che nascono con il matrimonio

Concentriamoci sui fatti

Cosa è la fedeltà in ambito coniugale?

Ci ho messo un po’ a capire che è più importante che una donna sia felice che fedele. Perchè una donna felice non tradisce. (F. Volo)

Dedizione fisica e spirituale, recita alcuno.

Impegno reciproco di devozione, precisa un altro.

Ed ancora lealtà, non tradire la fiducia del coniuge.

Per la giurisprudenza il concetto è abbastanza elastico.

Un dato certo è che non si riduce al semplice astenersi da rapporti sessuali con altri.

Animo et corpore, per dirla in latino.

E’ imposto un ampio obbligo di dedizione fisica e spirituale tra i coniugi, la cui declinazione, ovviamente, può variare col mutare dei tempi.

Siamo nell’era tecnologica e oramai su internet si fa tutto: si compra, si legge, si comunica, si conosce.

Brulicano siti sempre più numerosi e disomogenei volti a favorire incontri tra persone allo scopo di favorire conoscenze, incontri, passioni.

L’occasione fa l’uomo ladro.

Il quesito odierno è questo: se un coniuge fosse scoperto a frequentare siti di incontri sarebbe configurabile una condotta contraria all’obbligo di fedeltà?

Secondo una recentissima pronuncia della Cassazione la risposta è affermativa.

marito frequenta siti di incontri
Il marito frequenta siti di incontri: violazione dell’obbligo di fedeltà

Nel caso di specie i coniugi nel procedimento di separazione giudiziale erano a chiedere, reciprocamente, la pronuncia di addebito.

Il marito si doleva che la moglie avesse abbandonato il tetto coniugale senza giusta causa.
La moglie che il marito frequentasse siti volti a favorire la “ricerca di compagnie femminili”.

In primo grado e secondo grado di giudizio era stata pronunciata la “colpa” del marito.

La decisione è stata confermata dalla Suprema Corte.

 Ricercare  “relazioni extraconiugali tramite internet è circostanza oggettivamente idonea a compromettere la fiducia tra coniugi e a provocare l’insorgere della crisi matrimoniale all’origine della separazione“.

marito frequenta siti di incontri
Fedeltà non è solo astenersi da rapporti sessuali con terzi ma avere un comportamento leale col coniuge

In sostanza, come ogni pronuncia di addebito bisogna verificare se la condotta che abbia violato gli obblighi matrimoniali sia stata il motivo determinante dell’arenarsi del rapporto coniugale.

Ove si consolidi nel solco di una crisi in atto andrà valutata con minor rigore (ne avevamo parlato a questo link).

In ogni caso, si è ritenuto che la navigazione in cerca di compagnia costituisca, potenzialmente, un comportamento idoneo a ledere la fiducia tra i coniugi e, pertanto, capace di far naufragare il rapporto.

 L’ordinanza della Corte di Cassazione: n. 9384/2018.

Per una consulenza in materia di addebito della separazione da parte degli avvocati Berto, clicca qui.

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Vendita beni fondo patrimoniale

Vendita beni fondo patrimoniale

L’istituto del fondo patrimoniale ha l’obiettivo di segregare una quota parte di beni, mobili o immobili, di uno o di entrambi i coniugi per far fronte alle necessità della famiglia.

Ad sustinenda onera matrimonii, dicevano i romani.

Una volta costituito, la proprietà dei beni del fondo appartiene ad entrambi i coniugi, salvo che sia stato diversamente pattuito nell’atto costitutivo, che può essere stipulato per atto pubblico (Notaio) anche durante il matrimonio (art. 167 cc).

vincolo vendita beni fondo patrimoniale
vendita beni fondo patrimoniale: l’impiego dei beni che costituiscono il fondo è vincolato alle necessità della famiglia

La  rendita (i frutti) che si conseguirà dai beni facenti parte del fondo ( i frutti) sarà destinata esclusivamente per i bisogni della famiglia.

Quali sono i bisogni della famiglia?

La giurisprudenza ha elaborato nel tempo un concetto via via più esteso.
Le necessità non sono solo quelle “primarie” per la vita dei componenti (mangiare, vestire ed un tetto dove dormire), ma tutte quelle che corredano il tenore di vita prescelto, che varia a seconda del nucleo familiare interessato e dovrà essere oggetto di attenta valutazione del giudice.
Il fondo patrimoniale può essere costituito da parte di un terzo, estraneo al nucleo familiare, ovviamente col benestare – accettazione – dei coniugi che lo compongono.
In questo caso, è escluso che il terzo costituente possa imporre per quali necessità familiari debbano essere impiegati i beni segregati: l’intento è naturalmente quello di garantire la massima autonomia e dignità per i coniugi nell’indirizzo della famiglia.

Vendita beni fondo patrimoniale.

Premesso che il fondo patrimoniale cessa con lo scioglimento del matrimonio – divorzio, ma dura comunque fino alla maggiore età dell’ultimo figlio, va precisato che i beni che ne fanno parte non possono essere venduti o ipotecati o vincolati senza il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minorenni, con l’autorizzazione del giudice (che dovrà appurare la necessità o utilità evidente dell’operazione): art. 169 cc.

Un bene del fondo patrimoniale potrà essere venduto con il consenso di entrambi i coniugi, salvo diversa indicazione contenuta nell’atto costitutivo

L’atto costitutivo, tuttavia, potrà derogare a tale previsione generale, consentendo al singolo coniuge, verosimilmente quello che abbia corrisposto i beni che costituiscono il fondo, di effettuare atti di straordinaria amministrazione senza l’adesione dell’altro consorte.
La giurisprudenza ha specificato che – in questo caso – non sarà nemmeno necessaria l’autorizzazione del tribunale nell’ipotesi in cui vi siano figli minorenni, proprio perchè sarà l’atto costitutivo, a monte, a consentire tale operazione.

Per una consulenza in materia di vendita beni fondo patrimoniale, clicca qui.

Se un genitore si disinteressa del figlio può essere condannato al risarcimento del danno

Se un genitore si disinteressa del figlio

Può costituire un illecito endofamiliare che  comporta il risarcimento del danno il comportamento del genitore che si disinteressa del figlio.

“Non è difficile diventare padre. Essere un padre: questo è difficile.” (W. Busch)
 
Se generalmente la nascita di un figlio è un evento lieto e desiderato per i genitori, capita, talvolta, che sia frutto di un attimo di passione o di un evanescente impeto momentaneo, poi dissolto.
In ogni caso, il figlio che venuto al mondo acquista diritti al momento della nascita (art. 1 cc: capacità giuridica) e, segnatamente, quello di essere mantenuto, istruito, educato dai genitori. Da entrambi i genitori. (art 147 cc).
 
Non sono notizie, purtroppo, isolate quelle che riguardano padri – o più raramente madri – che si disinteressino totalmente dei figli, che li considerino semplici “eventi biologici”, negando loro l’affetto genitoriale.
genitore-si-disinteressa-del-figlio
Genitore che si disinteressa del figlio: può essere richiesto il risarcimento del danno

Genitore che si disinteressa del figlio: per la giurisprudenza è un illecito risarcibile

Si sta consolidando in giurisprudenza l’orientamento volto a riconoscere a queste condotte gli estremi di un illecito, un illecito endofamiliare, concretato nella violazione degli obblighi dei genitori nei confronti dei figli e forieri di giustificare il risarcimento del danno.
 
genitore si disinteressa del figlio
Se il genitore si disinteressa del figlio viola gli obblighi relativi al rapporto di filiazione stabiliti dall’art. 147 cc e costituzionalmente tutelati

Se il genitore si disinteressa del figlio determina “la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione, che trovano negli articoli 2 e 30 della Costituzione … un elevato grado di tutela, sicchè tale condotta è suscettibile di integrare gli estremi dell’illecito civile e legittima l’esercizio, a sensi dell’art. 2059 cc, di un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti” (Cass. Civ. 3079/2015)

 
Non si dimentichi, infatti, il grave stato di sofferenza che può comportare la deprivazione della figura parentale, materna o paterna, consistente “nelle ripercussioni sociali e personali derivanti dalla consapevolezza di non essere mai stato desiderato come figlio e di essere, anzi, rifiutato” (Così Tribunale di Cagliari 25 gennaio 2017)
 

Per una consulenza in materia di risarcimento danni da illecito endofamiliare, clicca qui.

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Rimborso spese ristrutturazione casa familiare: una sentenza isolata o un cambio di orientamento?

Rimborso spese ristrutturazione casa familiare: una recente Sentenza della Corte di Cassazione scompiglia il precedente consolidato orientamento.

Solidarietà coniugale.

L’art. 143 cc impone che entrambi i coniugi siano tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo , a contribuire ai bisogni della famiglia.

Si è nella stessa barca, ognuno ci metta il suo.

Conseguenze?

Per quanto concerne eventuali spese sostenute da un coniuge per la sistemazione, ristrutturazione, miglioramento della casa familiare, appartenente in esclusiva proprietà all’altro coniuge, la giurisprudenza più che consolidata stabiliva la non rimborsabilità degli importi versati quando “le opere realizzate risultino finalizzate a rendere l’abitazione più confacente ai bisogni della famiglia e, quindi, l’esborso si riveli sostenuto in adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art. 143 c.c.” (ex multis, Cass. Civ. 10942/2015).

Rimborso spese ristrutturazione casa familiare
Rimborso spese ristrutturazione casa familiare. Entrambi i coniugi sono tenuti a concorrere ai bisogni della famiglia. Gli importi versati non dovranno essere restituiti.

La Cassazione spariglia le carte

Una recente Sentenza della Cassazione – n. 20207/2017 – scombussola tale prospettazione, ponendo rilievo ad altri aspetti che, tuttavia, portano a risultati sideralmente differenti.

L’accento, infatti, è stato posto su un altro articolo del codice civile, attinente i diritti che spettano al possessore di un bene ( di proprietà altrui ) per le migliorie apportatevi (art. 1150 cc.).

Tale disciplina riconosce il diritto al rimborso per le spese fatte per le riparazioni straordinarie e ad una indennità per i miglioramenti recati alla cosa, purchè sussistano ai tempi della restituzione.

Sulla scorta di tale disposizione, la Corte è giunta a riconoscere al coniuge non proprietario, nella sua veste di possessore della casa coniugale, il diritto al rimborso delle spese sostenute per migliorarla.

Due particolarità di non poco conto.

  • Il riconoscimento della qualifica di possessore” del coniuge che non sia titolare del diritto di proprietà dell’immobile.
    La giurisprudenza aveva sempre rinvenuto in tale fattispecie un ambito di semplice detenzione (seppur “qualificata”) del bene, in quanto tale non rientrante nella disciplina del possesso, specie con riferimento all’ipotesi di cui al menzionato art. 1150 cc (vedasi, ad esempio,Cass. civ. Sez. II, 28/11/2017, n. 28379).
Rimborso spese ristrutturazione casa familiare
Rimborso spese ristrutturazione casa familiare Il possessore ha diritto al rimborso delle spese sostenute per le migliorie del bene. Ma il coniuge non proprietario è possessore della casa familiare?
  • In secondo luogo, è stata riconosciuta la natura di credito di valore del rimborso dovuto al coniuge che abbia contribuito ai miglioramenti dell’immobile appartenente all’altro consorte, in quanto tale da rivalutarsi secondo gli indici ISTAT e da considerarsi produttivo di interessi al tasso legale sulle somme via via rivalutate.

Per verità si era assistito in precedenza ad alcuni arresti della giurisprudenza di merito volti a percorrere il medesimo filone argomentativo seguito oggi dalla Cassazione, ma il diritto al rimborso alle spese sostenute per le migliorie era stato riconosciuto per ipotesi nelle quali l’impiego di somme era avvenuto per investimenti esclusi dall’ambito solidaristico delineato dall’art. 143 cc.

Staremo a vedere se si tratterà di una pronuncia isolata o di un nuovo solco destinato ad aprire scenari diversi rispetto a quelli precedentemente consolidati.

La sentenza: Cass. Civ. 20207/2017 

Per una consulenza in materia di rimborso spese ristrutturazione casa familiare da parte degli avvocati Berto, clicca qui .

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Assegnazione della casa familiare: l’acquisita indipendenza economica dei figli giustifica la revoca.

Può essere revocata l’assegnazione della casa familiare una volta che i figli siano divenuti autosufficienti.

Poniamo il caso: abitazione familiare, di proprietà esclusiva di un coniuge.

In assenza di figli, in linea di massima, non sarà data al giudice la possibilità di assegnare la casa al coniuge non proprietario in caso di separazione.

Se vi siano figli, il discorso cambia.

L’art.  337-sexies c.c. stabilisce che “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli“.

La tutela muove dal riconoscimento dell’esigenza di preservare la prole dalle conseguenze negative della separazione dei genitori, cercando di conservare l’habitat, le abitudini di vita, il consorzio sociale nel quale i figli sono inseriti e che lo sradicamento comprometterebbe.

Fino a quando opera tale tutela per l’assagnazione della casa familiare?E’ possibile sostenere che l’assegnazione della casa familiare segua le sorti dell’obbligo al mantenimento dei figli da parte dei genitori: dovuto fino al raggiungimento dell’indipendenza economica dei discendenti.Lo ha – indirettamente – ribadito una recente ordinanza della corte di Cassazione, che ha respinto l’impugnazione avverso un provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa familiare, originariamente attribuita ad una madre convivente con la figlia, non economicamente autosufficiente.

 

assegnazione della casa familiare
L’acquisita indipendenza economica dei figli giustifica il provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa familiare
A seguito del reperimento di occupazione da parte della ragazza – evidentemente connotata da stabilità ed adeguata redditività  –  il padre chiedeva la modifica delle condizioni di divorzio e, appunto, di rientrare in possesso dell’abitazione di sua proprietà esclusiva.Domanda accolta, in virtù del fatto che era venuto meno l’originario presupposto di tutela del principale interesse della prole con il conseguimento dell’indipendenza economica.Principio fatto proprio dalla Suprema Corte: con l’autosufficienza verrà meno tanto l’obbligo di mantenimento, quanto l‘assegnazione della casa familiare.Il provvedimento: Cassazione civile, ordinanza 22 gennaio 2018, n. 1546

 

Per una consulenza in materia di “assegnazione della casa familiare” da parte degli avvocati Berto, clicca qui.

 

 
Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Assegno di mantenimento: la nascita di un nuovo figlio può legittimarne la riduzione

La nascita di un nuovo figlio è un evento sopravvenuto che può legittimare la riduzione dell’assegno di mantenimento.

Torniamo su un argomento di concreto interesse.

Ce ne eravamo già occupati in altro post, allorquando si evidenziava che per chiedere la revisione delle condizioni di separazione o di divorzio, anche per quanto riguarda la contribuzione al mantenimento dei figli, fosse necessario allegare giustificati e sopravvenuti motivi, tali da comportare una significativa mutazione del quadro complessivo delle circostanze tenute in considerazione al momento della pronuncia.

assegno di mantenimento nascita di un nuovo figlio
La nascita di un nuovo figlio, dopo la separazione o il divorzio, è evento nuovo che potrebbe legittimare la revisione dell’assegno di mantenimento.

Assegno di mantenimento e nascita di un nuovo figlio

La Suprema Corte già aveva avuto modo di rinvenire nella nascita di un nuovo figlio, per il coniuge tenuto alla corresponsione dell’assegno di mantenimento, un evento peggiorativo delle condizioni economiche tale da legittimare la revisione di tale obbligo.

La conferma dell’orientamento avviene con una recentissima pronuncia, con la quale gli ermellini hanno statuito su un caso riguardante il ricorso promosso da un padre (ex coniuge) volto ad ottenere la riduzione della contribuzione da corrispondere all’ex moglie per il mantenimento dei figli, sul presupposto della nascita di un nuovo figlio.

In prima battuta l’istanza era stata rigettata, giacchè era emerso che il ricorrente all’epoca dell’emissione della sentenza di divorzio, avesse già avuto altri due figli dalla donna con la quale aveva intrecciato una nuova relazione e che aveva di seguito sposato e, pertanto, la circostanza della sopravvenuta nascita di prole non fosse sopravvenuta, ma già eccepibile e proponibile al momento della pronuncia che statuiva le condizioni divorzili.

Il giudice di prime cure aveva appurato, altresì, che le condizioni economiche del richiedente la revisione non fossero peggiorate, ma, anzi, implementate di qualche centinaio di euro, tenuto conto, altresì, del reddito percepito dalla nuova moglie, a titolo di pensione di invalidità.

La corte ha cassato tale pronuncia, rilevando come fosse errato arrestarsi alla considerazione che “il fatto preesistente (la nascita delle due figlie) precludesse l’esame del fatto sopravvenuto la cui ricorrenza avrebbe dovuto accertare (il mutamento in peius della complessiva condizione economica dell’obbligato rispetto alla data del divorzio, che non gli consentiva più di far fronte agli obblighi assunti verso E.), erroneamente considerando il primo nella sua sola dimensione statica, anzichè in quella dinamica, che gli imponeva di tener conto delle accresciute esigenze materiali delle altre figlie del ricorrente, indubitabilmente connesse alla loro crescita“.

Non solo.

La Cassazione ha sottolineato come fosse stata operata “una non consentita parcellizzazione del reddito”  del ricorrente  (il cui modesto aumento era stato ritenuto idoneo a “neutralizzare” i costi del mantenimento dell’ultimogenito)” e si fosse “sostanzialmente omesso di effettuare l’indagine dovuta, che consisteva nel verificare globalmente se, ed in che misura, le circostanze sopravvenute avessero alterato l’equilibrio economico raggiunto fra le parti alla data di emissione della sentenza di divorzio, e nell’adeguare eventualmente l’importo alla nuova situazione patrimoniale riscontrata“.

 

Il provvedimento: Cassazione civile, ordinanza 2 febbraio 2018, n. 2620

Per una consulenza in materia di assegno di mantenimento, clicca qui

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto

Matrimoni, separazioni e divorzi a Vicenza: i dati del 2017

Alcuni dati statistici pubblicati sul sito del Comune indicano il trend di matrimoni, separazioni e divorzi a Vicenza.

Stabile, tendente al ribasso.

La potremmo definire così la situazione  nell’anno appena terminato, se fosse possibile compendiare con terminologia “meteo” il “tempo” delle famiglie nel nostro comune di Vicenza.

Matrimoni, separazioni e divorzi a Vicenza: al volgere del 2016 avevamo segnalato un minimo incremento dei matrimoni celebrati rispetto all’anno precedente, (ecco il post ).

Ora assistiamo a un leggero decremento: 270 matrimoni celebrati nel 2017 rispetto ai 290 contratti nel 2016.

dati matrimoni separazioni e divorzi a Vicenza
Matrimoni, separazioni e divorzi a Vicenza. Consultabili sul sito del Comune di Vicenza i dati delle famiglie 2017

Costante è invece la differenza significativa relativa al rito prescelto: i matrimoni civili più che doppiano quelli religiosi (185 a 85). Così era stato anche nel 2016, con risultati di poco differenti (193 a 97). Nel 2015, invece, il divario era stato più contenuto, (197 a 125). Bisogna risalire al 2007 per appurare il periodo in cui è avvenuta l’inversione di tendenza, prima ad appannaggio del matrimonio religioso.

Età matrimoni separazioni e divorzi VicenzaMatrimoni, separazioni e divorzi a Vicenza: Circa l’età media degli sposi, si apprende un aumento rispetto all’anno precedente: i neo mariti 40,2 anni (nel 2016 l’età era di 38,6) mentre le spose 37 anni (35,1 l’anno prima).

I dati sono significativamente differenti a seconda che il rito sia stato civile (m 42,5 f 39,4) o religioso (m 35,1 e f 31,9). E’ logico dedurre che la maggiore età riportata nei coniugi celebrati civilmente sia dovuta anche, e soprattutto, alle seconde nozze, inglobate nei primi. Sostanzialmente stabile il rapporto tra matrimoni di cittadini italiani (185 nel 2017 contro i 188 del 2016), di stranieri (56 nel 2017, 71 nel 2016), e misti (rispettivamente 56 e 71).

Unioni civili a Vicenza: Le unioni civili nel 2017 sono state 30: 27 tra maschi e 7 tra femmine.

Non si hanno ancora i dati ufficiali circa il trend di separazioni e divorzi a Vicenza. Gli unici conteggi a disposizione riguardano il numero totale di divorziati, che nel 2017 è aumentato di circa 250 unità rispetto all’anno precedente (4.447 a 4.223, confermando una tendenza sempre in crescita.

Per una consulenza in materia di matrimonio, separazione o divorzio  da parte degli avvocati Berto clicca qui.

Mancato versamento assegno di mantenimento: quando è reato

Mancato versamento assegno di mantenimento e violazione degli obblighi di assistenza familiare.

 

Ai figli non far mancare il pane: questo motto, di uso popolare, si traduce in una precisa disposizione del codice penale, che viene a sanzionare la violazione degli obblighi di assistenza familiare.

Di cosa si tratta?

Entrambi i genitori sono tenuti a contribuire a mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli.

Analogo obbligo i coniugi si assumono contraendo il matrimonio, allorquando si impegnano reciprocamente all’assistenza materiale.

Mancato versamento assegno di mantenimento
Mancato versamento assegno di mantenimento. E’ reato fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro

Ebbene, l’art. 570 cp viene a sanzionare la condotta di “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale  o alla qualità di coniuge“.

La pena comminata è la reclusione fino ad un anno o la multa  da 103 fino a 1032 euro. Tuttavia, dette pene si applicheranno congiuntamente a chi, tra l’altro, faccia ”  , agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa“.

 

Il precetto è chiaro, la sanzione è severa e resa ancora più disincentivante la condotta del mancato versamento assegno di mantenimento, punita tramite la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena, all’esito del procedimento penale, alla corresponsione di un importo da versare a titolo provvisionale.

Ciò nonostante, le aule dei Tribunali sempre più frequentemente si trovano ad occuparsi di casi relativi a questa fattispecie, resa ulteriormente ricorrente dall’acuirsi della crisi che ha colpito l’economia ed il mercato del lavoro negli ultimi anni.

Una recente Sentenza della Corte di Cassazione è tornata, però, a ribadire, una considerazione già più volte fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità, ossia che per andare assolto dall’incriminazione in oggetto il genitore (o coniuge) inadempiente rispetto all’obbligo di assistenza materiale non sarà sufficiente che dimostri il proprio stato di perdurante disoccupazione e quindi la propria assenza di reddito.

assegno mantenimento vicenza
Se lo stato di disoccupazione non sia dovuto ad impossibilità assoluta ed incolpevole a trovare lavoro, il mancato versamento assegno di mantenimento potrebbe costituire reato

E’ necessario, semmai, dar prova dell’assoluta impossibilità di far fronte alle obbligazioni attraverso la dimostrazione di una fruttuosa attivazione in tal senso.

Si noti, l’impossibilità deve essere assoluta ed incolpevole.

Da ultimo, sarà irrilevante allegare che il figlio minore non versi in condizioni di indigenza, perchè lo stato di bisogno è insito proprio in tale situazione.

La sentenza: Cassazione Penale n. 39411/2017   

Per una consulenza in materia di mancato versamento assegno di mantenimento, clicca qui.

 

Avvocato separazione Vicenza

Scarica gratuitamente la guida degli avvocati Berto